Moffie: nuovo trailer del dramma militare LGBTQ
L’acclamato regista sudafricano Oliver Hermanus porta sul grande schermo “Moffie”, il romanzo di André Carl van der Merwe.
Disponibile via IFC Films un nuovo trailer ufficiale di Moffie, un dramma indipendente di produzione sudafricana. La storia segue un giovane di nome Nicholas che nel 1981 in Sudafrica deve completare i suoi due anni di servizio militare obbligatorio pur mantenendo disperatamente il segreto della sua omosessualità poiché per gli standard del padre brutale e della cultura maschilista degli afrikaner, i “moffie” come lui non meritano altro che disprezzo.
La trama ufficiale:
Essere un moffie significa essere debole, effemminato, illecito. Nel 1981 il governo della minoranza bianca del Sudafrica si trova a fare i conti con la guerra al confine con l’Angola. Come ogni ragazzo sopra i sedici anni di età, Nicholas Van der Swart è obbligato a svolgere due anni di servizio militare per difendere l’Apartheid, in un periodo in cui la minaccia del comunismo e il “die swart gevaar” (il cosiddetto pericolo nero) sono ai massimi della storia. Per Nicholas, tuttavia, questi non sono gli unici problemi, e sopravvivere alla brutalità della vita nell’esercito diventa un compito sempre più arduo quando fra lui e un’altra recluta nasce una relazione.
Il cast composto da studenti di scuole superiori e da attori professionisti e non, la maggior parte del tutto sconosciuti prima di recitare in questo film, include Kai Luke Brümmer nei panni di Nicolas affiancato da Barbara-Marié Immelman, Michael Kirch, Remano De Beer, Emil van Niekerk, Connor Dowds, Wynand Ferreira, Rikus Terblanche, Matthew Vey, Israel Ngqawuza, Jacques Theron, Ludwig Baxter, Dale Lourens, Brendan Christopher e Jan Combrink.
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“Moffie” è diretto dall’acclamato regista sudafricano Oliver Hermanus al suoi quarto lungometraggio dopo Shirley Adams, Beauty e The Endless River. Hermanus dirige da una sua sceneggiatura scritta con Jack Sidey e basata sull’omonimo romanzo d’esordio di André Carl van der Merwe, un romanzo autobiografico di persecuzione e speranza descritto come “un resoconto atteso da tempo sulla criminalizzazione dell’omosessualità da parte del Sudafrica dell’Apartheid”.
NOTE DI REGIA
La mia conoscenza riguardo la guerra di confine tra Africa del Sud-Ovest (oggi Namibia) e Angola era molto scarsa e sapevo molto poco della generazione di Sudafricani bianchi che sono stati costretti a combatterla. Francamente non mi ero mai dato pensiero delle possibili difficoltà patite dai Sudafricani bianchi e anzi, conoscendo i soprusi subiti dalla gente di colore, tra cui i miei genitori e i miei nonni prima di loro, nella mia testa c’era l’idea che se sei bianco in Sudafrica hai vita facile. In gran parte questo era vero, da sempre il sistema li favoriva in modo del tutto ingiusto e imperdonabile ed è per questo che non ho mai preso in considerazione la possibilità che giovani bianchi omosessuali potessero venire considerati, negli anni 80, nemici dello Stato. È di questo che parla il mio film, racconta di ragazzi bianchi, appena diciottenni, che devono fare i conti con il loro essere illegali. In questi vent’anni sono state raccontate molte storie sull’Apartheid, sulle vite distrutte, sugli eroi che ha generato e sul segno indelebile che ha lasciato nella gente del Sudafrica. Questo film invece utilizza un punto di vista apparentemente più complesso, raccontando la storia poco conosciuta di quella intera generazione di bianchi che hanno dovuto subire, loro malgrado, la propaganda dell’Apartheid. In molti sono stati rovinati dalla leva militare che ha inoculato, in quasi un milione di ragazzi, l’ideologia tossica del suprematismo bianco, dell’intolleranza razziale e del desiderio di epurare la società Sudafricana dall’omosessualità e dal comunismo. Sebbene membro della razza dominante, la vita del protagonista del film, Nicholas, è a rischio. Egli è proprietà dello stato, costretto a difendere l’indifendibile senza potersi ribellare e a sottostare alla causa del governo con la concreta possibilità di morire. Si ritrova a combattere una guerra senza senso in cui si muore invano e dove il terrore inflitto agli innocenti è motivato dall’appartenenza razziale, una guerra in cui nessuno può veramente dichiararsi vincitore. La storia è il percorso seguito da Nicholas nel tentativo di fare fronte a tutto questo, un percorso non privo di lutti e di sofferenza, ma tuttavia un percorso che va verso l’accettazione della propria identità e del proprio posto in “quel” Sudafrica. Merita una menzione il fatto che gli ultimi membri di quella generazione sono ancora in vita, uomini formati come soldati in difesa dei confini e delle strade del Sudafrica, padri, fratelli, figli e zii. In pochi parlano dei tempi passati nell’esercito, quasi che la militarizzazione di quei ragazzi negli ultimi tempi dell’Apartheid non fosse mai esistita. Ma il ricordo è ancora forte e anche per coloro che non erano gay, né politicamente contrari al Sistema, il danno è stato enorme ed è sempre presente. Questo è un film su come, per quasi un secolo, siano stati plasmati i bianchi in Sudafrica. In lingua Afrikaans moffie è un termine fortemente dispregiativo che significa “gay”, un vero e proprio strumento di oppressione usato in Sudafrica contro gli omosessuali o gli effemminati. Dopo che vieni chiamato così per la prima volta cominci a nasconderti, modifichi la tua personalità e per la prima volta fai finta di essere un’altra persona. La vergogna è istantanea e istantanea è la consapevolezza che sei improvvisamente diventato visibile, che la gente ti può riconoscere. Il significato di quella parola, per quello che ne sai, è che sei sbagliato, da respingere, ripugnante e inaccettabile, e durante l’Apartheid sei un crimine, esattamente come lo sono un uomo o una donna di colore. E allora devi nasconderlo e sotterrarlo, devi uccidere il moffie che vive dentro di te.
“Moffie” presentato in anteprima al Festival del cinema di Venezia 2019 debutterà negli Stati Uniti in sale selezionate e in VOD a partire dal 9 aprile.