Home Trailer L’accusa: trailer italiano e tutte le anticipazioni sul film con Charlotte Gainsbourg

L’accusa: trailer italiano e tutte le anticipazioni sul film con Charlotte Gainsbourg

Tutto quello che c’è da sapere su “L’accusa”, il dramma tratto dal romanzo “Le cose umane” di Karine Tuil al cinema dal 24 febbraio.

21 Febbraio 2022 16:08

Dopo la tappa fuori concorso al Festival di Venezia 2021, il 24 febbraio 2022 arriva nei cinema italiani con Movies Inspired L’accusa (Les Choses humaines), dramma francese tratto dal romanzo “Le cose umane” della scrittrice Karine Tuil, diretto dal regista Yvan Attal (Quasi Nemici – L’importante è avere ragione) che dirige sua moglie Charlotte Gainsbourg e suo figlio Ben Attal.

Trama e cast

La trama ufficiale: Un ragazzo è accusato di aver violentato una ragazza. Chi è questo ragazzo, e chi è questa ragazza? Lui è colpevole o innocente? Lei è una vittima o è spinta solo da un desiderio di vendetta, come sostiene l’accusato? I due giovani protagonisti e i loro cari vedranno le loro vite, le loro convinzioni e le loro certezze andare in frantumi ma… esiste una sola verità?

Il cast de “L’accusa” include: Ben Attal, Suzanne Jouannet, Charlotte Gainsbourg, Pierre Arditi, Mathieu Kassovitz, Benjamin Lavernhe e Audrey Dana.

L’accusa – trailer e video

https://www.youtube.com/watch?v=GFjoqTFTofE

Curiosità

  • Il regista francese di origine israeliane Yvan Attal ha diretto anche Mia moglie è un’attrice, Do Not Disturb, Sono dappertutto e Quasi Nemici – L’importante è avere ragione.
  • “L’accusa” è il primo film drammatico del regista Yvan Attal dopo sei commedie.
  • Il film è tratto dal libro “Le cose umane” di Karine Tuil adattato per lo schermo dal regista Yvan Attal in collaborazione con Yaël Langmann (Contra).
  • L’attore Ben Attal che interpreta il ragazzo accusato di stupro è il figlio del regista Yvan Attal e dell’attrice Charlotte Gainsbourg. Padre e figlio hanno collaborato altre sei volte in in precedenza, la più recente è stata per la commedia My Stupid Dog (Mon Chien Stupide), adattamento dell’omonimo romanzo di John Fante.
  • Il team che ha supportato il regista Yvan Attal dietro le quinte ha incluso il direttore della fotografia Rémy Chevrin, il montatore Albertine Lastera, lo scenografo Samuel Deshors e la costumista Carine Sarfati.
  • “L’accusa” è prodotto da Olivier Delbosc, Yvan Attal e Sidonie Dumas per Curiosa Films, Films Sous Influence, France 2 Cinéma e Gaumont.

Il libro originale

Nata nel 1972 a Parigi, Karine Tuil ha ottenuto un Diploma in diritto della comunicazione e scienze dell’informazione. Mentre preparava la sua tesi di dottorato, ha iniziato a scrivere tre romanzi riuscendo a trovare un editore per il terzo, “Pour le pire”, pubblicato nel 2000 e ha deciso così di dedicarsi alla scrittura senza portare a termine la tesi. In seguito ha pubblicato altri 10 romanzi, l’ultimo dei quali, “Le cose umane”, ispirato alla storia dello stupro di Stanford (2015-2016), ha ottenuto il Prix Interallié e il Prix Goncourt des lycéens nel 2019. Nominata dama dell’Ordine delle arti e delle lettere nel 2014, vive e lavora nella capitale francese con il compagno e i loro tre figli.

La trama ufficiale del romanzo: I Farel sono una coppia di potere. Jean, rispettato giornalista, presenta da oltre trent’anni un famoso programma politico alla televisione; Claire è un’intellettuale nota per il suo impegno femminista. Il figlio, Alexandre, frequenta una prestigiosa università americana. Tutto sembra funzionare alla perfezione per loro. Ma un’accusa di stupro sconvolgerà questa impeccabile costruzione sociale. Il sesso e la volontà di distruzione sono il cuore di questo romanzo che mette a nudo le dinamiche impietose della macchina giudiziaria e indaga il mondo contemporaneo, i suoi impulsi, le voglie e le paure. Chi è davvero sicuro di non finire un giorno preso in un simile ingranaggio?

Il romanzo “Le cose umane” è disponibile su Amazon.

Intervista al regista

Com’è arrivato nelle sue mani il libro “Le cose umane” di Karine Tuil?

Il romanzo era appena uscito. Ero interessato all’autrice, della quale avevo già letto altre cose, e all’argomento: un ragazzo accusato di stupro in seguito a una festa. La narrazione mi ha sconvolto. Mi ha commosso l’imputato (nel quale potevo rivedere mio figlio), mi ha commosso la vittima (nella quale potevo rivedere mia figlia), mi sono completamente identificato nei genitori dei due giovani coinvolti in questo fatto di cronaca. Ho modificato la struttura della storia – c’è “lui”, poi “lei” e infine il processo – perché lo spettatore abbia il tempo di affezionarsi a loro. Volevo sapere da dove venivano, chi erano, come entramb avevano passato la serata che precede il dramma, perché lei riteneva che lui l’avesse stuprata e perché invece lui credeva che lei fosse stata consenziente. Il tema era attuale, i personaggi complessi. E, per la prima volta, questo libro mi ha fornito l’occasione di allontanarmi dalla commedia, di ritrovarmi in un tipo di cinema che mi ha fatto venire voglia di fare cinema con elementi che non avevo mai avuto occasione di riprendere: un commissariato, un tribunale, una perquisizione, ecc.

Oltre al materiale del romanzo ha svolto delle ricerche personali?

Durante la stesura ho incontrato giudici, poliziotti e avvocati per comprendere il più possibile il loro campo d’azione, la loro concezione del mestiere. Il romanzo mi ha fornito del bel materiale drammatico ma avevo bisogno di immergermi nel sistema, nell’arena in cui tutti operano. L’aula del processo è quella che mi ha segnato di più: vi regna il silenzio, una tensione molto forte. Non è un teatro. Gli avvocati ovviamente indulgono in “performance”, a volte teatrali, ma il loro obiettivo è quello di colpire forte e di convincere, perché la posta in gioco è molto alta. Ho assistito a un processo per stupro. Lì, non c’era alcun dubbio che l’uomo fosse colpevole. Ma nonostante tutto, c’è un essere umano dentro al box e un altro al banco degli imputanti. Ci sono in gioco molte vite e malgrado tutte le convinzioni, le emozioni, si esce scossi. La lettura del romanzo non era stata sufficiente, dovevo vivere questa esperienza. È ciò che ha guidato la mia messa in scena: rimanere a lungo sui personaggi per evitare il superfluo.

E per i ruoli della vittima e dell’imputato? Era fondamentale che Alexander e Mila fossero interpretati da due attori quasi sconosciuti?

Quali attori sono molto famosi a 17-18 anni? Non ce ne sono. Non è stato certo rassicurante per me partire con dei giovani in ruoli così impegnativi. Prima di scegliere Ben Attal e Suzanne Jouannet ho fatto un casting e dei provini. Ai provini, erano emerse quattro attrici. Suzanne è quella che mi ha sconvolto di più. Prova dopo prova, le sue emozioni erano là. Intatte. Adoro il suo ruolo. Dall’inizio alla fine. Quanto al ragazzo, leggendo il libro ho subito pensato a Ben. Ha già avuto un ruolo nel mio film precedente Mon Chien Stupide. All’epoca ero riluttante. Mi aveva dovuto convincere la direttrice del casting. “Non vuoi vederlo perché è tuo figlio, ma è lui che ha fatto il provino migliore”. Ho accettato.

Cos’era difficile da accettare?

Dare un ruolo al proprio figlio. Come lavorare con lui? Sono suo padre. Sento una doppia responsabilità. Poi mi sono detto che come regista ero un po’ il padre di tutti gli attori davanti ai miei occhi. Ben aveva molto da offrire per incarnare l’imputato – un ragazzo forse un po’ arrogante ma accattivante. È dolce, generoso, e imbarazzato di avere i genitori che ha. Avrebbe voluto nascere in un ambiente diverso. Questa complessità lo rende commovente. E poi è cinegenico. Non ho mai dimenticato il mio primo corso di teatro. Dovevamo rimanere seduti e zitti per tre minuti. Dopo averci osservati, il professore ci aveva detto: “Per quanto possiate imparare a recitare, nel guardarvi abbiamo una sensazione soggettiva. Non potete farci niente. Quindi accettate chi siete.” Ci sono degli attori che commuovono e altri meno, anche se sono bravi. Funziona così! Ben mi commuove. Allora perché preoccuparmi di cercare qualcun altro, quando avevo già fatto il provino a una cinquantina di attori della stessa età per il ruolo nel mio film precedente? Ben ha affrontato il lavoro come aveva fatto in Mon Chien Stupide. Con la differenza che qui interpretaun ruolo più importante, senza dubbio il più delicato di tutti. Ha passato il lockdown a imparare a suonare il piano e a preparare il film con me. Dopo viene il lavoro con tutto il cast. Ho organizzato molte letture preliminari. Insieme abbiamo dissezionato il testo, abbiamo cercato di individuare quella che per ogni personaggio è la sua verità. In quale momento mentirà, sarà onesto, farà vacillare la certezza dello spettatore… Bisognava trovare il giusto equilibrio. Le riprese sono un momento essenziale ma L’Accusa è emerso anche in fase di montaggio. Era davvero facile orientare lo sguardo in un senso o nell’altro. Senza neanche rendersene conto. Avremmo potuto scegliere di sopraffare il personaggio di Alexander per poi assolverlo per provocare una reazione epidermica da parte dello spettatore. Ma quello non era il nostro obiettivo. Restare neutrali ha dato al film il suo significato. C’è un’ovvietà che ci ha guidati: noi sappiamo perfettamente cos’è successo tra quei due. D’altra parte, riallacciando le testimonianze di Mila e Ben durante il processo, ci si rende conto che dicono la stessa cosa. I fatti sono indiscutibili. È il modo in cui li hanno vissuti che cambia tutto.

Intervista al cast

Quando e come Yvan Attal le ha proposto di incarnare Alexandre il personaggio perincipale?

BEN ATTAL: Mi ha detto di volerlo fare con me non appena ha letto il libro. Abbiamo fatto dei provini meno formali di quelli per Mon Chien Stupide. Mi ha chiesto di leggere con lui, come se nulla fosse. Sapevo che quella lettura era in realtà un provino. Detto questo ero meno intimidito che per Mon Chien Stupide. Sicuramente perché anche lui aveva l’aria più decisa.

Che ricordi conserva della prima lettura della sceneggiatura de “L’accusa”?

BEN ATTAL: Ho amato moltissimo la sceneggiatura ma presto sono stato preso dall’ansia di interpretare questo ruolo. Spontaneamente non provavo simpatia per lui. La lettura con mio padre però mi ha illuminato sulla sua complessità. La mia voglia di lavorare di nuovo era forte come la mia fiducia in lui.

Come definirebbe il rapporto che Alexandre ha con le donne?

BEN ATTAL: Complesso! A causa di una certa mancanza affettiva, ha paura di essere abbandonato, di essere lasciato. Capisco Alexandre. Come lui, sono una di quelle persone molto passionali, molto emotive, capaci di rovesciare un tavolo per dire ti amo.

Ha già recitato faccia a faccia con Charlotte Gainsbourg, sua madre, sul set di My Stupid Dog (Mon Chien Stupide). Cosa c’è stato di diverso questa volta?

BEN ATTAL: La scena dove lei testimonia al processo. È allo stesso tempo la madre dell’imputato che interpreto e la mia. Ero seduto nel box, l’ascoltavo, e la sequenza ha preso una piega molto reale. Non so cosa possano sentire gli imputati in una situazione simile, ma se hai un po’ di coscienza credo che ti vergogni a vedere tua madre soffrire. È terribile! Per il resto, era fantastico girare con lei. Ci conosciamo davvero bene. È un po’ come recitare con la tua migliore amica, con persone con cui vivi. Per questo possiamo prevedere le loro reazioni ed è tutto più facile con questa complicità.

Cosa sapeva del tema de “L’accusa” e del personaggio di Mila prima di partecipare al casting?

SUZANNE JOUANNET: Niente, a parte il fatto che dovevo recitare una scena nella quale lei racconta a dei poliziotti di essere stata stuprata! Un’agente mi aveva contattata dopo avermi vista recitare a teatro. Pensavo fosse per integrare di altri nomi la sua agenzia. Invece, era per il casting. Non ne avevo mai fatti. Siccome era durante il lockdown, mi hanno chiesto di realizzare un video, il primo della mia vita. Ho chiesto alle mie sorelle di filmarmi. Quando mi hanno richiamata per degli altri provini, ho saputo che il film era adattato dal libro “Le cose umane” di Karine Tuil. Mi sono affrettata a leggerlo.

Come è stato il primo incontro con Yvan Attal?

SUZANNE JOUANNET: Avevo molti dubbi, ma Yvan è stato accogliente e rassicurante. Mi ha dato delle indicazioni che ho trovato davvero precise e corrette. Mi sentivo totalmente in osmosi con la sua visione. Ci siamo messi subito a lavorare. Mi sono detta “Fantastico! Andiamo, si lavora. Sono pronta.” Avevo già creato un immaginario attorno a Mila. La vedevo come una giovane allo stesso tempo sensibile, ingenua, forte, con un mondo interiore molto ricco. La sentivo soprattutto seduta accanto a me, come una sorellina che volevo proteggere. Per i provini avevo preparato diverse versioni. Alla fine ho scelto quella dove si mostrava più vulnerabile.

Come si è preparata per interpretare un’adolescente vittima di uno stupro?

SUZANNE JOUANNET: Per prima cosa rituffandomi nei miei anni del liceo, quando avevo diciassette anni. Ora ne ho ventitré e da allora il mondo è cambiato. Poi ho cercato di immaginarmi il trauma fisico e mentale subito. Ho letto molte testimonianze su questo argomento, ho visto dei film, degli estratti video di processi filmati negli Stati Uniti (in Francia è vietato). Ho anche letto online una lettera scritta dalla vittima del fatto di cronaca che ha ispirato l’autrice del libro. La sua testimonianza era ricca, profonda. Molto toccante.

Come Lei, Ben Attal, che interpreta l’accusato, ha un ruolo di rilievo pur avendo poca esperienza. Come si sono sviluppate le scene con lui?

SUZANNE JOUANNET: Mi ha fatta sentire sicura fin dall’inizio. È educato, premuroso, gentile, attento, dolce… Lo so, è molto. Ma è veramente così. Era stressato, come me. Ma sopporta bene lo stress. Il fatto che lui lo verbalizzi ha prodotto un effetto specchio. Anch’io l’ho verbalizzato. Ciò mi ha aiutata molto. Eravamo consapevoli che dei ruoli così importanti fossero faticosi da portare. Ben voleva esserci per me, e io per lui. Ci siamo sostenuti a vicenda. E siccome sul set eravamo gli unici della stessa età, abbiamo creato un nostro piccolo mondo, come dei bambini a una riunione di adulti.

Ci racconti il primo giorno di riprese sul set de “L’accusa”

SUZANNE JOUANNET: Ho cominciato con la scena in cui Mila si rivolge ai giornalisti, alla fine di un’udienza. Dovevo impossessarmi della telecamera e fare un appello. Era la prima scena di cinema della mia vita. Il set era immenso. C’era tantissima gente attorno a me. Ero, come dire… liquefatta. Fino alla nausea. Nel mio cuore c’erano le montagne russe. Yvan mi ha tranquillizzata dicendomi “Concentrati! Va tutto bene. Continua ciò che hai fatto al provino. Andrai benissimo.” Ho così tanta fiducia in lui… E poi ha creduto in me, quindi ci tenevo a renderlo fiero. Un’altra cosa che mi ha aiutata è stata pensare a Mila. Mi sono detta: “Anche lei deve prendere la parola davanti a molte persone e, anche se è molto riservata, deve trovare la forza di testimoniare per sé stessa, per le altre vittime.” Di conseguenza mi sono detta che il fatto che fossi impressionata dalla situazione era un bene per mettere in scena ciò che provava lei.

Quale era il suo stato d’animo alla fine delle riprese?

SUZANNE JOUANNET: Ho dovuto fare una pausa. L’argomento era gravoso. È stata l’avventura della mia vita, il mio primo ruolo importante. Ci ho investito troppo, fino al punto di rimanere un po’ impregnata e diventare quasi timida, come Mila, quando non lo sono. Sul set me l’avevano detto. “Forse ti taglierai i capelli per dire addio al tuo personaggio.” Non l’ho fatto!

Quale è il suo punto di vista su questi temi e il concetto di consenso?

SUZANNE JOUANNET: È un argomento così vasto! Mi tocca, ma ci sarebbe tanto da dire, ed è complicato farlo in poche parole. Per quanto riguarda il consenso, ecco di cosa parla il film: della zona grigia. Scegliendo di raccontare i loro due punti di vista, quello della vittima e dell’accusato, il film mostra quanto si possa vivere la stessa serata uscendone con due percezioni completamente opposte. Un uomo dovrebbe sempre sincerarsi del consenso della propria compagna, anche se significa porre la domanda. E viceversa.

La colonna sonora

  • Le musiche originali de “L’accusa” sono del pianista compositore Mathieu Lamboley (Libero e scansafatiche, Lolo – Giù le mani da mia madre, Red Snake, La signora delle rose, Il discorso perfetto).

TRACK LISTINGS:

1. Lui 1:52
2. Zone grise 3:50
3. Sometimes I’m Happy (King Pleasure) 2:41
4. 20 minutes d’action 1:28
5. Elle 2:30
6. Nature Boy (Elle Fitzgerald & Joe Pass) 2:25
7. Plaidoiries 5:21
8. Elle et lui Pt. 1 1:08
9. Elle et lui Pt. 2 3:08

La colonna sonora de “L’accusa” è disponibile su Amazon.

Foto e poster