Venezia 2017, Il Contagio: Recensione in Anteprima
La suburriana ‘Roma di Mezzo’ indiscussa protagonista de Il Contagio, nuovo film di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.
7 anni dopo Et in terra pax, nel 2010 presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Matteo Botrugno e Daniele Coluccini sono tornati al Lido con Il Contagio, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Walter Siti in concorso nella sezione Giornate degli Autori.
Un’opera centrata su quella Roma di borgata negli ultimi anni più volte vista in sala. La ‘Terra di mezzo’ di Suburra, la disperata periferia criminale di Claudio Caligari, in questo caso contenuta in una palazzina, in un universo suburbano in cui si incontrano/scontrano personaggi al limite, abbattuti dalla crisi che taglia le gambe, segnati dall’infinito tunnel delle droghe e portati a fondo dalla malavita. Corpi ormai privi di speranza che vivono alla giornata, in una Roma che della Grande Bellezza sorrentiniana non ha più nulla, se non la magnetica alba.
Botrugno e Coluccini, che seminano complicati piani-sequenza a conferma delle loro indiscutibili qualità registiche, provano a pennellare un brutale affresco della Capitale di oggi, senza però sfuggire all’indisponente retorica, all’enfatico e al pretenzioso. Il Contagio prende forma in due atti, mal bilanciati e collegati tra loro.
In una palazzina del Quarticciolo si fanno spazio le vite di Marcello e di sua moglie Chiara, di Simona e dell’ambizioso spacciatore Mauro, del boss di quartiere Carmine e del professore Walter (un Vincenzo Salemme fuori ruolo), scrittore che da tempo porta avanti una relazione con Marcello (alchimia inesistente, tra i due), ex culturista di fatto da lui mantenuto (storia colpevolmente lasciata ai margini, quella LGBT, anche se centrale nel romanzo di Siti). Un micromondo di umanità al limite, in bilico tra il tragico e il comico, sempre forzatamente sopra le righe e a lungo andare immancabilmente indisponente.
Pellicola che prende tutt’altra strada una volta scavallata l’ora, abbandonando la colorita e rumorosa coralità precedente per soffermarsi quasi unicamente sulla quotidianità al limite di Mauro, riuscito a far ‘carriera’ e a trasferirsi nella ricca Roma Nord, zona Prati, grazie a quelle galline dalle uova d’oro chiamate ‘migranti’. Un escalation emotiva e delinquenziale che Botrugno e Coluccini faticano a gestire, facendo precipitare la pellicola verso l’esagerazione.
Nei toni, nei contenuti, nella messa in scena (rallenty), nei dialoghi, nella marcata recitazione dei suoi attori (Maurizio Tesei vira verso il ridicolo), nel biblico finale con tanto di lapidazione (in CG!) e nel rapporto diretto con gli scritti di Walter Siti (le cui parole vengono magniloquentemente lette dalla voce narrante di Salemme). Un progetto squilibrato, in conclusione, con chiari problemi di adattamento e una seconda parte che grida vendetta.
[rating title=”Voto di Federico” value=”4.5″ layout=”left”]
Il Contagio (Italia, dramma, 2017) di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini; con Vinicio Marchioni, Maurizio Tesei, Anna Foglietta, Vincenzo Salemme – Giornate degli Autori