Living: trailer italiano e colonna sonora del remake con Bill Nighy al cinema dal 23 dicembre
Bill Nighy protagonista di “Living”, un remake britannico di Oliver Hermanus del classico “Vivere” del regista di culto Akira Kurosawa nei cinema italiani dal 23 dicembre.
Dal 23 dicembre arriva nei cinema d’Italia con Lucky Red e Circuito Cinema Living, un rifacimento in lingua inglese del classico “Vivere” (Ikiru) del regista giapponese Akira Kurosawa, diretto da Oliver Hermanus (The Endless River) e con protagonista un memorabile Bill Nighy.
Living – Trama e cast
La trama ufficiale: 1953. Una Londra distrutta dalla seconda guerra mondiale è ancora in ripresa. Williams (Bill Nighy), un funzionario statale veterano, è un impotente ingranaggio all’interno della burocrazia della città mentre lotta per ricostruirsi. Sepolto sotto le scartoffie in ufficio, solo a casa, la sua vita si è sentita a lungo vuota e priva di significato. Quindi una sconvolgente diagnosi medica lo costringe a fare un bilancio e a cercare di afferrare la realizzazione prima che vada oltre la sua portata.
Il film è interpretato anche da Alex Sharp, Adrian Rawlins, Hubert Burton, Oliver Chris, Michael Cochrane, Aimee Lou Wood, Zoe Boyle, Lia Williams, Jessica Flood , Jamie Wilkes, Richard Cunningham, John Mackay , Ffion Jolly, Celeste Dodwell, Jonathan Keeble.
Living – Trailer e video
Trailer italiano pubblicato il 23 dicembre 2022
Curiosità sul film
- Oliver Hermanus (Moffie, The Endless River, Skoonheid, Shirley Adams) dirige “Living” da una sceneggiatura scritta dal giapponese Kazuo Ishiguro (Non lasciarmi, La contessa bianca, La canzone più triste del mondo, Quel che resta del giorno) basata sulla sceneggiatura originale di Akira Kurosawa.
- Questo è il terzo rifacimento del film di Kurosawa dopo il film per la tv del 2007, una moderna tivisitazione nel quale recitava il famoso attore kabuki Matsumoto Kōshirō. e la versione made in Bollywood del 2005 dal titolo Waqt: La corsa contro il tempo, nel quale recitano Amitabh Bachchan nel ruolo di Takashi Shimura mentre Akshay Kumar impersonava suo figlio.
- Kazuo Ishiguro sognava da molti anni di fare un remake di Vivere (Ikiru) in inglese con Bill Nighy. Una notte lui e sua moglie finirono per condividere un taxi con Nighy dopo una festa, e lui lanciò l’idea. Nighy non aveva mai visto Vivere, ma dopo averlo visto ha aderito con entusiasmo al progetto.
- Durante una sessione di domande e risposte all’AFI Film Festival del 2022, Bill Nighy ha confessato che, nonostante le numerose opportunità, non ha visto il film finito. Non gli piace guardarsi sullo schermo e non ha visto la maggior parte dei suoi film.
- Bill Nighy canta in questo film. L’attore ha cantato anche in “Love Actually” (2003).
- Gli scenografi si sono impegnati molto per far sembrare questo film come se fosse stato realizzato nell’era in cui era ambientato, evitando un montaggio rapido, ammorbidendo la tavolozza dei colori e utilizzando un font pertinente per i titoli di coda.
- I filmati vintage dei cinegiornali a colori degli anni ’50 sono stati ripuliti digitalmente per questo film per aggiungere autenticità alle riprese di Londra.
- La Lyons Corner Houses era una catena di esclusive sale da tè che, al suo apice, ne contava 250 solo a Londra, anche se la loro popolarità è diminuita dopo la seconda guerra mondiale a causa del cambiamento dei gusti, l’ultima ha chiuso nel 1977. È interessante notare che Lyons è stato direttamente responsabile dell’introduzione di computer mainframe elettronici programmabili nel Regno Unito dopo aver incaricato un team di ingegneri di costruirne uno per aiutare ad automatizzare parte dell’attività. Il risultato è stato un tale successo e ha guadagnato così tanta attenzione che Lyons ha avviato la propria divisione di produzione computer, chiamata LEO per produrre e vendere sistemi informatici aziendali commerciali. I computer con il marchio LEO erano ancora in uso fino all’inizio degli anni ’80, sebbene l’azienda fosse scomparsa molto prima di allora, diventando infine ICL.
La genesi del film
LIVING è nato in maniera del tutto casuale . Una sera, Kazuo Ishiguro e il produttore Stephen Woolley stavano cenando insieme e Bill Nighy li ha raggiunti per bere qualcosa. “Sono due maniaci del cinema,” dice ridendo Nighy pensando a quella sera. “Hanno passato la serata sfidarsi a chi conosceva più registi, attori, produttori o scenografi del cinema in bianco e nero tra il 1930 e il 1957. Ad un certo punto, a fine serata, ho visto Ishiguro e sua moglie parlottare tra di loro e dopo tanto confabulare mi hanno detto: “Abbiamo deciso quale sarà il tuo prossimo film”, e io ho risposto: “Beh, quando siete comodi, piacerebbe saperlo anche a me.” Woolley ricorda che qualche giorno dopo quella famosa cena Ishiguro lo chiamò per dirgli che Nighy avrebbe interpretato un rifacimento – ambientato a Londra – di Ikiru, il film diretto da Akira Kurosawa nel 1952. Woolley ricordava di aver amato il film ma erano passati diversi anni da allora e solo dopo averlo rivisto capì il senso delle parole di Ishiguro. “Erano anni che pensavo ad un rifacimento inglese di questo classico del cinema giapponese, un film che ho sempre amato” racconta Ishiguro. “Credo di averlo visto la prima volta da ragazzo alla televisione inglese e ricordo che ebbe un impatto enorme su di me, non solo per le mie origini giapponesi ma anche perché, senza che me ne sia reso conto, ha profondamente influenzato la mia vita per la forza del messaggio che trasmetteva.” Ishiguro pensava da anni che la storia raccontata in Ikuro avrebbe funzionato benissimo anche in Gran Bretagna. E anche se il film giapponese aveva raccontato la storia dal punto di vista degli sconfitti della Seconda Guerra Mondiale, la parte relativa alla ricostruzione e alla rinascita era la stessa anche per i vincitori per non parlare dei numerosi parallelismi tra il senso di grandezza imperiale dei due paesi, il loro stoicismo e la difficoltà a manifestare le proprie emozioni. E durante quella famosa cena, è come se tutti i pezzi si fossero incastrati alla perfezione. “Ishiguro aveva pensato subito a Bill per il ruolo del protagonista,” racconta Woolley, “soprattutto per la sua innata empatia. Se c’è un sentimento che accomuna i Giapponesi e gli Inglesi, cosa sulla quale credo che Ishiguro sia d’accordo con me, è che entrambi i popoli sono dotati dello stesso stoico autocontrollo. La società giapponese e quella britannica sono fondate sul controllo delle emozioni. E credo che sia per questo motivo che Ishiguro ha giustamente pensato a Bill per il ruolo di Williams. E’ stato a quel punto che ho proposto a Ishiguro di scrivere la sceneggiatura ma lui mi ha detto che come sceneggiatore non valeva granché.” “Gli consigliai di assumere un vero sceneggiatore, uno bravo anche perché all’epoca stavo scrivendo un romanzo” ricorda Ishiguro. Ma alla fine – e per fortuna – Woolley è riuscito a convincere il vincitore del Nobel e del Booker Prize; la sua presenza è stata più che preziosa per assicurarsi i diritti sul film di Kurosawa, poiché gli aventi diritto hanno reagito in maniera molto positiva quando hanno saputo che Ishiguro era coinvolto nella realizzazione del film. “L’idea di mettere insieme Kurosawa e Ishiguro gli è sembrata un’occasione da non perdere,” commenta Woolley – soprattutto quando si sono convinti, dopo un numero imprecisato di biglietti scritti a mano e una video-chiamata, che si trattava veramente di lui.” Una volta cominciato il lavoro di adattamento, invece di sentirsi intimidito davanti alla grandezza dell’originale, Ishiguro si è trovato stranamente a suo agio. “Il lavoro difficile e pesante era già stato fatto. A quel punto, si trattava solo di fare una specie di traduzione,” racconta scherzando. Il suo approccio alla riscrittura è stato alquanto audace: ha rivisto il film di Kurosawa una sola volta, e poi lo ha lasciato da parte mettendo nella sceneggiatura i suoi ricordi di studente pendolare nella Londra degli anni 60, quando sul treno osservava quegli uomini adulti vestiti tutti uguali che andavano a lavorare a Londra ogni mattina, e che gli sono serviti da ispirazione per la scena iniziale del film. Inoltre, per completare l’opera ha attinto a piene mani alla sua passione per la cultura britannica del periodo pre e post bellico. Una volta completata la prima stesura, era arrivato il momento di mettere insieme una squadra all’altezza del compito, e soprattutto di trovare un regista.
Il senso di Living
Il regista Oliver Hermanus ritiene che la storia affronti dei temi universali. “Per me questo film parla del potere che ha la morte di spingerti verso la vita. Racconta di come un uomo, nel momento in cui scopre di avere poco tempo da vivere, senta un’incredibile pressione che lo spinge verso la vita. Ho sempre pensato che fosse una storia importante da raccontare soprattutto oggi che viviamo in una sorta di distrazione perenne, sempre attaccati al cellulare, pensando a quello che faremo dopo. È interessante ogni tanto fare un passo indietro e chiedersi cosa significhi vivere realmente il presente, vivere la nostra vita appieno.” Nighy è d’accordo. “Il film parla di come affrontiamo la morte e di come dobbiamo sfruttare
al meglio il tempo che ci è concesso. Ci dà la possibilità di vedere cosa farebbe una persona come tante, che vive una vita piuttosto limitata, quando si trova faccia a faccia con l’idea dell’estinzione. Parlando in linea molto generale, il mio personaggio scopre che in fondo ciò che dà un senso alla nostra vita è fare qualcosa per qualcun altro.” “Ho la sensazione che le grandi storie come questa confondano e complichino un po’ la vita perché non esiste una ricetta unica per tutti.” osserva Burke. “Ma c’è una cosa che dice Sutherland quando siamo al parco divertimenti e cerchiamo di tirare fuori un coniglietto di peluche da una scatola di vetro con una specie di pinza: ‘Sempre lo stesso coniglio”. Una frase
che Bill ripeterà più tardi. E quel coniglio rappresenta quello che tutti vorremmo ma che non riusciamo mai ad avere. È la sensazione di un qualcosa che cerchiamo per tutta la vita ma che continua a sfuggirci; qualcosa di magico, che ha un senso e sulla quale non riesci mai a mettere le mani. E credo che sia di questo che il film parla veramente, anche se non ha la pretesa di rispondere a questa domanda.” Aimee Lou Wood vede il film come un invito all’empatia. “Spero che il pubblico uscendo dalla sala si guardi intorno e capisca che ognuno di noi è interessante a modo suo. Ognuno di noi ha una storia da raccontare. Spero che le persone uscendo dal cinema pensino ‘La prossima volta che vado al bar a prendere un caffé farò due chiacchiere con la persona che mi troverò accanto, oppure ‘ parlerò con la persona dietro di me in coda alla posta. Basta chiedere a qualcuno come si sente ad ascoltare la sua risposta.” Per Ishiguro, si tratta di trovare la maniera per capire in che modo la nostra vita ha un effetto sul mondo che ci circonda senza preoccuparci di quello che gli altri pensano di noi ma considerando quello che facciamo e pensiamo nel nostro privato. “La cosa che ho apprezzato di più di Ikuro è che in pratica ci dice che ognuno di noi deve essere fiero e grato a se stesso per quello che fa, che dobbiamo gioire di tutti i nostri trionfi, piccoli o grandi che siano. E non parliamo di gesta eroiche o di grandi imprese ma delle piccole cose che ci fanno stare bene, indipendentemente da quello che pensano gli altri. Ognuno di noi eccelle in qualcosa e dobbiamo esserne fieri.
Ikiru – Il film originale
Vivere / Ikiru del 1952 è diretto da Akira Kurosawa e scritto dallo stesso Kurosawa con Shinobu Hashimoto e Hideo Oguni. Il film segue un burocrate (il Takashi Shimura de I sette samurai) che cerca di trovare un senso alla propria vita dopo aver scoperto di essere affetto da un cancro terminale. La sceneggiatura è stata in parte ispirata dal romanzo di Leo Tolstoy del 1886 “La morte di Ivan Ilyich”.
- Hideo Oguni, uno dei tre scrittori principali, originariamente immaginava il personaggio di Takashi Shimura come uno yakuza (gangster) anziché un burocrate del governo.
- Si dice che questo sia il film preferito di Steven Spielberg.
- Al Festival Internazionale del Cinema di Berlino nel 1954, il film ha ricevuto l’Orso d’argento.
- Questo film ha una valutazione del 100% su Rotten Tomatoes.
- In The Fountain di Darren Aronofsky, il personaggio di Hugh Jackman viene visto uscire da un ospedale in totale silenzio, per trasmettere lo shock della scena precedente, finché non nota finalmente le immagini e i suoni della strada trafficata. La scena è molto simile all’esperienza di Kanji quando lascia lo studio del medico dopo la diagnosi.
Living – La colonna sonora
- Le musiche originali del film sono del compositrice Emilie Levienaise-Farrouch (Censor, La battaglia dimenticata, Rocks, Only You).
- La colonna sonora include il brano “The Rowan Tree” di Lisa Knapp.
1. County Hall (1:41)
2. Memories (2:14)
3. Tent (2:23)
4. Williams and Margaret (1:35)
5. You Have to Speak to Him (2:03)
6. When the Time Comes (5:24)
7. Changed (7:53)
8. Peter in the Eastend (2:04)
9. The Rowan Tree – Lisa Knapp (2:49)