Bella e perduta: recensione in anteprima
Fiaba e attualità si mescolano in questo racconto immaginifico di Pietro Marcello. Bella e perduta si appropria di canoni fiabeschi per raccontarci però non semplicemente l’Italia d’oggi ma quella che è a prescindere dalle epoche
Pulcinella (celebre maschera partenopea) ed il bufalino Sarchiapone vagano per la Terra dei Fuochi, tra le province di Napoli e Caserta, in cerca di qualcosa. O per meglio dire, “qualcuno”. Quel “qualcuno” essendo Tommaso Cestrone, un allevatore del luogo che sua sponte ha deciso di occuparsi della Reggia di Carditello, maestosa villa risalente al periodo dei Borboni. Bella e perduta ci parla di un sogno, che forse si chiama Italia, o che semplicemente è quell’aspirazione inarrivabile che si coltiva vita natural durante senza mai venirne davvero a capo.
Sono toni maldestramente “alti”, è vero, ma non ce ne vergogniamo mica. Non v’è dubbio infatti che Pietro Marcello puntasse anche a questo con l’andamento poetico che a conti fatti caratterizza Bella e perduta dall’inizio alla fine. Le doglie del parto di un uomo che, chiamato a venire al mondo, chiede una cosa sola: il dono della parola, per poter raccontare la propria storia. Il registro del film è sfuggente, non prestandosi a letture univoche e, men che meno, immediate. Se è vero, come è vero, che le implicazioni critiche ci sono, queste vengono mascherate (anche letteralmente) e sublimate attraverso un racconto immaginifico di pura finzione.
Anche libero, se vogliamo, poiché vengono qui mescolate leggende e miti popolari con l’attualità più realista che ci sia. La prospettiva è quella di Sarchiapone, l’unico che non parla in quanto bestia ma che eppure ci guida con la sua voce fuori campo. Come recepire perciò questa mancata immediatezza? Beh, essendo voluta e pressoché difesa per tutto il film, diremmo che in Bella e perduta, come avviene con le fiabe, capire molto e subito non è poi così possibile, né tantomeno consigliabile. Perciò, per quanto il desiderio d’interpretare attiri, trattasi di una tentazione alla quale non si fatica a resistere dopo una sola visione.
Ci pare però trattarsi di un progetto ambizioso il giusto, consapevole e nient’affatto punitivo a dispetto del suo calarci entro una dimensione onirica e pregna di ambiguità. Non è peraltro un caso se, malgrado un certo livello di impermeabilità, Bella e perduta riesca a muovere pure in foro interno. Non semplicemente in relazione a quei passaggi tendenzialmente “chiari”, come la storia di Tommaso che, senza che nessuno gli dica nulla né lo aiuti o lo ringrazi, riesce a trasmettere la frustrazione verso un contesto che tratta una gloria locale di antica memoria (la Reggia di Carditello) come fosse un vecchio paio di calzini bucati. Qui la critica è addirittura denuncia quasi, e basta guardare tutti quei volti compiaciuti mentre sventolano tricolori allorquando la Reggia “prende nuovamente vita”.
Non manca infatti una lieve nota sarcastica, che non scopre del tutto il pensiero dell’autore, il quale, pur girando un’opera che si occupa anche di politica, non tradisce le sue posizioni. Ciò è possibile anche in virtù di quell’alone di grottesco che si lega alla vicenda: già la sola idea di un servo che parla coi defunti, il quale s’accompagna ad un bufalino, è abbastanza per farci sorridere. Sì, ma senza rinunciare alla riflessione, che chi vuole può anche trovare stimolante nella misura in cui, agli sbuffi di noia, preferisca essere preso per mano.
Dato che Bella e perduta non è di quei film inutilmente colti, goffamente simbolici, sebbene di entrambe le fattispecie ritroviamo qualcosa al suo interno. E quando le lacrime rigano gli zigomi di un incolpevole bufalo, sballottato da un punto ad un altro senza che sappia nemmeno il perché, non ci si sente toccati per le lacrime in sé della povera bestia, ma per ciò a cui rimandano. Quella ragione per cui serve un film intero a spiegarla e che se non è del tutto chiara pazienza. Prima o poi lo sarà; almeno in questo c’è speranza.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
Bella e perduta (Italia, 2015) di Pietro Marcello. Con Sergio Vitolo, Gesuino Pittalis, Tommaso Cestrone ed Elio Germano. Nelle nostre sale da giovedì 19 novembre.