Perfetti Sconosciuti: Recensione in Anteprima
Cosa succederebbe se tutti noi leggessimo sms e mail contenute nello smartphone del nostro amore?
Sceneggiato a 10 mani, con Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini e Rolando Ravello al fianco del regista romano, Perfetti sconosciuti ha preso forma partendo da una frase di Gabriel Garcia Marquez, che testualmente recita: ‘ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta‘.
Un imput che Genovese ha racchiuso all’interno di quella che lui stesso definisce la ‘scatola nera’ della nostra vita. Ovvero lo smartphone, oggetto a cui nessuno può ormai rinunciare e che tutti, o quasi, nascondiamo con ‘gelosia’ da occhi indiscreti. D’altronde chi potrebbe giurare di non avere messaggi, foto o mail compromettenti al suo interno? Ed è da qui che Perfetti Sconosciuti parte. Da una cena tra amici, da tre coppie e da un Battiston solo soletto causa compagna malata che si ritrovano attorno ad una tavola, seminata di telefonini. Perché la padrona di casa Eva ha avuto una pericolosa idea per un gioco: perché non rendere pubbliche telefonate e sms, almeno per una sera? Quello che inizialmente appare come un innocente passatempo, neanche a dirlo, si tramuterà in un massacro in cui nulla è come sembra e in cui tutti hanno scheletri nell’armadio, da portare obbligatoriamente alla luce del sole. Segreti ormai svelati, sgretolando quelle sicurezze che tutti credevano granitiche nei confronti di amici, amiche, mogli e mariti. Perché il più pulito c’ha la rogna.
Giocando con la tutt’altro che velata metafora dell’eclissi lunare, Genovese ha illuminato quel ‘Dark Side of the Moon‘ che chiunque di noi, nel suo privato, protegge con inevitabile attenzione. Cinico e malinconico al punto giusto, ma anche dannatamente divertente, Perfetti Sconosciuti è un film di scrittura, tutto concentrato sui dialoghi, sui rapporti tra i suoi protagonisti e sui colpi di scena che ‘trillo’ dopo ‘trillo’ andranno a smontar loro ogni tipo di certezza. Pezzo dopo pezzo. Attorno a quella tavola rotonda, a lungo andare anche esageratamente ‘apparecchiata’, Genovese e i suoi 4 sceneggiatori hanno provato a far accomodare quelle famiglie ‘apparentemente tradizionali’ proprio in questi giorni tanto sbandierate, con tutte le contraddizioni e ipocrisie del caso. Perché mille miglia lontane dall’inarrivabile’perfezione, che non si sa come ‘altri tipi di unione’ rischierebbero di intaccare. Quattro gli amici di lunga data, Battiston, Mastandrea, Giallini e Leo, tutti bravissimi e accompagnati dalle rispettive mogli, Giuseppe escluso. Amici convinti di conoscersi perfettamente, per poi rendersi conto, al termine di una serata sconvolgente, di esser quasi sconosciuti. L’uno con l’altro.
Senza voler anticipare spoiler di qualsiasi tipo, Genovese ha il merito di aver creato un’alchimia strabordante tra i suoi attori, personaggi maschili in testa, con due maestosi Giallini e Mastandrea su tutti. Tra corna e maternità segrete, tradimenti tra amici e verità mai svelate, coming out a lungo evitati e omofobia interiorizzata, l’apparentemente semplice e serena cena tra amici non farà altro che trasformarsi in un campo di battaglia, in cui scaricare per la prima volta bugie e insicurezze. Tutto, come detto, grazie a quell’oggetto a cui nessuno di noi potrebbe rinunciare. Lo smartphone, visto come specchio di quell’anima venuta a galla dopo anni passati in apnea.
Se con il passare dei minuti la situazione si fa onestamente ‘esagerata’, soprattutto in relazione ai non-detti della Smutniak che a pochi metri dal traguardo sbandano pericolosamente, i 5 sceneggiatori sono comunque riusciti ad incastrare le varie dinamiche che faranno evolvere la serata (e il rapporto Kasia/Giallini è centrale), per poi concluderla con un finale alla ‘slinding-doors’ aspro ma necessario, nello scoperchiare la doppiezza di (quasi) tutti i suoi protagonisti. Notevole tra le protagoniste la prova d’attrice della brava e spesso sottovalutata Anna Foglietta, con il dimagrito Battison chiamato ad indossare la maschera di quella parte d’Italia ancora oggi vista di sbieco, tra perbenismo, chiusura mentale e ignoranza.
Un’opera corale e ritmata, priva di pause e facilmente ‘esportabile’ (per una volta), con tanto di colonna sonora d’autore. Perché dopo Alex Britti (Immaturi), Daniele Silvestri (Tutta colpa di Freud) e Francesco De Gregori (Sei mai stata sulla Luna?), a cantare la canzone portante di Perfetti Sconosciuti è stata Fiorella Mannoia, autrice del brano insieme a Bungaro e Cesare Chiodo. Quando si dice una ciliegina in cima ad una saporita e appagante torta.
[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]
Perfetti Sconosciuti (Ita, commedia, 2016) di Paolo Genovese; con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea – uscita giovedì 11 febbraio 2016.