Frammenti dal passato – Reminiscence, recensione del film di Lisa Joy
Ambizioso ma claudicante debutto dietro la macchina da presa per Lisa Joy, una storia verosimile ambientata in un futuro non lontano
Nella Miami di Frammenti dal passato – Reminiscence (da qui in avanti solo Reminiscence) è tutto capovolto: si vive di notte e si dorme di giorno, ma soprattutto, non si riesce più a immaginare un futuro. Il livello del mare si è infatti alzato, con l’acqua che si è praticamente mangiato la città. Si vive in zone di contenimento, dighe qua e là che consentono di camminare in quei pochi tratti di strada non ancora sommersi, mentre per il resto si sfruttano i grattacieli.
In un contesto del genere, Nick Bannister (Hugh Jackman), un ex-militare che ha combattuto in guerra, ha dovuto reinventarsi: la sua specializzazione è quella di fungere da accompagnatore nei ricordi di coloro che si rivolgono a lui e a Watts (Thandie Newton) per tornare indietro nel tempo. Ciascuno ha le sue ragioni, quasi sempre, è vero, dettate da un desiderio, forse un’esigenza, che è quella di evadere, di rivivere un dato momento a cui si è particolarmente legati.
Una delle cose migliori di questo esordio di Lisa Joy è infatti la logline, frase che troviamo anche nel film, ossia «niente crea dipendenza quanto il passato». C’è un bagliore in merito alla portata di tale concetto, che il film tuttavia esplora poco e per lo più in maniera maldestra. L’idea è quella di metter su un mistery coi toni del thriller fantascientifico, ossia un prodotto di sicuro richiamo, che ha mercato insomma, sebbene far funzionare un dispositivo del genere è tutt’un’altra cosa.
Nelle prime battute ci viene per lo più illustrato non tanto il funzionamento del macchinario di cui si serve Bannister (in pratica una piattaforma circolare con innumerevoli fili sottili che riproducono i ricordi della persona, quest’ultima immersa in una vasca riempita a metà, con una sorta di casco a elettrodi), quanto il processo, in cosa consiste esattamente il lavoro del nostro, come lo conduce e che tipo di persone bazzicano il suo studio.
Tutto cambia quando arriva Mae (Rebecca Ferguson), misteriosa ed avvenente donna che colpisce subito Bannister. È il preludio ad una romantica storia d’amore, che di lì a breve s’interseca con una serie di eventi che coinvolgono il tycoon della nuova Miami. In parallelo, Reminiscence segue questo doppio binario, dato che, da un certo punto in avanti, quando Mae scompare inspiegabilmente, le due linee convergono, e per scoprire cosa ci sia dietro questa scomparsa tocca andare a fondo pure dell’altra traccia.
Il film resta schiacciato dal peso della propria ambizione, che gioca su diversi piani temporali non nella misura in cui accade con Christopher Nolan, certo, ma poiché di fatto l’unico modo per venire a capo del problema si quello di spulciare letteralmente nel passato, l’alternanza si rivela parte integrante della struttura. Una struttura che fatica perciò a reggere le varie vocazioni di Reminiscence, tarato più sull’emotività rispetto all’intenzione di colpire per i vari incastri della vicenda. A tal punto la Joy scommette sull’aspetto sentimentale di questa storia, che alla fine cede del tutto sia per via di alcune linee di dialogo a effetto, sia per come costruisce il suo finale, insincero in quanto palesemente forzato.
Sarà poi da imputare senz’altro alla natura del progetto, ma non gioca certo a favore il non voler lasciare alcuna zona grigia, dovendo a tutti i costi chiarire la qualunque, tanto che pure quei piccoli passaggi, questi sì analoghi a quanto avviene nei film di Nolan, in cui vengono messi in rilievo alcuni frammenti/oggetti che in un determinato momento giocheranno un ruolo determinante rispetto allo sviluppo della narrazione, appaiono telefonati; allorquando assolvono alla loro funzione, non a caso, si resta delusi.
Tuttavia non credo francamente che stia nel racconto l’unico limite di questo particolare esordio. Là fuori c’è infatti un mondo che di primo acchito c’impressiona, affascinandoci, specie perché non poi così lontano da quanto possiamo immaginare come verosimile. Paradossalmente l’aver immaginato il contesto di questa Miami in continuità con l’epoca in cui viviamo richiede uno sforzo persino maggiore rispetto ad uno scenario totalmente inventato; erroneamente si suppone infatti che laddove è la fantasia a prendere il sopravvento viga l’arbirtrio, ma non è così. Senonché, dare vita ad un mondo che ricorda nemmeno troppo da lontano la nostra quotidianità, reimmaginata a fronte di uno o più eventi catastrofici, ecco, una scelta del genere implica qualcosa di più della pura invenzione, ossia ciò che viene un attimo prima, ossia una profonda capacità d’analisi.
Certo, per dirla in parole povere, se la Miami di Reminiscence ci sembra più un palcoscenico su cui si svolge l’azione invece di un ambiente in cui gli eventi sono immersi, alla fine della fiera il problema sta proprio nel racconto. Ma è un raccontare diverso, quello che passa non semplicemente dall’avvicendarsi di location come sempre a certi livelli visivamente convincenti, ben illuminate e tutto il resto; di fatto però la forza di tutto ciò resta in premessa, con un vigore per lo più contenuto, che si (s)perde man mano che ci si avvicina alla conclusione dell’indagine condotta da Bannister, resa meno avvincente proprio dalla mancata amalgama di più elementi, molti dei quali, presi a sé stante, parecchio promettenti.
Anche in capo a fronti un po’ più specialistici, se vogliamo, sorgono criticità, come le dinamiche relative all’esplorazione di questi ricordi, a conti fatti una sorta di realtà virtuale che presuppone un punto di vista oggettivo e non soggettivo, concetto che viene liquidato con due battute precise, che hanno a che vedere col fatto che solo ciò di cui si è fatto esperienza, che insomma, in qualche modo, è entrato nella sfera dell’inconscio, può eventualmente essere recuperato. Un’impalcatura la cui scarsa consistenza ricorda, sebbene per ragioni diverse, quanto accaduto con un altro blasonato debutto, quello di Wally Pfister con il suo Transcendence. Ottimi spunti, meraviglioso incipit; tutto si sgonfia per non volersi (o potersi) concedere il tempo di sviluppare in maniera più convincente certi aspetti pregnanti. Al che certi temi, per molti versi urgenti, restano solo un appiglio.
Frammenti dal passato – Reminiscence (Reminiscence, USA, 2021) di Lisa Joy. Con Hugh Jackman, Rebecca Ferguson, Thandie Newton, Daniel Wu, Angela Sarafyan, Marina de Tavira, Cliff Curtis, Natalie Martinez, Brett Cullen, Teri Wyble, Thomas Francis Murphy, Sam Medina, Mojean Aria, Rey Hernández, Sue-Lynn Ansari e Jessica Medina. Nelle nostre sale da giovedì 26 agosto 2021.