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Stasera in tv: “Lacci” su Rai 3

Rai 3 stasera propone “Lacci”, dramma del 2020 di Daniele Luchetti con Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante e Silvio Orlando.

2 Settembre 2022 08:33

Cast e personaggi

Alba Rohrwacher: Vanda
Luigi Lo Cascio: Aldo
Laura Morante: Vanda anziana
Silvio Orlando: Aldo anziano
Giovanna Mezzogiorno: Anna adulta
Adriano Giannini: Sandro adulto
Linda Caridi: Lidia
Francesca De Sapio: Isabella
Vito Vinci: Giulio
Simona Tabasco: fattorina
Antonella Monetti: giudice
Joshua Francesco Louis Cerciello: Sandro bambino
Giulia De Luca: Anna bambina
Giovannino Esposito: Sandro bambino
Sveva Aiardo Esposito: Anna bambina

La trama

Lacci è ambientato in una Napoli dei primi anni ‘80 e segue il matrimonio di Aldo e Vanda che entra in crisi quando Aldo si innamora della giovane Lidia. Trent’anni dopo, Aldo e Vanda sono ancora sposati. Un giallo sui sentimenti, una storia di lealtà ed infedeltà, di rancore e vergogna. Un tradimento, il dolore, una scatola segreta, la casa devastata, un gatto, la voce degli innamorati e quella dei disamorati.

Curiosità

  • “Lacci” selezionato come film d’apertura della 77ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2014 scritto da Domenico Starnone e designati dal New York Times uno dei 100 migliori libri del 2017.
  • Lo scrittore Domenico Starnone è anche autore della sceneggiatura insieme al regista Daniele Luchetti e Francesco Piccolo. Il film segna una reunion tra Starnone e Luchetti dopo La scuola e un’altra collaborazione nel 1998 per I piccoli maestri.
  • La colonna sonora del film include i brani “Le Temp Est Bon” do Bon Entendeur vs Isabelle Pierre e “Lasciati Baciare col Letkiss” delle Gemelle Kessler.

Note di regia

Le forze segrete che ci legano – “Lacci” è un film sulle forze segrete che ci legano. Non è solo l’amore ad unire le persone, ma anche ciò che resta quando l’amore non c’è più. Si può restare assieme per rancore, nella vergogna, nel disonore, nel folle
tentativo di tener fede alla parola data. Lacci racconta i danni che l’amore causa quando ci fa improvvisamente cambiare strada e quelli – peggiori – che produce quando smette di accompagnarci.

Le relazioni e il tempo in cui viviamo – È qualche tempo che, prima di tutto da spettatore, sono tornato a capire che ciò che
mi interessa, nella narrazione, sono le relazioni. Per questo, ogni volta che da regista mi scopro ad affrontare questi temi, sento di non tradire ciò che è alla base della mia passione. Le relazioni, che siano più esplicitamente inserite sullo sfondo di un contesto sociale o politico, o strette in spazi privati e circoscritti, sono un modo di raccontare non semplicemente noi stessi, ma noi stessi nel tempo in cui viviamo.

Parole, parole, parole – Le relazioni, che siano più esplicitamente inserite sullo sfondo di un contesto sociale o politico, o strette in spazi privati e circoscritti, sono un modo di raccontare non semplicemente noi stessi, ma noi stessi nel tempo in cui viviamo.

Gli attori – Con Francesco Piccolo e Domenico Starnone abbiamo scritto una sceneggiatura che non aveva paura delle parole, anzi, del parlare. Per questo, girando, ho adottato un suono pulito, senza disturbi, che ricordasse il cinema classico, perché quasi tutto, nel film, passa attraverso la voce dei personaggi. In questo viaggio ho voluto essere accompagnato da attori che amo. Con alcuni è stato un felice ritorno, con altri una felicissima prima volta. Li ho tormentati con la vicinanza della macchina da presa, per scavare nelle loro reazioni, e trattando i volti come paesaggi da esplorare. Un tempo pensavo che la macchina da presa fosse il centro del mio lavoro. Ora mi accorgo che ciò che riusciamo a creare nel lavoro tra testo, regista e attore capovolge le mie priorità. Non cerco la perfezione nel lavoro degli attori: cerco le smagliature, le distrazioni, una qualche verità. Dico loro, a volte, scherzando, di essere un regista imperfezionista. Il risultato che preferisco è quello imprevisto, che mi coglie di sorpresa, e questo accade quando si hanno attori aperti, che si fidano di te. Avere l’attore al centro, significa porre tenere fisso lo sguardo sulle nostre emozioni, cioè tutto ciò che abbiamo. Si raccontano le relazioni per provare a mettere ordine tra le smagliature delle nostre vite, per capirle meglio e per illuderci che possano essere comprese, accettate, risolte.

Venezia – Negli ultimi tempi abbiamo avuto paura che il cinema potesse estinguersi. E invece durante la quarantena ci ha dato conforto, come una luce accesa in una caverna. Oggi abbiamo una consapevolezza in più: i film, le serie, i romanzi, sono
indispensabili nelle nostre vite. Lunga vita ai festival, dunque, che permettono di celebrare tutti assieme il senso vero del nostro lavoro. Se qualcuno ha pensato che fare cinema potesse rivelarsi inutile, ora sa che è un bene di tutti. Con Lacci sono
onorato di aprire le danze del primo grande festival di un tempo imprevisto.

Daniele Luchetti – Note biografiche

Daniele Luchetti (Roma, 25 luglio 1960) è regista e sceneggiatore. Ha studiato Lettere e Storia dell’Arte e frequentato la scuola di cinema Gaumont, durante la quale gira Nei dintorni di mezzanotte, contenuto nel film collettivo Juke box (1985) che raccoglie i corti girati dagli allievi del corso. Esordisce nel lungometraggio con Domani accadrà (1988), selezionato fuori concorso al Festival di Cannes (dove riceve una menzione alla Caméra d’or) e premiato con il David di Donatello al migliore regista esordiente. Seguono La settimana della sfinge (1990), che vale a Margherita Buy il premio come migliore attrice al Festival di San Sebastian, e Il portaborse (1991), in concorso a Cannes e vincitore di due David di Donatello (sceneggiatura e attore protagonista). È poi la volta di Arriva la bufera (1993, David di Donatello per la migliore attrice non protagonista), La scuola (1995, David di Donatello per il miglior film) e I piccoli maestri (1998). Nel 2001 collabora alla realizzazione del film collettivo Un altro mondo è possibile, seguito dalla commedia Dillo con parole mie (2003). Nel 2007 dirige Mio fratello è figlio unico, selezionato a Cannes nella sezione Un Certain Regard e premiato col David di Donatello e il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura; nel 2010 torna a Cannes con La nostra vita, che ottiene la Palma per il migliore attore ad Elio
Germano (il film vince anche il David di Donatello per la migliore regia). Nel 2013 gira Anni felici, quindi si dedica alla realizzazione del film per la televisione Chiamatemi Francesco, seguito da Io sono Tempesta (2018) e Momenti di trascurabile felicità (2019).

Il romanzo originale

Dal libro al film Quando ho letto per la prima volta “Lacci” di Domenico Starnone ho trovato domande che mi riguardavano e personaggi nei quali era difficile non identificarsi. Attraverso una storia familiare che dura trent’anni, due generazioni, legami che somigliano più al filo spinato che a lacci amorosi, si finisce di leggere il libro con una domanda: hai permesso alla tua vita di farsi governare dall’amore? – Daniele Luchetti

 

La sinossi ufficiale del romanzo: Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie”. Si apre cosi la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano risposta. Si sono sposati giovani all’inizio degli anni Sessanta, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza più che di autonomia. Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi, e lei a Napoli con i figli, a misurare l’estensione del silenzio e il crescere dell’estraneità. Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi? Perché niente è più radicale dell’abbandono, ma niente è più tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte. Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.

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