The Visit: recensione in anteprima del film di M. Night Shyamalan
Il regista de Il sesto senso torna con un budget sensibilmente ridotto manifestando segnali positivi. Il suo The Visit rappresenta un’interessante variazione al genere nel genere che è il found-footage, capace sia d’intrattenere che di proporre un discorso un po’ più articolato su fiaba e dintorni
Che M. Night Shyamalan stia ancora “scontando”, per così dire, il fragoroso successo ottenuto con Il sesto senso ci pare sotto gli occhi di tutti. E dire che fino a The Village i suoi sono stati tutti dei successi commerciali, sebbene non sempre la critica si sia trovata d’accordo, tranne quando, per l’appunto, le è toccato stroncare The Village. Fino a Lady in the Water, a parere di chi scrive, ingiustamente maltrattato (a quel modo più che altro); comunque fu un flop.
Facciamo un salto di sette anni per arrivare ad After Earth, questo sì indifendibile, e che con ogni probabilità, più di ogni altro, ha messo una definitiva zappa sui piedi al regista di origini indiane. Almeno per quanto concerne progetti ad alto budget. Da qui The Visit: cinque milioni da spendere per un found-footage sfornato in cooperativa con chi di certe produzioni ci ha fatto un mestiere, ossia la Blumhouse Productions di Jason Blum. «Un altro ancora?!», verrebbe da esclamare. Resistete però, dato che l’ultimo film di Shyamalan è qualcosa di un pelo più elaborato.
Becca e Tyler, sorella e fratello, vengono spediti presso i nonni per una settimana; la madre, Paula, ha in programma una crociera col nuovo compagno. Lei, quindicenne, è un aspirante filmmaker che sta girando un documentario sulla sua famiglia; lui, di anni tredici, è invece uno spigliato rapper con la zeppola. The Visit adotta lo stile del found-footage senza però restarne troppo imbrigliato, perché in realtà il testo e sottotesto risultano più corposi di un format oramai per lo più svolto a mo’ di compitino. Non proprio in questo caso.Il film comincia con un intervista di Becca alla madre, alla quale la giovane chiede cosa avvenne quando scappò di casa. Restia a parlarne, Paula invita la figlia a rivolgere semmai ai nonni la stessa domanda, i quali saranno liberi di rispondere o meno. Giunti in loco, i due fratelli notano però immediatamente lo strano atteggiamento dei due anziani parenti, sebbene appaiano meno colpiti di quanto non si tenda ad esserlo noi stessi in quanto spettatori. Ci si mette poco, la notte stessa, a capire che i due sono alquanto bizzarri; qui, per esempio, si manifesta il primo cliché, ossia la raccomandazione di non andare in cantina per via della troppa muffa. Una delle in fin dei conti poche ma sostanziali concessioni al genere che Shyamalan permette, alla quale è inevitabilmente legato anche lo sviluppo successivo della vicenda.
Ma bisogna andare un po’ più a fondo e leggere tra le righe dell’ordinario soggiorno di questi due ragazzini che per la prima volta fanno visita ai nonni. Shyamalan si mostra capace nel fomentare quella suspense che monta giorno dopo giorno, e ci riesce attraverso misure semplici, come le scritte in sovrimpressione che segnalano il passare dei giorni, o stralci di quotidianità in cui i due padroni di casa fanno cose singolari sebbene non particolarmente significative. Si ha davvero l’impressione di un lavoro volto a fare una cernita dei momenti più utili e interessanti al fine di portare avanti la storia di questo filmino di famiglia.
Ma poi c’è lo strato aggiunto, quello che, come accennato poco sopra, va colto tra le righe. Forse non abbastanza immediato, stipato in questo scenario così “naturalistico”, fittiziamente spontaneo, proprio da documentario. Alludiamo al rimando alla fiaba. Perché The Visit è anzitutto questo, una fiaba. Declinata al genere horror, con particolare riferimento al format del found-footage, certo. Ma non ci pare che qualcuno finora abbia tentato qualcosa di simile, né tantomeno sia andato così vicino al riuscire nel compito. Perché sì, questo Shyamalan non farà tutto giusto, ma in poche cose sbaglia.
Libero dalle morse di budget stratosferici, può industriarsi a lavorare sui personaggi ma soprattutto su una storia che non è così agevole classificare. Va bene, le premesse sono quelle che sappiamo, né in The Visit si cerca di prendere le distanze da esse. Ma l’horror c’è nella misura in cui si punta, per dirne una, al classico salto sulla sedia per via di persone che entrano all’improvviso nell’inquadratura accompagnati dall’ancora più classico effetto sonoro. L’atmosfera pure, certo, riporta a quei contesti lì; ma chi ha detto che le fiabe non siano racconti d’orrore ante litteram?
Integrando questa traccia, che a nostro dire è predominante, Shyamalan aggiunge un ingrediente fondamentale, che fa la differenza: senza avremmo l’ennesimo, insipido found-footage che non spaventa né va da alcuna parte. Quando Becca parla di elisir, già lì ci viene offerto un rilevante appiglio in tal senso, per non parlare delle tare con cui i due giovani protagonisti partono: lei incapace di guardarsi allo specchio, lui con la fobia dei germi. Sono sfide, paure, angosce, ma soprattutto limiti che i due devono superare e, oltrepassandoli, acquisire quello step successivo che serve loro per crescere, dunque andare avanti.
Ed è molto bravo qui il regista. Laddove su altri fronti potrebbe anche prestare fianco a critiche più o meno legittime, sulla scelta degli attori Shyamalan c’azzecca su tutte le ruote. Notevoli Deanna Dunagan, Olivia DeJonge e l’ancora più piccolo Ed Oxenbould. Si deve soprattutto a quest’ultimo se le virate al comico di The Visit non si risolvono in un pessimo pasticcio. Anche su questo fronte va riconosciuto qualcosa a Shyamalan, i cui cambi di registro, per quanto a tratti surreali, risultano funzionali al processo che porta avanti nel corso del film.
Bisogna essere equilibrati. È davvero troppo presto per parlare addirittura di un ritorno, tuttavia quello di Shyamalan è per intanto un segnale positivo. Il suo The Visit non è opera inattaccabile (quale lo è?), però denota una certa abilità nel costruire una storia, senza peraltro rinunciare a certi aspetti del proprio modo di fare cinema, leggasi il twist con cui stravolge le cose ad un passo dall’epilogo. Un altro passo in questa direzione ed allora sì, magari sarà il caso di cominciare a discutere su come un regista dato per spacciato possa risollevarsi.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
The Visit (USA, 2015) di M. Night Shyamalan. Con Olivia DeJonge, Ed Oxenbould, Deanna Dunagan, Peter McRobbie, Kathryn Hahn, Celia Keenan-Bolger, Samuel Stricklen, Patch Darragh, Jorge Cordova, Benjamin Kanes, Ocean James e Seamus Moroney. Nelle nostre sale da giovedì 26 novembre.