Independent Film Week: il meglio del cinema indie che verrà nel mercato di New York
Tra i festival autunnali e il grande mercato di Toronto c’è un evento particolare e importantissimo nella fall season americana. L’Independent Film Week, organizzata da IFP, porta a New York i talenti indipendenti del cinema di domani e moltissime compagnie dell’Industria americana. Da qui sono partiti film come Re della Terra Selvaggia e Blue Valentine, mentre il 2015 ha lanciato il nuovo film di Andrew Haigh. Ecco come funziona questo mercato e perché c’è chi lo preferisce proprio a Toronto.
C’è un preciso momento in cui New York diventa protagonista assoluta della fall season. Tra fine settembre e metà ottobre, infatti, NYC ospita due tra gli eventi più importanti della fall season americana e internazionale: l’Independent Film Week e il New York Film Festival. Il primo è uno dei mercati più importanti in suolo americano, il secondo è il festival autunnale che più ha acquistato una sua dimensione negli ultimi anni.
La concorrenza è agguerrita, e sia l’IFW che il NYFF arrivano proprio in coda alla stagione, quasi schiacciati da Venezia, Telluride e Toronto. Eppure entrambi hanno una propria identità e importanza, e il fatto che si tengano in una città come New York (e nelle strutture dell’elegante Lincoln Center) di certo aiuta. Per dire: se Carol, dopo la premiere a Cannes, decide di andare prima a Telluride e poi New York, scartando Toronto, una ragione ci sarà.
Ma perché preferire la Film Week a Toronto, che è un mercato più completo e totale? La motivazione sta appunto nell’identità dell’evento newyorkese, che risulta spesso più efficace e immediato rispetto alla giungla che può essere il TIFF. Nulla vieta all’industria di andare ai due eventi, anzi, anche perché i progetti presentati alla IFW sono esclusivi, e offrono la possibilità di avere per primi un primo contatto con team e film in via di sviluppo rigorosamente pre-selezionati per un mercato indie americano che lascia le porte aperte anche alla co-produzione internazionale.
Tenutasi dal 20 al 25 settembre 2015, l’Independent Film Week è uno degli eventi centrali della programmazione di IFP, organizzazione no-profit che tutela e aiuta il cinema indipendente. È la stessa organizzazione che produce i Gotham Awards, primissimo tassello della amazing race che porta dritta agli Oscar a febbraio. La Film Week vive di due anime, una pubblica e una privata, quasi come se fosse effettivamente un ‘festival’ con un mercato: la IFP Conference: Screen Forward e il Project Forum.
La Conference è l’anima pubblica della Film Week: insieme di incontri, panel e case studies sul mercato di oggi, è aperta al pubblico e presenta produttori e figure cardine dell’industria americana pronti a discutere i casi dell’anno e le ultime tendenze. Non a caso due dei fiori all’occhiello dell’edizione 2015 sono stati il caso di studio su It Follows e il suo straordinario successo commerciale, e quello su Wet Hot American Summer – First Day of Camp, serie tv di Netflix ispirata dal celebre film del 2001.
Il Project Forum invece è la parte privata della Film Week, lo spazio vero e proprio dove avvengono i meeting tra i filmmaker selezionati e l’industria. Scopo dei filmmaker è quello di provare a far avanzare lo sviluppo del proprio progetto; scopo dell’industria è quella di poter salire a bordo di progetti in via di sviluppo scoprendoli assai prima di molti altri. Negli anni passati dal PF della Film Week sono partiti i percorsi di film come Re della Terra Selvaggia, Blue Valentine, Rich Hill, The Witch, Short Term 12, Call Me Kuchu e Ain’t Them Bodies Saints.
Il PF è diviso in tre sezioni: Emerging Storytellers, Spotlight on Documentaries, No Borders International Co-Production Market. Emerging Storytellers è la sezione per i giovani registi e sceneggiatori americani in cerca di finanziamento e produttori; vengono preferiti progetti che abbiano avuto poca esposizione in altri laboratori e mercati. Punta di diamente è il nuovo lungometraggio della poliedrica e pluripremiata (anche in Italia, vedi Torino e Venezia) Jennifer Reeder, As With Knives and Skin, atipico e gotico comin-of-age sudista in cui la femminilità è vista come una rivoluzione.
Altro coming-of-age è Last Black Man In San Francisco, opera prima di Joseph Talbot, tra l’altro tra le 25 New Faces di Filmmaker Magazine di quest’anno. Si tratta della curiosa storia di un ragazzo nero che, senza più nessuno se non un solo amico, prova a riprendersi la casa che il nonno ha costruito in mezzo a San Francisco per la famiglia. Tra i progetti più potenti e originali spicca invece To Dust, primo lungometraggio di Shawn Snyder. Si tratta di una commedia nera a metà strada tra Coen e Jarmusch, in cui la morte della moglie porta un cantore chassidico a tormentarsi sul decadimento del corpo della donna.
Bulimica la sezione dei documentari, con 60 progetti dai soggetti più svariati. Dai produttori di quel gioiello che risponde al nome di 20,000 Days on Earth arriva Free From What. La band Yellow Dogs fugge dall’Iran per trovare pace e fortuna a Brooklyn, ma cinque anni dopo un musicista iraniano uccide tre membri, lasciando i restanti due con molte domande e sogni infranti. Francamente è già uno di quei titoli che sembrano avere un lunghissimo percorso davanti a sé.
Da Doug Block, un documentarista che ha sempre fatto lavori personali e autobiografici, arriva finalmente una seria riflessione sul ‘genere’ (mi perdonino i puristi del documentario per la bestemmia) con Getting Personal. In un’epoca in cui ognuno diventa ‘documentarista’ della propria vita, tra digitale a portata di tutti e selfie, Block si sente di dover rimettere le cose in prospettiva, giustamente. Menzione speciale per The Kids, sguardo sui bambini che ispirarono i personaggi del cult di Larry Clark, già celebrato per i suoi primi 20 anni a New York quest’estate al BAMcinemaFest.
Variegata e ricca di nomi ‘noti’ all’ambiente indie la selezione di No Borders, in cui i film hanno il 20% di budget in saccoccia e produttori alle spalle in cerca di altro finanziamento. Dopo lo straordinario successo di 45 Anni, Andrew Haigh ha presentato il suo prossimo lavoro, annunciato a Cannes 2015 e già in via di finanziamento. Lean on Pete sarà il suo esordio americano, con un film a metà tra coming-of-age e road movie, corse di cavalli e la ricerca di un ragazzino di una figura genitoriale. La sceneggiatura è brillante, come ci si può aspettare da un talento puro come Haigh: sarà uno dei successi del 2017.
Farà molta strada Ethel, il nuovo film di Sophie Barthes (Madame Bovary) sulla storia d’amore tra Ethel (interpretata da Elisabeth Moss) e Julius Rosenberg durante la ‘Paura Rossa’ a NYC. A metà strada tra A proposito di Davis e Vizio di Forma si colloca Too Much of Nothing, il nuovo Lawrence Levine (Wild Canaries), che si avvicina per soggetto a The Current Love of My Life, il brillante nuovo progetto di Talya Lavie (Zero Motivation). Ha enormi potenzialità Late to Die Young, opera terza di quel talento pazzesco che risponde al nome di Dominga Sotomayor (De Jueves a Domingo): ancora un coming-of-age, ancora bambini che osservano il mondo degli adulti.
Teso e robusto è invece Yamaha 300, il nuovo Jorge Michel Grau (suo l’originale We Are What We Are: curioso che al mercato ci fosse anche Adam Folk, produttore di Jim Mickle e quindi anche del remake), sorta di Aspettando Godot in mezzo al mare. Ma i progetti più misteriosi e brillanti potrebbero essere Dolores, progetto argentino in cui una ragazza benestante viene accusata dell’omicidio della migliore amica, e Nancy, in cui una donna ossessionata dal catfishing dovrà fare i conti con le conseguenze delle sue azioni. Sono due progetti lucidi e sottili, con personaggi femminili di rara complessità.
Tra i 140 progetti del Project Forum ci sono anche delle web-series, in una sidebar di Emerging Storytellers, e i progetti dei Labs di IFP. Questi ultimi si dividono in 10 progetti narrativi e 10 documentari (tutti sotto un milione di budget), e sono lavori di filmmaker al loro debutto: i selezionati vengono seguiti nel completamento dei film, e vengono indirizzati da tutor selezionati da IFP verso il mercato e la giusta distribuzione. Sembra moltissimo, ma la Film Week in fin dei conti dura ‘solo’ 6 giorni. 4 sono quelli di meeting: ce ne sono stati 3000.
La prossima tappa nel calendario è probabilmente l’AFI Festival a novembre, prima delle uscite di fine anno (l’ultimo weekend, tra Tarantino, Iñárritu e O. Russell non è mai stato così ricco). Ma si tratta di filmoni che puntano al box office e agli Oscar. Intanto la Film Week consolida il futuro di Anna Rose Holmer, il cui The Fits ha avuto la premiere a Venezia e ha ricevuto un’accoglienza entusiasta sia dall’Hollywood Reporter che dai Cahiers: uno dei vari talenti dell’edizione 2015 del mercato newyorkese che promettono di diventare nomi affermati negli anni che verranno.