Venezia 2015, Un monstruo de mil cabezas: recensione in anteprima
Se non il Festival, è comunque un messicano ad aprire Orizzonti. Stavolta tocca a Rodrigo Plá col suo spietato dramma sociale Un monstruo de mil cabezas
«Salve, sono Sonia Bonet. Cerco il dottor Villalba». L’inefficienza della macchina burocratica tritura-persone, frustrante, autocefala. Rodrigo Plá non si limita però a puntare il dito verso un’entità autonoma a sé stante, sfuggente, priva di un volto. Il suo dramma sociale, Un monstruo de mil cabezas, contrappone la rabbia e la disperazione di una donna all’alienazione di chi lavora dietro le compagnie d’assicurazione.
Una in particolare, ovvero quella che, per mero calcolo, ha estromesso il marito da una cura che stava dando i suoi frutti. La donna non ci sta e sa che manifestare il proprio disappunto non sortirà alcun effetto; non nell’immediato soprattutto, dopo l’ennesima crisi che ha compromesso ulteriormente la salute del marito. Ed allora non resta che prendersela l’attenzione, imponendola malgrado tutto e tutti.
Guardando Un monstruo de mil cabezas viene da pensare che quella storia si svolge in Messico, sì, ma potrebbe tranquillamente essere ambientata dietro il portone di casa nostra. Lasciando a chi compete l’onere di soffermarsi su tematiche come malasanità e affini, ci pare che prendere di mira le assicurazioni non sia forse l’obiettivo principale del film. Non a caso sentiamo vicina questa vicenda, malgrado da noi il sistema sanitario funzioni diversamente e le beghe assicurative non si pongano negli stessi termini. Plá getta luce sull’alienazione imperante, l’intorpidimento che non riguarda delle mere dinamiche sociali, ma più in profondità si colloca a livello delle relazioni.
Vanno osservati i vari passaggi: la donna alla reception che vomita la risposta standard allorché le viene chiesto che fine abbia fatto il dottore, per esempio, indice di non soltanto di un deficit empatico ma di un vero e distaccamento dalla realtà, in cui s’impara ad avere a che fare con le persone in modo livellato, quasi dall’altra parte si avesse a che fare sempre con lo stesso manichino. Non stiamo alzando troppo l’asticella; Un monstruo de mil cabezas di questo parla, ed ogni “ostaggio” di Sonia, moglie e madre, non fa che confermare tale mancanza. Sonia è infatti un personaggio fondamentale, l’anomalia di un sistema totalmente alla deriva; tuttavia non un’anomalia tradizionale, già vista. Non così almeno.
Il film rivive attraverso le varie testimonianze nel corso del processo a carico di Sonia, anche se solo alla fine veniamo catapultati in aula, dopo che le varie fasi del processo “compaiono” in forma extradiegetica mediante voice over. Per tutto il film la scena si focalizza sugli eventi accaduti in quella lunga giornata, durante la quale questa donna vuole ostinatamente ottenere una cosa ed una soltanto, costi quel che costi. Un modello in fin dei conti simile a quello di Quel pomeriggio di un giorno da cani di Sidney Lumet; i due protagonisti, John Cazale (Al Pacino) da una parte, Sonia dall’altra, sono difatti in qualche modo sovrapponibili. Persone ordinarie, né folli né tantomeno criminali, bensì esasperate all’inverosimile da un contesto da cui si sentono oppressi. Umani, anche quando appaiono goffi, grotteschi e sopra le righe, il loro dolore viene sublimato proprio dalle loro azioni, estreme ma catalizzatrici come non mai.
Lo stesso finale non fa che acuire tale sensazione, quando si allude ironicamente, di quell’humor nero, ad una rapina in banca. Ma poi ci sono i titoli di coda, parte decisamente integrante del discorso di Plá, il quale, pur non rifuggendo dallo schematismo di fondo che contrassegna tutto il film, si concede dell’ulteriore sarcasmo lasciandoci ascoltare la telecronaca di una partita. L’ordinaria quiete dopo l’estemporanea tempesta che non lascerà strascico alcuno se non nell’orticello di una sola casa; gli altri tornino a godersi il bel tempo ed occuparsi dell’abbronzatura.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
Un monstruo de mil cabezas (Messico, 2015) di Rodrigo Plà. Con Jana Raluy, Emilio Echevarria, Sebastián Aguirre, Hugo Albores, Daniel Giménez Cacho, Marco Antonio Aguirre, Harold Torres, Noé Hernández, Marisol Centeno, Úrsula Pruneda ed Ivan Cortes.