Passages: nuova clip in italiano del film con Franz Rogowski e Ben Whishaw (Al cinema dal 17 agosto)
Tutto quello che c’è da sapere su “Passages”, il nuovo film di Ira Sachs con Ben Whishaw, Franz Rogowski e Adèle Exarchopoulos – Al cinema dal 17 agosto 2023 con lucky Red.
Dal 17 agosto nei cinema con MUBI e Lucky Red il nuovo film di Ira Sachs, Passages, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival e presentato al Festival di Berlino. Ambientato nella Parigi contemporanea, “Passages” descrive una continua lotta di desiderio tra tre persone, dove la felicità è appena fuori portata. Con una fotografia raffinata e interpretazioni oneste e ricche di sfumature, Sachs ha creato un dramma intimo che esplora le complessità, le contraddizioni e le crudeltà dell’amore e del desiderio.
Passages – Trama e cast
La trama ufficiale: Dopo aver completato il suo ultimo progetto, il regista Tomas (Franz Rogowski) inizia in maniera impulsiva un’intensa relazione con una giovane insegnante, Agathe (Adèle Exarchopoulos). Per Tomas, la novità di stare con una donna è un’esperienza eccitante che desidera approfondire, nonostante il suo matrimonio con Martin (Ben Whishaw). Quando anche Martin inizierà ad avere una relazione extraconiugale, il lunatico Tomas torna a rivolgere le sue attenzioni verso il marito.
Ad affiancare Ben Whishaw (Skyfall, Paddington, Women Talking – Il diritto di scegliere), Franz Rogowski (Great Freedom, La donna dello scrittore, Victoria) e la vincitrice della Palma d’oro a Cannes Adèle Exarchopoulos (La vita di Adele, The Five Devils) un cast che include anche Erwan Kepoa Falé, Arcadi Radeff, Léa Boublil, Théo Cholbi, William Nadylam, Tony Daoud, Sarah Lisbonis, Anton Salachas e Thibaut Carterot.
Passages – Trailer e video
Trailer italiano ufficiale pubblicato il 3 agosto 2023
Clip e spot tv in italiano ufficiale pubblicati il 10 agosto 2023
Nuovo spot tv in italiano ufficiale pubblicato il 14 agosto 2023
Nuova clip ufficiale in italiano pubblicato il 15 agosto 2023
Curiosità sul film
- Il film diretto da Ira Sachs (Frankie, I toni dell’amore – Love is Strange, Keep the lights on) è scritto da Ira Sachs e Mauricio Zacharias (Frankie, I toni dell’amore – Love is Strange, Keep the lights on) con dialoghi addizionali di Arlette Langmann (Innocenza selvaggia, La gelosia, Il sale della lacrime).
- “Passages” è prodotto da Saïd Ben Saïd (Elle, Bacurau) e Michel Merkt (Vi presento Toni Erdmann).
- Nel film si può ascoltare il brano “Won’t You Buy My Sweet Blooming Lavender” nella versioni di Janet Penfold e cantata dall’attore Franz Rogowski.
Ira Sachs – Note biografiche
Ira Sachs è nato nel 1965 a Memphis, nel Tennessee. La sua filmografia comprende Frankie, Little Men (Grand Prix, Deauville American Film Festival 2016), I toni dell’amore – Love is strange, Keep the Lights On (Teddy Award, Berlinale 2012), Forty Shades of Blue (Grand Jury Dramatic Prize, Sundance 2005) e il suo primo lungometraggio The Delta. Vincitore della Guggenheim Fellowship nel 2013, Sachs è anche direttore e fondatore di Queer|Art, un’associazione che sostiene gli artisti LGBTQ+ nei campi del cinema, delle performance dal vivo, della letteratura e delle arti visive. Oggi Sachs vive a Quito, in Ecuador, con suo marito, il pittore Boris Torres, i loro due figli, Viva e Felix, e le madri dei loro figli Tabitha Jackson e Kirsten Johnson.
Intervista con il regista
Dopo “Frankie£, e prima di Brooklyn Village, Love is strange e Keep the Lights on, ritrovi il tuo sceneggiatore Mauricio Zacharias per una quinta collaborazione: puoi parlarci di questa su “Passages”, e della genesi del film?
“Passages” è nato dopo un periodo in cui mi chiedevo come sarebbe stato il futuro del cinema e in cui ho capito che volevo fare un film che tornasse a ciò che amavo di più appassionatamente e intimamente nei film. E così ho realizzato questo film per me stesso e per un pubblico che condividesse con me questo interesse per l’intimità e questi film che mostrano come sono le vite delle persone in un dato momento. Quindi è prima di tutto un film sul momento. Ed è un film sulla transizione. Ho provato a fare un film in cui in ogni scena non sei mai certo di cosa accadrà dopo, dove tutto è possibile. C’è un livello di suspense che riflette la mia esperienza di vita in quel momento. E poi, stavo anche uscendo da un periodo della storia americana in cui mi sentivo dominato da un politico potente e questo film è stato, in un certo senso, una reazione a questa sensazione di perdita di potere, un film in cui ho cercato di riflettere su cosa significa avere potere, che anche le persone che hanno potere hanno vulnerabilità e debolezze. E infine, io e Mauricio volevamo raccontare una storia d’amore, che non facevamo da molto tempo, qualcosa che conta per noi. E volevamo fare un film con questi tre attori. Questo film è una finzione su persone reali, interpretate da persone reali.
Troviamo in “Passages” alcuni dei tuoi temi preferiti come l’intimità, lo spazio, il costo delle cose, in questo caso durante una separazione. Ma abbiamo anche l’impressione che tu stia tornando questa volta ai tuoi primi film come “The Delta” o “40 Shades of Blue” con questo triangolo amoroso, questo equilibrio tra un cinema di osservazione e dei sensi e qualcosa di più narrativo.
In effetti sono tornato nella mia mente al modo in cui facevo i film nei miei primi giorni, fiducioso che la narrazione sarebbe emersa dall’osservazione. Come ti dicevo, ogni scena è un’azione, un evento. Ho cercato di creare una sorta di cinema del momento. Mi sono divertito in questa strategia e, allo stesso tempo, il modo in cui esercito la mia arte è, credo, più nitido rispetto a trent’anni fa e quindi mi sono sentito libero: sapevo cosa stavo facendo. E penso che sia qualcosa che viene con l’età e l’esperienza.
Come hai scelto Franz Rogowski e come hai lavorato con lui attorno al personaggio di Tomas?
Ho pensato a James Cagney, come attore, alla sua presenza, uno che non aveva paura di essere cattivo, di comportarsi male, e ne abbiamo parlato tanto con Franz. E’ divertente anche guardare un antieroe. Cagney era in un certo senso la mia garanzia nei confronti di Franz, che non doveva preoccuparsi di comportarsi bene, che mi sarei assicurato che il risultato fosse piacevole. Franz, l’ho visto in Happy End di Michael Haneke e soprattutto nella scena del karaoke. È una scena piena di vita, pericolo, bellezza, molto fisica. Franz è un animale. E recita come un animale. È un attore puramente fisico, interessato alla coreografia. In questo modo, è un puro essere del cinema.
Il personaggio interpretato da Adèle Exarchopoulos rischia di sparire all’interno del triangolo, cosa che era già accaduto, tra schermo e fuori campo, in “Generazione Low Cost”. E’ sia assente che molto presente nel film, vettore di intimità, come quando canta Le Temps des Cerises, iconica. Puoi parlarci di lei?
Ho adorato Generazione Low Cost! Ho scoperto Adèle in Sibyl – Labirinti di donna e la sua presenza mi ha subito fatto sentire legato a lei. È un talento e un’attrice straordinari. Non ha mai un brutto momento perché è sempre se stessa. Mi ricorda tanto Jeanne Moreau quanto Bardot, che non è solo un corpo sullo schermo, ha una profondità, una presenza nella storia. E penso che anche Adele abbia quella presenza, porta un conflitto sullo schermo.
E Ben Whishaw?
Beh, per me, è qui prima di tutto grazie a “Io non sono qui” di Todd Haynes. Dopo i quindici minuti in cui tutti hanno interpretato Dylan, ho pensato tra me e me che volevo un intero film con ognuno di loro. Ben ha un mistero, una complessità che arriva durante le riprese, in modo del tutto inaspettato. Non è uno che cerca la comprensione del personaggio in modo verbale, tutto è interiore. Senza essere accademico, la sua maestria è di altissimo livello.
Dopo “Passages”, tornerai negli Stati Uniti per girare il stuo prossimo film? Cosa ne pensi delle condizioni di produzione lì al momento rispetto alle tue esperienze qui?
Durante la pandemia, pensavo fosse tutto finito. C’erano così tante morti ovunque, nelle nostre teste e nelle nostre vite, che pensavo che il cinema che amavo fosse morto. Ci penso meno adesso, c’è una rinascita, una primavera, più possibilità. Ma in questo momento e a questo livello, sono personalmente estremamente grato a Saïd Ben Saïd per avermi dato una nuova possibilità e per aver rifatto un film con me, per la sua continua passione per un cinema che tutti amiamo e che vogliamo continuare a vedere. Per un regista americano, qualcuno che vuole partire per un’avventura con te e correre un rischio finanziario, è qualcosa di diverso. Attualmente sto lavorando ad un film sugli ultimi mesi del musicista Arthur Russell, che si svolge a New York, contemporaneamente ad un cortometraggio sul fotografo Peter Hujar, anch’esso ambientato a New York. Dopo, se li girerò a New York o no, questa è un’altra questione…