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Cannes 2016, Mal de pierres: recensione del film di Nicole Garcia in Concorso

Festival di Cannes 2016: non basta una generosa Marion Cotillard a risollevare le sorti di Mal de pierres, vittima del suo stesso meccanismo e di un discorso abbastanza trito e ritrito

pubblicato 18 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:14

Gabrielle (Marion Cotillard) è innamorata del suo professore. All’inizio si tratta per lo più di un sentimento platonico, fatto di consigli di lettura, libri prestati, sguardi dolci e tutto il resto. Finché Gabrielle non comincia ad avvertire i primi pruriti ed allora la sua diventa ossessione, desiderio che può essere appagato in un modo ed uno soltanto.

Sorprendentemente generosa la Cotillard, che per Nicole Garcia si spoglia, si tocca e si fa toccare, assecondando di buon grado un discorso stantio. Siamo infatti nella Francia dell’immediato dopoguerra, all’interno di una società in cui, malgrado tutto, resiste ancora un certo cattolicesimo, per quanto formale. La regista ci suggerisce, nemmeno troppo velatamente, che se Gabrielle ha le voglie, così intense e soverchianti, è per via di questa sua famiglia benestante ed ancorata alle tradizioni. Tradizioni che, manco a dirlo, vengono mantenute per facciata.

Non a caso la madre, resasi conto dell’instabilità di Gabrielle, le trova subito marito, José (Alex Brendemühl). Ma la figlia non vuole saperne e le nozze, che comunque arrivano, non fanno che acuire lo squilibrio della ragazza, che non vuole essere toccata, costringendo il marito a ripiegare sulle prostitute. Finché la situazione non si complica a tal punto che si decide di far trascorrere a Gabrielle in una rinomata struttura in Svizzera, dove incontra André (Louis Garrel), un reduce della guerra in Indocina, invaghendosene.

La storia di Mal de pierres è tutt’altro che articolata, eppure non si capisce come, soprattutto nella parte centrale riesca a trascinarsi così tanto, senza nulla aggiungere a quanto va raccontando, se non qualche scena di sesso con una Cotillard, come già detto, insolitamente generosa. Non si capisce davvero dove intenda a dare a parare la Garcia, il quale, a qualunque livello, arriva fuori tempo massimo. Quali possano essere gli effetti di un eccesso di controllo da parte della religione l’hanno già descritto in troppi, molto meglio; si vuole alludere ad un amore tormentato? Anche qui, troppo povero il discorso.

Affossato ulteriormente da dei dialoghi ingenuotti, ma soprattutto da un epilogo in cui, anziché cercare di risollevare uno sviluppo asettico, infierisce quasi con violenza sulla già inutilmente intricata vicenda. Non ci si mette molto a capire che al fondo ci sia poco o nulla; qualora se ne avessero dubbi, però, bastano quelle ultime sequenze finali, quando la Garcia lascia intendere che tutto quel che è stato potrebbe essere accaduto o forse no. Sta di fatto che noi, da spettatori, ce lo siamo dovuti sorbire, e l’infelice twist finale non fa che confermare l’inconsistenza del tutto.

Non ci sono molte scuse a cui appellarsi. Il cast è notevole, la confezione impeccabile; è tutto il resto a remare contro. Nullo si avverte del passare del tempo, dunque dell’aggravarsi delle condizioni, con conseguente ricadute sulle dinamiche, che sembrano svolgersi in un arco di tempo considerevolmente più ristretto, esito innegabilmente negativo per un film che è strutturato per enfatizzare la componente cronologica, seguendo il classico schema del racconto che comincia in un punto, s’interrompe per descrivere l’antefatto e poi riprende da dove aveva lasciato in prossimità della fine. Misura purtroppo fine a sé stessa.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Mal de pierres (Francia, 2016) di Nicole Garcia. Con Marion Cotillard, Louis Garrel, Alex Brendemühl, Brigitte Rouan, Gwendoline Fiquet, Victoire Du Bois, Aloïse Sauvage, Inès Grunenwald, Victor Quilichini e Caroline Megglé.

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