Cell: recensione in anteprima del film tratto dal romanzo Stephen King
L’aspra critica di Stephen King alla smartphone generation passa da un horror giusto in premessa, ben più modesto nell’esecuzione
Aeroporto di Boston. Il fumettista Clay Riddell (John Cusack) è appena atterrato, attorno a lui una folla di gente intenta ai propri affari. Di lì a poco si scopre che Clay è separato dalla moglie, che insieme al figlio Johnny abita nel New Hampshire. Cell resta praticamente sospeso tra la telefonata del padre e la risposta del figlio: Clay dice di voler tornare a casa, senonché la linea cade e strane cose cominciano ad accadere. Tutti coloro che stanno parlando al cellulare, o che indossano degli innocui auricolari, improvvisamente schiumano bava dalla bocca; peggio, nel giro di pochi minuti diventano estremamente violenti.
Stephen King e John Cusack tornano insieme dopo 1408, con un progetto il cui incipit, come avrete notato, è alquanto particolare. King nel 2006 prese atto della diffusione di cellulari, smartphone e affini, cogliendone il potenziale per un romanzo. L’intuizione di fondo è: quale miglior canale, per un’epidemia globale di massa, di quella trasmessa mediante la rete dei telefoni portatili? E data la diffusione, uno scenario di questo tipo non può per forza di cose che essere apocalittico.
Eppure Cell sin dall’inizio, quando si capisce di che tratta, genera delle strane sensazioni. L’aria da b-movie non sembra del tutto integrata ad una trama che al tempo stesso non si capisce come la si potrebbe affrontare diversamente, un’impressione che accompagna sino alla fine. Anche perché in realtà la vicenda non verte sul perché di questa “epidemia” che rende le persone violente a contatto con un telefono, né tantomeno ci lascia col punto di domanda sulle modalità attraverso cui si consuma tale processo. No, Cell ruota attorno alla ricerca del figlio da parte di un padre. Di mezzo ci sono una serie di trovate che, potenzialmente interessanti o meno, vengono proposte con discreta approssimazione.
Clay conosce subito Tom (Samuel L. Jackson) ed insieme intraprendono questo viaggio verso un luogo sicuro, ammesso che ve ne sia uno, che è poi il versante in cui il film funziona meglio. Incontrano altri superstiti lungo il loro cammino, oltre che scontrarsi con orde di questi indemoniati della rete, cercando sempre di tenersi alla larga da tutto ciò che squilla. Col passare dei minuti si avverte l’innegabile forza di una premessa del genere, che nemmeno troppo velatamente vuole essere una critica sociale al fenomeno degli smartphone ma soprattutto del loro utilizzo; su questo fronte però, se guardando al romanzo si può a ragion veduta parlare di scritto profetico, visto che al tempo della pubblicazione del romanzo le attività disponibili su questi dispositivi erano di gran lunga più limitate, oltre che confinate ad un gruppo di utenti alquanto ristretto, oggi un discorso del genere presta il fianco ad una certa retorica, purtroppo anche rischiosamente ingombrante.
Nella misura in cui Cell gioca col mistero prima ancora che con l’horror poi, il discorso si fa persino meno incoraggiante. Parecchio è lasciato in questo fumoso alone d’incertezza sul perché ma anche sul cosa, una finta ambiguità che non porta da nessun parte, se non permettere agli sceneggiatori di non curarsi di certi passaggi, restando vaghi. La parte conclusiva non si spiega in altro modo, se non appunto come chiusa di un discorso a cui mancano evidentemente delle parti. Un finale di per sé non malvagio, ma al quale si perviene senza una preparazione che lo sorregga come si deve.
Insomma, in una scala in cui La zona morta, Shining e Carrie rappresentano l’apice, mentre scegliete voi quale tra le svariate serie televisive che stanno in basso, Cell si situa a metà strada. A margine, è opportuno oltre che interessante notare come, dei tre film sopracitati, di nessuno King ha curato la sceneggiatura; mentre Cell è co-sceneggiato dal celeberrimo scrittore. Una traccia, questa, che aprirebbe un discorso ben più ampio, se si pensa inoltre che le tre opere sopracitate sono dirette da registi/autori notevoli. Stephen King rappresenta insomma uno degli esempi massimi per studiare le differenze tra chi scrive per la carta e chi per lo schermo, agevolando la comprensione di entrambi i processi. Tema che per l’appunto esula dalle intenzioni di questo scritto purtroppo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”4.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Carla” value=”4″ layout=”left”]
Cell (USA, 2016) di Tod Williams. Con John Cusack, Samuel L. Jackson, Isabelle Fuhrman, Stacy Keach, Griffin Freeman, E. Roger Mitchell, Alex ter Avest, Catherine Dyer, Rey Hernández, Joshua Mikel, Wilbur Fitzgerald, Clark Sarullo, Anthony Reynolds, Ethan Andrew Casto, Owen Teague e Brian Boland. Nelle nostre sale da giovedì 14 luglio.