Roma 2015 – Lo chiamavano Jeeg Robot: Recensione in Anteprima
Un’ovazione ha accolto Lo chiamavano Jeeg Robot alla Festa del Cinema di Roma 2015.
Un cult istantaneo, quello ideato da Mainetti e trainato da un cast ineccepibile in ogni sua componente. Se Claudio Santamaria (20 kg in più per la parte), ovvero colui che è stato ‘la voce’ del Batman di Bale, si ritrova senza neanche rendersene conto con dei superpoteri tra le mani, il sempre più lanciato e strabordante Luca Marinelli, già ‘criminale da strada’ in Non essere cattivo di Caligari, strizza invece l’occhio al Joker nolaniano. Nel mezzo una ‘ramazzottiana’, bravissima e delirante Ilenia Pastorelli, svitata ragazza che di fatto ‘vive’ nel mondo di Jeeg Robot, suo eroe.
Ambientato in un’Italia spaventata dagli attentati terroristici che fanno esplodere la Capitale, Lo chiamavano Jeeg Robot gioca sapientemente con i generi, qui presi, spolpati e frullati tra loro, ruotando attorno ad Enzo Ceccotti, burbero e solitario delinquente di Tor Bella Monaca che per sfuggire alla polizia si getta nel ‘biondo’ Tevere, finendo accidentalmente in un bidone pieno di sostanze radiattive. Uscito dall’acqua e tornato a casa il roccioso Enzo si accorge di avere una forza sovraumana, tanto da resistere ai proiettili e ad una caduta dal nono piano di un palazzo. Un dono, quello degli inattesi poteri, che l’asociale Ceccotti sfrutterà immediatamente per mettere a segno clamorosi colpi criminali, vedi bancomat sradicati a suon di pugni e camion portavalori aperti in due come scatolette di tonno. Ombroso, introverso, ossessionato dai porno, dagli yougurt e privo di amici, Enzo viene però travolto dal sincero affetto di Alessia, assolutamente convinta che proprio lui sia l’eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d’acciaio, da lei semplicemente idolatrato.
Un anno dopo il deludente Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, il cinema italiano si è inaspettatamente reso conto di poter metter bocca su un genere che non c’è di fatto mai appartenuto: il cinefumetto. Visibilmente ispirato da titoli come The Toxic Avenger, Batman e Kick-Ass, Mainetti ha disegnato i lineamenti di un anti-eroe moderno nato criminale e trasformatosi in paladino dei più deboli grazie all’amore di una sensuale svitata. Smaccatamente ‘romano’ tanto nei dialoghi quanto nei luoghi, nelle battute e nella voluta esagerazione dei suoi personaggi, il (troppo lungo) film d’esordio di Mainetti sorprende per la quantità e la qualità di idee messe in circolo e con estremo coraggo fatte poi rivivere sul grande schermo.
Meravigliosamente divertente, Lo chiamavano Jeeg Robot passa dai fumetti alla svolta romantica, dalla commedia nera al gangster movie, dall’action con credibili effetti speciali al trionfo citazionista, e senza mai perderci la faccia. Come in qualsiasi cinecomics che si rispetti fondamentale è il villain, qui magistralmente interpretato da un Marinelli versione crazy-glam che canta ed ascolta Anna Oxa, Nada e Loredana Bertè. Il suo folle, ambizioso e meraviglioso ‘zingaro’ traina la pellicola spaccando teste con gli iPhone e ammazzando gli amici a suon di pitbull, per poi sfociare in un delirante piano terroristico: far esplodere lo Stadio Olimpico durante il derby Roma-Lazio, in modo da far capire allo Stato tutto ‘chi comanda’. Supereroi e Supercriminali fragili e sfaccettati, quelli costruiti da Mainetti, riuscito con poche idee a delinearne i caratteri e le ambizioni prima di farli scontrare in un epico face-to-face tra bandiere giallorosse e ponti capitolini. Con tanto di ‘gladiatorea batmanizzazione’ finale che fa sognare in grande: leggi doveroso sequel. Perché ora che l’abbiamo scoperto, questo Jeeg Robot di periferia chiamato a salvare il mondo con indosso una maschera fatta a maglia, non possiamo proprio più farne a meno.
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]
Lo chiamavano Jeeg Robot (Ita, commedia, 2015) di Gabriele Mainetti; con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Gianluca Di Gennaro, Salvo Esposito