Venezia 2017, L’incanto di Charlotte Rampling e l’orrore del femminicidio
Charlotte Rampling e Hannah
Nel film di Andrea Pallaoro, italiano trapiantato da qualche anno a Los Angeles, compare un incanto assoluto: l’attrice Charlotte Rampling, protagonista del film che s’intitola “Hannah”. Ho qualcosa di personale, molto personale, verso Charlotte e verso questo lavoro, severo, onesto, forse meritevole di un premio (all’attrice).
Liquido subito l’aspetto personale. Ho conosciuto la Rampling, giovanissima, 1973, quando venne a Roma da Parigi per interpretare “Portiere di notte” di Liiana Cavani, di cui sono il co-sceneggiatore. Un incanto di giovinezza, una grande capacità di fare bene, con intuito e passione studiata totale, la ragazza chiusa in un campo di concentramento, bersaglio e poi amore di un ufficiale nazista impersonato dal grande Dirk Bogarde. Lei, un giocattolo prezioso nell’orrore della prigionia. Una stupenda, ispirata Charlotte. Non si può non ricordare la scena in cui balla con un cappello militare, solo le giarrettiere sul busto, i pantalonacci di una divisa in una macabra, struggente danza.
Tanti anni dopo, ecco Charlotte al centro della storia raccontata da Pallaoro. Non è più giovane, è una anziana signora col marito malato, guai nei rapporti con i figlio che la respinge, solitudine che invano cerca di colmare facendo la donna di servizio e l’allieva in un gruppo di teatro-terapia. Una storia triste, è bene dirlo.
Film girato con rigore, che non cerca complicità, racconta con un filo di pudore e commozione un dramma destinato a finire nel breve tempo. Ma è la dignità, la sensibilità, la forza di Charlotte-Hannah a fare uscire il bel racconto offerto al giudizio e al premio della giuria di Venezia. Coppa Volpi come migliore interprete? o riconoscimento al giovane regista? Lo sapremo presto. E spero, speriamo che l’incanto di Charlotte venga segnalato come merita. Molti anni dopo “Portiere di notte” che, rivisto anche oggi, rende al massimi il fascino della pellicola e dei suoi prestigiosi attori.
In un’altra proposta degli sgoccioli della Mostra va registrata invece la mediocrità. Si tratta di un film francese su un tentativo di femminicidio “Jusqu’a la garde” di Xavier Lagrand, prodotto di ordinaria confezione cinetelevisiva. Trama diretta: un uomo vuol vendicarsi della moglie che lo ha lasciato… Finale prevedibile. E’ tutto.
E’ la dimosttraziopne di come il cinema venga ormai contrassegnato da cose prevalentemente televisive, senza capacità di attrazione. Ma i temi sono spesso ricatti anticipati per giurie fragili che si lasciano attrarre proprio da questi ricatti tematici ed emotivi: e il cinema, bisogna dirlo, è un’altra cosa…ne soffre.
I verdetti ci stimoleranno, la giuria si è ritirata per esprimerli. Buon lavoro.