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Roma 2015 – The End of the Tour: Recensione in Anteprima

Jason Segel è David Foster Wallace in The End of the Tour, nuovo film di James Ponsoldt

pubblicato 21 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:41

Poco meno di 20 anni fa David Foster Wallace divenne autore di culto internazionale grazie a Infinite Jest, 10 anni dopo incluso dal Time nella Top 100 dei migliori romanzi di lingua inglese dal 1923 al 2006. Definito dal New York Times un “Émile Zola post-millennio“, Wallace si è poi suicidato nel 2008, impiccandosi.

12 anni prima, ovvero poco dopo l’uscita in libreria del suo ‘capolavoro’, l’autore passò 5 giorni ininterrotti al fianco di David Lipsky, 30enne giornalista di Rolling Stone che viaggiò insieme a lui per centinaia di chilometri per l’ultima parte del tour promozionale legato al romanzo, tra reading, corsi di scrittura e lunghe conversazioni in grado di spaziare tra politica, cinema, letteratura, musica e aspetti personali legati alla vita di David Foster, vedi droghe, alcool e depressione. Quei 5 giorni divennero poi libro, ‘Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta‘ edito in Italia da Minimum Fax ed ora film grazie a James Ponsoldt, regista dell’acclamato The Spectacular Now, due anni fa nominato per il Gran Premio della Giuria e premiato per l’interpretazione di Miles Teller e Shailene Woodley al Sundance.

Un progetto atipico, rischioso e coraggioso, quello portato avanti dal 37enne Ponsoldt, attualmente al lavoro sulla trasposizione cinematografica del best seller di Dave Eggers ‘Il Cerchio’. Perché The End of the Tour non è un biopic ma il riuscito resoconto di un incontro tra due persone che non si erano mai viste prima: da una parte un giornalista aspirante scrittore e dall’altra uno scrittore nonché professore universitario, balzato agli onori delle cronache grazie alla pubblicazione di un ‘mattone’ di 1400 pagine incensato dai critici di tutto il mondo.

Con il passare dei 5 giorni, tra reporter e intervistato si instaurò un rapporto significativo, tra amicizia, comprensione e rispetto, ed è qui che la pellicola di Ponsoldt si sofferma. Sul confronto tra un intenso Jesse Eisenberg, finalmente tornato ai livelli di The Social Network, e l’enigmaticità di un inatteso e sorprendente Jason Segel, con ‘obbligata’ bandana in testa e per la prima volta chiamato ad interpretare un personaggio distante dal mondo ‘comedy’. Facendo centro.

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Un’opera essenzialmente di scrittura, traboccante dialoghi e fondata sull’interazione tra i due attori, quella sceneggiata dal debuttante Donald Margulies, chiamato a far rivivere la sfaccettata personalità di un ‘genio’ egocentrico ma ansiogeno, teledipendente, malinconico e dannatamente solo. Una personalità attratta e al tempo stesso impaurita dall’agognata fama, in difficoltà con i rapporti interpersonali e con l’esasperante competizione sociale figlia dei nostri tempi. Una ‘rockstar’ degli anni ’90, più che uno scrittore, ma distante mille miglia dai cliché dei colleghi più ‘dannati’, tanto da tenere in bagno gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola e dall’avere una dipendenza dai media, tv in particolare, rispetto alla più maledetta e ‘vendibile’ eroina. Confrontandosi con il giovane, inizialmente scettico, ambizioso e intrigante Lipsky, Wallace si spogliò delle proprie paure e dei propri limiti sociali, mostrandosi per quello che era anche, se non soprattutto, attraverso i ‘non-detto’. O forse no, perché la sincerità di entrambi sembra quasi scontrarsi con le prevenute reticenze nei confronti dell’autenticità, in quei 5 giorni perennemente frenata da una velata patina di diffidenza.

Al trio Ponsoldt-Esienberg-Segel il tutt’altro che semplice compito di rendere credibile e cinematograficamente interessante quel lungo ed appagante incontro, qui riprodotto seguendo i due protagonisti come ombre. Sigaretta dopo sigaretta e bibita gassata dopo bibita gassata, con quel registratore perennemente acceso e due uomini che, guardandosi sempre negli occhi, si studiano ininterrottamente. Entrando in contatto.

Consapevole della centralità dei due attori Ponsoldt fa un passo indietro, lasciando ai bravissimi Jesse e Jason il compito di costruire e trainare la pellicola. Intimo ma incalzante, perché mai banale nello sviscerare tutti i dubbi esistenziali che poi probabilmente portarono Wallace al(l’annunciato) suicidio, The End of the Tour è un inconsueto ‘road movie’, perché incentrato su un viaggio introspettivo durato 5 giorni e 4 notti, seminato di incomprensioni, confessioni mai svelate, paure terrene, fragilità nascoste e sfuriate. Un viaggio a ritroso in quegli anni ’90 in cui la tentacolare ‘rete’ era ancora una lontana e sinistra visione, anni in cui un complessato scrittore che si riteneva banalmente ‘normale’ (e non un ‘genio) divenne improvvisamente autore di culto per un’intera generazione, tanto da non sopportarne il peso e farla finita dopo poco meno di 20 anni.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”7″ layout=”left”]

The End of the Tour (Usa, 2015, drammatico) di James Ponsoldt; con Jesse Eisenberg, Jason Segel, Anna Chlumsky, Joan Cusack, Mamie Gummer, Mickey Summer

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