E’ andato tutto bene: trailer italiano e tutte le anticipazioni sul film con Sophie Marceau
Tutto quello che c’è da sapere su “E’ andato tutto bene”, il nuovo film di François Ozon con Sophie Marceau al cinema dal 13 gennaio 2022.
Dopo la tappa in concorso al Festival di Cannes il 13 gennaio arriva nei cinema italiani, con Academy Two, E’ andato tutto bene il nuovo film di François Ozon con Sophie Marceau, Charlotte Rampling e Hanna Schygulla.
Trama e cast
La trama ufficiale: André (André Bernheim) ha 85 anni ed è stato un cattivo padre. Ma è anche un uomo carismatico, dalla vita sentimentale brillante e burrascosa, curioso di tutto, un profondo amante della vita. Quando si ammala, la figlia Emmanuèle (Sophie Marceau) si precipita ad aiutarlo, ma André le fa un’ultima, difficile richiesta. Come può una figlia dire no al proprio padre?
Il cast di “E’ andato tutto bene” include anche Géraldine Pailhas, Charlotte Rampling, Claude de Soria, Éric Caravaca, Hanna Schygulla, Grégory Gadebois, Judith Magre, Jacques Nolot, Daniel Mesguich, Nathalie Richard, Annie Mercier, Denise Chalem, François Perache, Catherine Chevallier, Quentin Redt-Zimmer.
E’ andato tutto bene – trailer e video
Trailer italiano ufficiale pubblicato il 21 dicembre 2021
Interviste a cast e regista
INTERVISTA CON FRANÇOIS OZON
Come ha incontrato Emmanuèle Bernheim?
Ho incontrato Emmanuèle nel 2000, tramite Dominique Besnehard, che all’epoca era il mio agente. Avevo girato i primi quindici minuti di Sotto la sabbia e le riprese erano ferme per problemi produttivi e finanziari. Non eravamo convinti né della sceneggiatura né delle scene girate. Dominique mi suggerì di incontrare una scrittrice che non conoscevo Emmanuèle Bernheim, per una ristesura della sceneggiatura. Pensava che sarebbe stata la persona giusta e aveva ragione: si creò subito una sintonia tra di noi e in seguito diventammo amici. Avevamo gusti simili per quanto riguardava i film, gli attori e la loro fisicità e mi innamorai del suo stile di scrittura molto fisico, “ridotto all’ osso” per usare la sua espressione, uno stile che era simile a quello usato per scrivere le sceneggiature.
Quale è stata la sua reazione quando ha letto È andato tutto bene?
Mi ha inviato la bozza di stampa e mi sono commosso nello scoprire e nel condividere la sua esperienza con suo padre. Ho amato il ritmo, il tono, l’accelerazione finale, la suspense che lo rende quasi un romanzo giallo e l’ambiguo e ambivalente sollievo delle due sorelle per aver compiuto la loro “missione”. Emmanuèle mi chiese se fossi interessato ad adattare il libro per il cinema. Ero sicuro che sarebbe potuto diventare un bellissimo film ma era una storia talmente sua che in quel momento particolare della mia vita, non riuscivo a vedere come avrei potuto farla diventare mia. Diversi registi mostrarono interesse per il libro e ci furono svariate offerte per i diritti. Lei mi tenne informato fino alla proposta di Alain Cavalier che sfortunatamente non fu in grado di realizzare il film perché Emmanuèle si ammalò di cancro. Cavalier riuscì comunque a tirare fuori da quell’esperienza nel 2019 un bellissimo documentario, Living and Knowing You Are Alive (Être vivant et le savoir).
Che cosa l’ha spinta ad adattarlo adesso?
La morte di Emmanuèle, la sua assenza, mi hanno fatto desiderare di essere ancora con lei. E forse anche, a livello personale, mi sono sentito pronto a tuffarmi nella sua storia. Mi è successo spesso con i libri che ho adattato che avessi bisogno di tempo per lasciarli maturare, per scoprire come farli miei. E volevo lavorare con Sophie Marceau. Ho pensato a lei per diversi miei film e ci siamo incrociati spesso ma non siamo mai venuti a capo di nulla. Intuitivamente sentivo che questo era finalmente il momento giusto, il progetto giusto. Così le ho mandato il libro di Emmanuèle di cui lei si è innamorata. E ho iniziato a scrivere la sceneggiatura.
INTERVISTA CON SOPHIE MARCEAU
È da molto tempo che François Ozon desiderava lavorare con lei.
In passato, quando François aveva pensato a me non era ancora il momento giusto o il ruolo non era giusto, ma il desiderio di lavorare insieme era reciproco! I suoi film mi sono sempre piaciuti. È un regista eclettico, pieno di energia, curioso, con un occhio attento nell’osservare la società e le sue debolezze. Mi aveva colpito in particolare Regarde la mer , era un film incredibile. Poi Sotto la sabbia, Swimming Pool … Mi è anche piaciuto molto Angel . Il protagonista era molto romantico, anche se non necessariamente molto simpatico ma che importa. È lecito fare film anche su persone egoiste come dimostra il personaggio del padre in È andato tutto bene ! Anche prima di aver letto È andato tutto bene ero pronta a far parte del progetto. Non potevo dire ancora di no a François! Poi il soggetto mi ha convinto e il progetto si è adattato a me come un guanto. I film sono il punto d’incontro di vari desideri: collaborare con un regista, interpretare un ruolo, esplorare un soggetto, fare un’esperienza in quel determinato momento… e questo film è stato il punto di intersezione di tutto questo.
Conosceva Emmanuéle Bernheim?
La conoscevo un po’, attraverso il suo lavoro come sceneggiatrice per vari registi ma non conoscevo i suoi libri. Quando François mi ha dato da leggere È andato tutto bene , ho scoperto una scrittrice in grado di immergerti con pochissimi dettagli nella psicologia e nel pathos della morte. La sua storia è radicale ma non è mai violenta né brutale. Semplicemente ti fa sentire che è una storia vera. Sono rimasta colpita dalle somiglianze dei processi creativi di François e di Emmanuèle: hanno lo stesso istinto per raccontare storie attraverso i fatti, un buon ritmo, una meccanica perfetta. I loro personaggi potrebbero essere più analitici ma scelgono invece di affrontare la vita con umorismo e spontaneità, passando da una mostra d’arte all’altra, da un appuntamento per pranzo all’altro… Sono esteti pragmatici, non perdono tempo in convenevoli o a lamentarsi. “Niente piagnistei!”, come dice il padre alla fine. Emmanuèle e François condividono anche l’arte di esprimere la vita attraverso dettagli concreti, usandoli come delle lenti attraverso le quali esplorare i grandi drammi delle nostre piccole esistenze e il nostro modo di affrontarli. Erano fatti per lavorare insieme!
INTERVISTA CON ANDRÉ DUSSOLLIER
Conosceva i film di François Ozon?
Si e mi sarebbe piaciuto prenderne parte in qualcuno! Capita raramente ad un attore di poter interpretare un ruolo come questo con un tale gruppo di lavoro. Mi è piaciuto lo stile asciutto della sceneggiatura. Mi ha ricordato le ellissi del film Nella casa . E mi è piaciuta la sfida di interpretare un uomo che si trova in una situazione fisica difficile e che, nella vita reale, era il padre di un’amica di François. Ho cercato da subito di catturare la verità del personaggio.
Ha letto il libro di Emmanuèle Bernheim?
No. Non volevo sovraccaricarmi con confronti inutili. Il testo a cui dovevo fare riferimento era la sceneggiatura scritta da François ed era in quella sceneggiatura che dovevo calarmi. Se lui aveva scelto di omettere determinati elementi rispetto al libro è perché non li voleva nel film e non stava a me interferire con la sua scelta. Per lo stesso motivo non ho voluto incontrare nessuno degli amici o delle persone care ad André Bernheim.
Come si è avvicinato ad un personaggio che si trova in una situazione fisicamente e moralmente così disumana?
François mi ha fatto guardare alcuni documentari su persone che avevano scelto di morire con dignità. Ce n’era uno in particolare di una donna che non sembrava poi così malata. Nel documentario la seguiamo da casa sua al luogo in Svizzera dove va a morire. Sono rimasto enormemente colpito dalla sua determinazione di arrivare alla decisione finale e di portarla fino in fondo. Per far sì che fosse credibile l’interpretazione fisica della malattia, abbiamo incontrato un medico all’ospedale di Lariboisière che lavora al centro di riabilitazione per pazienti colpiti da ictus. Me ne stavo seduto là, senza alcun trucco e ho iniziato a parlarle con la voce che avevo immaginato per il personaggio, per capire se fosse abbastanza realistica, per verificare se gli effetti della malattia sul mio modo di parlare fossero credibili. Avevo anche a disposizione qualcosa di veramente eccezionale: il filmato che Emmanuèle Bernheim fece di André Bernheim, in cui André diceva di voler mettere fine alla propria vita. Era una risorsa straordinaria, una sorta di Bibbia per la mia interpretazione. Lo riguardavo ogni giorno, per assimilare il suo modo di essere e di parlare. Non per copiarlo – visto che non è così conosciuto – ma per trarre ispirazione dal suo spirito, per assorbire il ritmo, la sua dizione.
Il libro originale
- Il film è liberamente tratto dal libro “Tout S’est Bien Passé” di Emmanuèle Bernheim pubblicato in Italia da Giulio Einaudi Editore.
La sinossi ufficiale del romanzo: André Bernheim ha ottantotto anni, è un gallerista d’arte eccentrico e bon viveur, ed è già passato pressoché indenne attraverso prove fisiche tremende: ma poi è colpito da un ictus che gli blocca la parte destra del corpo, gli rende difficile comunicare e lo costringe a dipendere dagli altri. Non ci mette molto a chiedere a Emmanuèle, la narratrice, e all’altra figlia Pascale, di aiutarlo “a farla finita”. Nonostante il dolore, loro accettano: sanno che per lui è insopportabile pensare di vivere immobilizzato e privato della sua dignità. E soprattutto non è un uomo a cui sia facile rifiutare qualcosa. Ma morire non è semplice, anche se lo si vuole appassionatamente. Ha inizio cosí un estenuante percorso: le due sorelle cercano un’associazione che le aiuti, ma in Francia per le persone non malate terminali il suicidio assistito non è legale e gli ostacoli burocratici, penali e morali si moltiplicano finché non trovano un’associazione svizzera. Siamo in autunno, arriva l’inverno, ma il padre chiede di rimandare alla primavera, e sarà a giugno – ennesimo prolungamento di una condizione irreale. Nel frattempo, André rifiorisce, sempre piú sano e, paradossalmente, sempre piú convinto della sua decisione (e la possibilità che le figlie possano finire nei guai a causa sua non lo tocca minimamente).
Emmanuèle Bernheim è la figlia del collezionista d’arte André Bernheim e della scultrice Claude de Soria. Scrittrice, saggista e sceneggiatrice francese, è nata il 13 dicembre del 1955 a Boulogne-Billancourt. È morta il 10 maggio del 2017 a Parigi. Autrice di “Il coltello a serramanico” nel 1985 e di “Una coppia ” nel 1988, nel 1993 ha vinto il Prix Médicis per il suo romanzo “Sua moglie”. Ha collaborato con François Ozon alle sceneggiature di Sotto la sabbia , Swimming Pool , CinquePerDue – Frammenti di vita amorosa e Ricky – Una storia d’amore e libertà. Il suo romanzo “ Quel venerdì sera “(1998) è stato adattato in un film dallo stesso titolo diretto da Claire Denis. Poi lavorò con Alain Cavalier all’adattamento del suo libro, “È andato tutto bene”, intitolato Être vivant et le savoir . Le fu diagnosticato il cancro durante questo progetto, che in seguito alla sua morte divenne un documentario.
Foto e poster