Spectre: recensione in anteprima
Dal quasi perfetto Skyfall si passa ad un più convenzionale Spectre. Reiterando la dicotomia tradizione/progresso, Sam Mendes impacchetta uno 007 meno ispirato ma comunque interessante, se non addirittura solido. Ma soprattutto coerente con il recente percorso della saga
Una cosa che non sfuggirà senz’altro guardando Spectre è che il concetto di tempo è centrale. Tempo che passa, epoche che si avvicendano. Riprendendo il discorso approntato in Skyfall, qui si fa ancora più leva su tale elemento, quasi che la serie interrogasse sé stessa circa la proponibilità di una saga che oramai i cinquant’anni li ha superati. In un mondo in cui le informazioni sono a portata di mano più o meno a chiunque, come mai prima d’ora, ha ancora senso una sezione come la doppio zero?
Spectre, è vero, per certi versi è più incisivo a porre la questione che a dirimerla, e questo James Bond numero 24 pare più una via di mezzo in attesa della bomba Skyfall anziché il suo successore. Nel bene o nel male, infatti, la seconda iterazione della serie diretta da Sam Mendes è altra cosa rispetto al primo, chi perciò si aspettasse uno Skyfall 2 farà bene a rivedere le proprie priorità. Laddove il penultimo 007 rappresenta un’evoluzione tremendamente accattivante, tutt’altro che avulsa dalle origini ma in una veste inedita, più in linea coi tempi, a ‘sto giro ci troviamo dinanzi ad un episodio più convenzionale.
Un bene? Un male? Trattasi di domande che non esauriscono il discorso, né si avvicinano a farlo. Spectre è più asciutto, riappropriandosi di certi cliché della saga senza troppo girarci intorno, per cui, più che delle eventuali sorprese, è del viaggio, dei continui spostamenti dello spericolato Bond che s’ha da godere. Al centro della trama abbiamo un gruppo di altissimo livello, lo Spectre, che sta lavorando per accentrare in un unico organo tutti e nove i servizi segreti sparsi per il mondo: un’entità dotata di un potere assurdo, che non dovrà rispondere a nessuno. Manco a dirlo, è nuovamente Bond a vederci più lungo di tutti, ancora una volta indisciplinato, votato alla risoluzione del caso quasi per lui fosse un riflesso incondizionato.Ma è ancora sull’asse vecchio/nuovo che ci si muove, perciò attenzione anche a certe chicche, certi rimandi, sia interni alla storia di questo specifico 007 che pure qualche concessione alla saga tutta. D’altra parte, come lascia chiaramente intendere il titolo, Spectre è anche un film di fantasmi, ovvero persone appartenenti ad un passato che, volente o nolente, Bond ha dovuto rimuovere. Peccato che su questo versante la sceneggiatura non riesca a convogliare con maggiore convinzione le qualità insite in un incipit del genere: 007 qui non si batte solo col villain di turno bensì con tutti coloro che si è lasciato alle spalle, della cui scomparsa è, per un verso o per un altro, responsabile. Un territorio che purtroppo resta per lo più inesplorato, oltre ad un Bond che dà l’impressione di essere un pelo più logorroico del solito.
Tuttavia il mood è lì e non bisogna nemmeno sforzarsi troppo per coglierlo. Notevole la partenza, immancabilmente rocambolesca, a Città del Messico; raffinato il segmento a Roma; il resto del film delega sempre meno alle location per concentrarsi sui personaggi, oltre a Craig la Seydoux. Anche qui, per lo più regolare amministrazione, sebbene, tastando il polso di Spectre, è innegabile che il battito tenda ad essere quello giusto, prerogativa che sino ad ora, nel corso Daniel Craig, è mancata solo a Quantum of Solace. Ecco, Spectre, che eppure si colloca un gradino sotto rispetto a Casino Royale, dunque ancora più in là rispetto a Skyfall, resta comunque sopra il capitolo del 2008. Più incline ad uno schema decisamente tradizionale, dove esplosioni e scazzottate vengono intervallate da pillole inerenti lo sviluppo della vicenda, giusto per portare avanti la storia quel tanto che basta.
Insomma, di questo 007 resteranno delusi solo coloro che ancora non hanno smaltito la seppur comprensibile sbornia post-Skyfall. Gli altri potrebbero serenamente godersi un buon action, che, forse paradossalmente, rischia non poco nel non manifestare troppe pretese dopo il successo riscosso tre anni fa. Spectre perciò è anzitutto intrattenimento, prendere o lasciare. Altrove avremmo anche potuto avere da ridire verso certi passaggi forzati, solo che qui la natura del prodotto consente quel briciolo di leggerezza che in taluni frangenti emerge attraverso licenze umoristiche, british, dunque controllate. La classifica, per chi è addentro a certe cose, l’abbiamo stilata sopra. Confermando una chiave di lettura che denota una certa sensibilità al cambiamento in atto, qui riversato nel modo di fare spionaggio, ma che in realtà tende ad andare ancora più in profondità. Ecco perché, malgrado tutto, Spectre resta comunque un interessante 007, il cui valore è attenuato giusto da chi l’ha preceduto, tutto qui.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]
Spectre (USA, 2015) di Sam Mendes. Con Daniel Craig, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Naomi Harris, Dave Bautista, Christoph Waltz, Monica Bellucci, Andrew Scott, Rory Kinnear, Jesper Christensen, Detlef Bothe, Brigitte Millar, Marc Zinga, Stephanie Sigman, Alessandro Cremona e Peppe Lanzetta. Nelle nostre sale da giovedì 5 novembre.