Stasera in tv: “I Miserabili” di Ladj Ly premiato a Cannes su Rai 4
Rai 4 stasera propone “I miserabili”, dramma francese del 2020 di Ladj Ly con Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly, Steve Tientcheu, Almamy Kanouté, Nizar Ben Fatma e Jeanne Balibar.
I miserabili, su Rai 4 il dramma francese del regista esordiente Ladj Ly ispirato alle sommosse di Parigi del 2005. Il film ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes ed è stato candidato agli Oscar come miglior film internazionale.
I miserabili – Cast e doppiatori
Damien Bonnard: Stéphane Ruiz
Alexis Manenti: Chris
Djibril Zonga: Gwada
Issa Perica: Issa
Al-Hassan Ly: Buzz
Steve Tientcheu: il sindaco
Almamy Kanouté: Salah
Nizar Ben Fatma: lo spilorcio
Raymond Lopez: Zorro
Luciano Lopez: Luciano
Jaihson Lopez: Jaihson
Jeanne Balibar: la commissaria
Doppiatori italiani
Edoardo Stoppacciaro: Stéphane Ruiz
Simone D’Andrea: Chris
Andrea Mete: Gwada
Gabriele Meoni: Issa
Simone Mori: il sindaco
Gianfranco Miranda: Salah
Christian Iansante: lo spilorcio
Paolo Marchese: Zorro
Laura Boccanera: la commissaria
Simone Crisari: Macha
I miserabili – Trama e trailer
Stéphane (Damien Bonnard) è recentemente entrato a far parte della squadra anticrimine a Montfermeil, nella periferia di Parigi, in Francia, dove Victor Hugo ha ambientato il suo famoso romanzo “I miserabili”. Insieme ai suoi nuovi colleghi Chris (Alexis Manenti) e Gwada (Djebril Zonga) – entrambi membri esperti della squadra – scopre rapidamente che le tensioni tra le bande locali sono alte. Quando il trio si ritrova sopraffatto nel corso di un arresto, un drone cattura l’incontro, minacciando di esporre la realtà della vita quotidiana. Un affresco sincero e autentico delle periferie parigine e dei miserabili del nuovo millennio, un thriller dal ritmo avvincente e adrenalinico, che non si abbandona a facili condanne e non cade nelle trappole della faziosità o del vittimismo, dove il confine tra bene e male si fa assolutamente labile, mentre tutti i personaggi diventano vittime alla ricerca di un personale riscatto o, più semplicemente, di sopravvivenza. Perché, proprio come affermava Victor Hugo nel suo celebre romanzo, “non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”.
Curiosità sul film
- Ispirato alle sommosse di Parigi del 2005 il film è basato sul cortometraggio “Les Misérables” che il regista Ladj Ly ha diretto nel 2017.
- Il lungometraggio “I miserabili” di Ladj Ly ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes, il Premio Miglior Rivelazione agli European Film Awards, è stato candidato al Premio Oscar come Miglior internazionale e ha trionfato ai César ottenendo numerosi riconoscimenti tra cui Miglior Film dell’anno.
- Il duo Pink Noise (costituiti da Marco Casanova e Kim Chapiron) hanno firmato la musica del film.
Intervista con il regista
“I miserabili” è il tuo primo lungometraggio, ma lavori nel cinema da circa 15 anni. Come hai iniziato?
Quando avevo otto o nove anni, ero amico di Kim Chapiron (sceneggiatore e regista francese). Durante le vacanze veniva al club di attività di Montfermeil, è così che ci siamo conosciuti. All’età di 15 anni, ha creato un collettivo chiamato Kourtrajmé, con i registi Romain Gavras e Toumani Sangaré. Avevo 17 anni all’epoca, ed erano gli albori del digitale, ho comprato la mia prima macchina fotografica e da allora non ho mai smesso di scattare. Ho filmato tutto. Abbiamo imparato tutto mentre andavamo avanti. Eravamo giovani e pazzi. Oggi forse siamo un po’ meno folli, ma bisogna sempre conservare un po’ di follia. Non vogliamo essere rinchiusi in una scatola, come purtroppo a volte accade nel mondo del cinema.
Hai realizzato documentari web che hanno attirato molta attenzione, come 365 Days in Clichy-Montfermeil e 365 Days in Mali. Puoi descrivere queste esperienze?
Ho subito gravitato nell’mabito dei documentari, con “365 giorni a Clichy-Montfermeil”, girato durante le rivolte del 2005. I disordini sono scoppiati, proprio in fondo al mio palazzo, e siccome filmavo sempre, ho avuto circa 100 ore di puntate. Ho ricevuto offerte dai media per acquistare le mie immagini perché erano le uniche con il punto di vista di un insider. Tuttavia, ho deciso di non vendere nulla e di realizzare il mio film. Tutti i nostri film del collettivo Kourtrajmé erano disponibili gratuitamente su Internet: abbiamo iniziato a farlo prima di YouTube o Dailymotion. Alcuni anni dopo ho realizzato “365 Days in Mali” basato sugli stessi principi. I giornali dicevano che il Mali era diventato il posto più pericoloso della terra a causa di Al Qaïda e del cosiddetto Stato islamico, invece io conoscevo bene il Paese e proprio non si adattava all’immagine veicolata dai media. Ho deciso di andare lì e ho iniziato a filmare a casaccio. Sono tornato a casa e l’ho proposto alle emittenti, ma nessuno di loro era disposto a mostrarlo così com’era, quindi l’ho messo su Internet.
Sembra che tutto accada sullo sfondo di disoccupazione e povertà: la radice di tutti i problemi?
Quando si hanno i soldi, è facile vivere con gli altri, quando si vive in miseria, è più complicato: bisogna ricorrere a compromessi, arrangiamenti, piccoli traffici… è una questione di sopravvivenza. Anche i poliziotti sono in modalità di sopravvivenza, anche loro vivono la miseria. I Miserabili non è né «pro-delinquenti» né «pro-sbirri». Ho cercato di essere più giusto possibile. La prima volta che mi hanno fatto un controllo, avevo 10 anni, per dire quanto conosco bene la polizia: ci ho vissuto fianco a fianco, ho subito un numero incalcolabile di fermi e di provocazioni. Mi sono reso conto che potevo permettermi di calarmi nei panni di uno sbirro e di raccontare un pezzo di film dal loro punto di vista. La maggior parte di questi poliziotti non ha fatto gli studi, vive anch’essa in condizioni difficili, con stipendi da fame e negli stessi nostri quartieri. Stanno più spesso di noi nelle periferie perché noi ci muoviamo, ci spostiamo in città, mentre loro lavorano tutto il giorno nel quartiere, girando in tondo, rompendosi le palle. Per avere un po’ di azione, decidono di fare dei controlli di identità ed è un circolo vizioso. Conoscono a memoria gli abitanti, la vita che fanno, le loro abitudini, eppure li vessano tutti i giorni facendo i controlli. È inevitabile che certi giorni scoppi la scintilla.
Potremmo definire “I miserabili” un film umanista, politico, nel senso che non giudichi gli individui ma denunci implicitamente un sistema in cui tutti finiscono per essere vittime, residenti e poliziotti allo stesso modo?
È esattamente così, e la responsabilità ricade sui politici. Si potrebbe quasi dire che le cose stanno andando di male in peggio. Nonostante tutto, abbiamo tutti imparato a convivere in questi quartieri, con 30 nazionalità diverse che vivono fianco a fianco. La vita nelle periferie è lontana anni luce da quello che ti mostrano i media. Come potrebbero mai i politici essere in grado di portare a risolvere i nostri problemi quando in realtà non ci conoscono o come viviamo?
Parliamo degli attori. Da dove viene Djebril Zonga (Gwada)?
È un amico di Clichy-sous-Bois. Aveva una carriera come modello e non sapevo fosse un attore. Stavo lottando per trovare un ragazzo di colore – non ci sono molti attori neri, a parte Omar Sy o Jacky Ido, puoi contarli sulle dita di una mano. Quando ha scoperto che stavo facendo un casting, mi ha chiamato. Non solo non sapevo che fosse un attore, ma è anche bello, e cercavo più qualcuno con un brutto muso, per interpretare il poliziotto del BAC. Tuttavia, gli ho fatto fare alcuni test senza troppe aspettative, e poi, wow!
E Alexis Manenti, che interpreta il cattivo poliziotto razzista, Chris?
Lo conosco da molto tempo: fa parte della banda Kourtrajmé. È vero che il suo ruolo non è facile. Il suo personaggio è un vero stronzo, ma ha ancora un po’ di umanità, che cerchiamo anche di mostrare. È davvero bravo in questa parte e, nonostante il suo lato odioso, il pubblico si affeziona ancora a lui.
Damien Bonnard è il più conosciuto e interpreta impeccabilmente Stéphane, il novellino che sbarca in un nuovo mondo…
Non lo conoscevo per niente. Alexis aveva lavorato con lui in passato e mi aveva consigliato di incontrarlo. Ci siamo dati appuntamento e mi è sembrato arrivare da un altro pianeta, come nel film. Era la prima volta che veniva in periferia ed era sotto shock! E questo lo si percepisce nelle immagini, è molto giusto e toccante. Con lui avevo i miei tre poliziotti. Poi, ho scelto Steve che interpreta Il Sindaco durante le audizioni. Ha già interpretato diversi film. Gli altri li ho trovati e reclutati per la strada.
E Jeanne Balibar, totalmente sorprendente nei panni del commissario e inaspettata nel suo film?
Stava girando il suo film a Montfermeil, non la conoscevo, mi ha contattato la sua produzione perché aveva bisogno di una mano e siamo diventati amici. Le ho proposto il ruolo e lei è stata al gioco. È stato un bell’incontro. È vero che è una sorpresa nel film, non ci si aspetta di trovarla lì.
Julien Poupard è il direttore della fotografia. Come avete lavorato insieme?
Ha capito subito il mio mondo, il modo in cui volevo filmare. Sono sempre stato l’operatore della macchina da presa in tutti i miei film precedenti e all’inizio ero un po’ frustrato. Ma Julien è così bravo, e ha capito assolutamente tutto, tanto che era come se stessi filmando io! Quello che ha fatto Julien è magnifico. Non è solo talentuoso, è umile, adorabile – davvero un bellissimo incontro.
Il titolo fa riferimento a Victor Hugo, e il film inizia con le bandiere francesi durante la notte dopo la vittoria della Coppa del Mondo. Volevi fare un film non solo sulle periferie, ma anche sulla Francia?
Sono francese. A volte ci è stato detto che forse non eravamo francesi, ma ci siamo sempre sentiti francesi. Sono un po’ più grande dei personaggi del film e il 12 luglio 1998 mi ha segnato per la vita. Lo ricordo ancora oggi: avevo 18 anni ed è stato magico! Il calcio è riuscito a unirci: niente più colore della pelle, niente più classi sociali, eravamo semplicemente francesi. Lo abbiamo sentito di nuovo durante l’ultimo Mondiale, come se solo il calcio avesse il potere di unirci. È un peccato che non ci siano altri legami tra le persone, ma allo stesso tempo sono momenti incredibili da vivere e da filmare. Il film parte da questo, per poi tornare alla realtà più desolante della vita quotidiana, dove ogni persona vive la propria vita in base al colore della pelle, alla religione, alla classe sociale.
Ladj Ly – Note biografiche
Il regista Ladj Ly è originario di Montfermeil (Seine-Saint-Denis), meglio conosciuto per i suoi documentari web che attirano l’attenzione descrivendo la realtà della vita sociale e politica. Ha iniziato la sua carriera come attore e membro di Kourtrajmé, un collettivo creato nel 1995 dai suoi amici d’infanzia, i registi Kim Chapiron e Romain Gavras.
Ly ha diretto il suo primo cortometraggio, Montfermeil Les Bosquets nel 1997. Nel 2004, ha co-sceneggiato il documentario 28 Millimeters con il famoso fotografo JR, meglio conosciuto per le sue fotografie di strada di grande formato pubblicate sui muri di Clichy, Montfermeil e Parigi.
Dopo le rivolte di Parigi del 2005, Ladj è stato colpito dalla morte di due giovani, Zyed Benna e Bouna Traoré, che si nascondevano in una sottostazione di grande tensione a Clichy-sous-Bois, e ha deciso di filmare il suo quartiere per un anno, realizzando un documentario intitolato 365 Days in Clichy-Montfermeil (2007).
Ly ha poi continuato il suo lavoro sui documentari e nel 2014 ha diretto 365 Days In Mali, che ha messo in luce una regione in subbuglio dove milizie e Tuareg si stavano preparando alla guerra. Nel 2016, Ladj ha diretto Marakani in Mali, uno spot per la ONG di solidarietà internazionale Max Havelaar France.
Nel 2017 ha diretto il suo primo cortometraggio, Les Misérables,, candidato al César nel 2018 e vincitore del Clermont-Ferrand Short Film Festival. Nello stesso anno, lui e il regista/sceneggiatore Stéphane de Freitas hanno co-diretto il documentario A Voix Haute, anch’esso candidato al premio César. “I Miserabili” è il primo lungometraggio di Ly, ispirato al suo cortometraggio originale.