Matrix Resurrections, recensione: un sequel quasi fuori tempo massimo che funziona a metà
Leggi la recensione di Matrix Resurrections, il sequel al cinema che vede il ritorno Neo e Trinity a quasi vent’anni dalla trilogia originale.
Dopo l’annuncio a sorpresa di un Matrix 4 da parte di Warner Bros. che avrebbe visto il ritorno di Keanu Reeves nei panni di Neo e Carrie-Anne Moss in quelli di Trinity, l’hype per questo regalo di Natale è stato un crescendo, almeno fino all’uscita statunitense che ha visto la critica spaccata e gli incassi nazionali decretare un sonoro flop, confermato dagli incassi internazionali che hanno superato di poco i 100 milioni con un budget stimato che pare abbia sfiorato i 200 milioni di dollari. Matrix Resurrections ha polarizzato la critica d’oltreoceano con sonore stroncature che hanno fatto il paio con promozioni a pieni voti, il che non ha aiutato certo il film creando confusione sulla reale qualità di un sequel che ha rischiato di arrivare fuori tempo massimo e che ha sofferto di una sceneggiatura confusionaria almeno per quello che riguarda la prima parte.
Attraverso lo specchio e quel che Neo vi trovò
La prima parte di “Matrix Resurrections” ci fa scoprire come l’eletto Neo, in realtà un’anomalia del sistema creata da Matrix per compensarne un’altra, dopo il suo viaggio nella Tana del Bianconiglio e il brutto risveglio in un cupo futuro post-apocalittico governato dalle macchine, ora è stato reinserito in Matrix come il game designer Thomas Anderson, creatore di Matrix, un videogioco di enorme successo che ha spopolato creando una schiera di fan che ora vogliono un seguito della storia. Nel frattempo, forse per un eccesso di stress o un effetto collaterale del successo Anderson ha avuto una crisi psicotica che lo ha spinto quasi al suicidio, almeno è quello che gli racconta il suo “terapista” interpretato da Neil Patrick Harris. Quello di Harris è uno dei nuovi personaggi introdotti in questo quarto film insieme a nuove e più giovani versioni di Morpheus, un Yahya Abdul-Mateen II un po’ troppo “piacione” e un Agente Smith reinterpretato Jonathan Groff che definire “ordinario” è un eufemismo; due nuove versioni che peccano palesemente di carisma e che fanno rimpiangere a più riprese gli originali di Laurence Fishburne e Hugo Weaving, attori che avremmo preferito ritrovare in qualcosa di più che qualche immagine di archivio. Tra le new entry del cast si fa notare Jessica Henwick della serie tv Iron Fist nei panni di “Bugs”, capitano della Mnemosyne nata dopo la Guerra con le macchine, sarà lei che aiuterà Neo a recuperare consapevolezza e poteri e a ritrovare e liberare l’amata Trinity, che nel frattempo non è morta, ma ora si chiama Tiffany ed è una madre e moglie che per diletto costruisce moto. Stendiamo invece un velo pietoso sul ritorno del Merovingio di Lambert Wilson, uno dei momenti e delle interpretazioni più imbarazzanti di sempre e sulla fascinosa Niobe di Jada Pinkett Smith letteralmente deturpata da un pesante make-up e confinata in un debolissimo ruolo di supporto.
Tra realtà percepita, metacinema e ambizioni perdute
“Matrix Resurrections” punta tutta la prima parte sulle connessioni con la trilogia originale, un reiterare di immagini di archivio che finiscono per indebolire la capacità del sequel di camminare con le proprie gambe, mettendo in evidenza i punti deboli di una sceneggiatura che non solo poggia troppo sui precedenti capitoli, ma quando non lo fa punta tutto su effetti speciali di alto profilo, anche se continuare a guardare Neo che blocca a fatica centinaia di proiettili alla fine diventa una sorta di déjà vu (non ci riferiamo al gatto dell’Analista), per non parlare di quando si prova a giocare mestamente e senza ironia con l’elemento metacinematografico, vedi la scena in cui il socio di Neo interpretato da Groff parla della Warner Bros. e di un nuovo Matrix che lo studio farebbe a prescindere dalla sua partecipazione, un momento buttato lì che non funziona e che diventa quasi surreale e fuori contesto nel senso più negativo possibile. “Matrix Resurrections” nel suo complesso appare come uno modesto spin-off ambientato in una realtà alternativa in cui tutte le ambizioni e quello che ha reso l’originale “Matrix” un film di culto vengono abbandonate, per realizzare un ibrido che potrebbe forse servire meglio come concept di una potenziale serie tv, poiché su schermo latitano pesantemente l’epica e l’estetica che hanno reso la trilogia delle sorelle Wachowski qualcosa di unico e a questo punto evidentemente irripetibile, anche in quelle parti che all’epoca sembravano meno incisive e più criticabili.
Un sequel troppo concentrato sul passato per costruire un futuro
La trilogia originale aveva dalla sua parte un primo capitolo strepitoso e innovativo che giocava con la percezione della realtà e due successivi capitoli godibili dal punto di vista dell’intrattenimento, mostruosi dal punto di vista estetico ma più deboli rispetto all’ambizione del primo film, il cui tema su una realtà percepita e una potenzialmente alternativa ha creato una interessante disquisizione tra scienziati e filosofi; una cosa simile accadde all’epoca in cui furono pubblicate le due più note opere di Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, opere che vengono apertamente citate e ad un certo punto fisicamente mostrate nel film. “Matrix Resurrections” lascia quindi l’amaro in bocca, come il fatto che al film abbia partecipato solo Lana Wachowski, quindi metà del duo che ha creato il “Matrix” originale, come si percepisce forte il tentativo di rilanciare in qualche modo il franchise utilizzando il formato sequel come un reboot “soft”, vedi il The Suicide Squad di James Gunn. Purtroppo nessuno dei nuovi personaggi sembra avere un minimo sindacale di appeal per proseguire il percorso in solitaria, lo stesso dubbio che ci è venuto con i film di Creed e la loro capacità di funzionare senza il Rocky di Stallone, se in quel caso la risposta l’avremo presto con un terzo film in arrivo. che a quanto pare non includerà Rocky Balboa, c’è davvero qualcuno che pensa che tolti Neo e Trinity dall’equazione il franchise di Matrix potrebbe in qualche modo ripartire con il materiale a disposizione?