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Stasera in tv. “Come un gatto in tangenziale 2 – Ritorno a Coccia di Morto” su Canale 5

Canale 5 stasera propone “Come un gatto in tangenziale 2 – Ritorno a Coccia di Morto”, commedia del 2021 di Riccardo Milani con Antonio Albanese, Paola Cortellesi, Luca Argentero e Claudio Amendola.

10 Ottobre 2023 10:27

Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto, su Canale 5 il sequel della commedia campione d’incassi del 2017 che vede Paola Cortellesi e Antonio Albanese ancora protagonisti e il ritorno di Riccardo Milani alla regia.

Come un gatto in tangenziale 2 – Cast e personaggi

Paola Cortellesi: Monica
Antonio Albanese: Giovanni
Luca Argentero: don Davide
Luca Angeletti: Giulio
Mariano Rigillo: don Vincenzo
Sonia Bergamasco: Luce
Claudio Amendola: Sergio
Sarah Felberbaum: Camilla
Simone de Bianchi: Alessio
Alice Maselli: Agnese
Franca Leosini: se stessa
Valentina Giudicessa: Pamela
Alessandra Giudicessa: Sue Ellen
Beatrice Schiros: Suor Maria Catena
Angela Pagano: Suor Forchetta

Come un gatto in tangenziale 2 – Trama e trailer

Tre anni dopo. Mentre Alessio e Agnese (Antonio Albanese e Paola Cortellesi) si rincontrano in un pub di Londra, a Roma Monica finisce in carcere per colpa delle gemelle che nascondevano merce rubata nei fusti dell’olio di “Pizza e Samosa”, e chiama Giovanni (Antonio Albanese) in cerca di aiuto. Il nostro “pensatore”, ora legato alla giovane e rampante Camilla (Sarah Felberbaum), è impegnato in un progetto di recupero di uno spazio in periferia. Per far uscire Monica di prigione, Giovanni riesce a far commutare la detenzione con un lavoro nella parrocchia di San Basilio guidata da Don Davide (Luca Argentero), tanto bello quanto pio. È così che le vite di Monica e Giovanni si intrecciano nuovamente ma questa volta, pur con le solite differenze del caso e i mille guai in cui si cacceranno, tra i due sembra nascere una vera storia d’amore. Intenzionati a rivelare al mondo la loro relazione, organizzano un pranzo a Coccia di Morto con tutta la famiglia, compresi Sergio (Claudio Amendola), Luce (Sonia Bergamasco) e ovviamente i due ragazzi. Ma è proprio qui che succede l’impensabile…

Note di regia

Monica e Giovanni sono, e continuano ad essere, due anime dello stesso Paese. Il nostro. E sono per me il modo di raccontare, attraverso il filtro popolare della commedia, da una parte l’amarezza nel vedere il mio paese così spaccato, dall’altra il grande potenziale di condivisione e di senso della comunità che in esso vive e sopravvive, ed è lì pronto a esplodere anche più della rabbia sociale. Forse anche per questa consapevolezza c’è, forse ancora più forte, il desiderio di raccontare con affetto e partecipazione sia un fronte che l’altro. Torna in mente per Monica e Giovanni la lezione del primo film: ascoltare le ragioni dell’uno e le ragioni dell’altro. E oltre a questa, negli anni, forse un’altra lezione è arrivata a Monica e Giovanni, dal loro primo incontro: hanno imparato nel tempo a saper distinguere le cose giuste e quelle sbagliate non più a seconda di dove arrivino, ma per quello che sono oggettivamente: giuste o sbagliate- E anche se i motivi di scontro non mancano nemmeno stavolta, dalla cultura (la cultura che fa crescere le persone, i quartieri, le realtà di cui è composto il tessuto sociale profondo e reale del nostro Paese), al mondo cattolico (che sembra apparentemente lontano sia dall’una che dall’altro), quella tra Monica e Giovanni è una storia d’amore contrastata ma non più impossibile. Quella tra le due anime del Paese Italia. Un Paese sì, diviso, ma in cui può succedere che una storia come la loro possa durare magari un po’ più di un gatto in tangenziale. Entrambi percepiscono che c’è un Paese disponibile alla compattezza, alla condivisione di un problema mondiale. Un Paese che può, con la forza delle cose giuste, superare barriere che sembrano da molti decenni insormontabili. Così “gatto” torna in sala per ritrovare e parlare con il suo pubblico, fatto di persone molto diverse e distanti tra loro. Per ritrovare tanti Monica e Giovanni disposti a rivedersi sullo schermo e a divertirsi e a pensare all’altro con qualche pregiudizio in meno e la consapevolezza di appartenere alla stessa comunità per poter convivere più di un gatto in tangenziale…Stavolta, oltre a Bastogi, abbiamo volutamente coinvolto nelle riprese diverse periferie di questa città, a volte così diverse, a volte così tutte uguali, in cui aiutare a portare, anche se solo per un giorno, quella che dovrebbe essere una normale legalità. Ringrazio i produttori e i distributori che tanto hanno creduto nel film da scommetterci ancora e rilanciare. Ringrazio tutti gli attori, quelli del film precedente e quelli che sono entrati ora, da Luca Argentero, un sacerdote che non fa altro che il suo lavoro e proprio per questo viene ostacolato dai suoi stessi fedeli, a Sarah Felberbaum, la nuova compagna di Giovanni più aderente al suo mondo e ai suoi modelli di vita e forse proprio per questo così lontana e distante. Ringrazio gli sceneggiatori, Giulia, Paola e Furio, fondamentali nell’aiuto che mi hanno dato a passare dall’idea alla storia. E ringrazio la mia troupe. Stavolta più di altre. A noi il Covid 19 non ci ha divisi ma ci ha unito. Dovevamo stare bene e proteggere noi e le nostre famiglie sia dal pericolo del contagio che dal rischio della chiusura del set. Ne siamo usciti più forti. [Riccardo Milani]

Interviste a cast e regista

Il regista Riccardo Milani racconta come è nato questo secondo capitolo del “Gatto in tangenziale” e cosa si vuol raccontare in questo secondo film.

Con questo nuovo Gatto, che credo sia ancora più divertente e aspro del precedente, abbiamo cercato di continuare a raccontare la complessità di un’Italia che non sembra troppo diversa da quella da noi descritta tre anni fa nel primo film. E che, anzi, forse si spinge verso una spaccatura ancora più marcata. Come si ricorderà i Monica e Giovanni di Paola Cortellesi e Antonio Albanese, i nostri due protagonisti, una volta vinti pregiudizi e diffidenze reciproche avevano iniziato a conoscersi e a dialogare assorbendo ognuno dall’altro quanto aveva di positivo fino a capire di non poter fare a meno l’uno dell’altra. Credo che il cuore di questo film rimanga questo: il desiderio che le persone si ascoltino e la consapevolezza che esiste comunque una possibilità di coesione, vicinanza e persino di affetto anche tra chi è diviso da un muro sociale e culturale. In una società civile che possa definirsi tale penso sia sempre più decisiva la necessità di comunicare con gli altri e di essere aperti, ricettivi e inclusivi. Seguendo una mia spinta personale cerco sempre attraverso il mio lavoro di comunicare con qualcuno che la pensa diversamente da me: quando giro dei film lo faccio per raggiungere soprattutto questa gente. Sono convinto che persone distanti tra loro per estrazione, ambiente e mentalità possano trovare sempre punti di incontro. Come sono convinto che chi fa il mio mestiere possa e debba parlare a chi la pensa in maniera opposta alla propria: non mi interessa raggiungere quelli con cui sono già d’accordo. E’ una culla fin troppo comoda. E’ importante invece cercare e coltivare la “scomodità” di parlare a chi ha punti di vista differenti.

Paola Cortellesi parla di “Un gatto in tangenziale 2”, del linguaggio e del nuovo incontro tra i due protagonisti.

L’ambizione è stata quella di raccontare quello che sta accadendo a una parte della nostra società, qualcosa di vero e reale che attraversa il Paese. Il primo “Come un gatto in tangenziale” portava in scena l’incomprensione tra ceti sociali opposti, questo nuovo film lo abbiamo scritto durante il lockdown ed è il frutto di una nostra riflessione su come nei momenti di emergenza passino inevitabilmente in secondo piano argomenti fondamentali, come l’accesso ad una vita culturale attiva, a uno stimolo di crescita individuale e di autonomia di pensiero critico. Non abbiamo avuto subito l’idea di un sequel del film precedente ma avevamo pensato di dar vita ad una storia di ripartenza che mettesse in scena la necessità di occuparsi sia di progetti a lungo termine sia di urgenze non rinviabili, come nella nostra nuova storia accade al personaggio di don Davide interpretato da Luca Argentero. Durante la scrittura del copione abbiamo poi considerato che sarebbe stato più semplice raccontare quello che volevamo attraverso due personaggi che conoscevamo bene e costantemente in contrasto, come la Monica e il Giovanni di “Come un gatto in tangenziale”, con lo scetticismo di lei, disillusa e facile preda di un certo qualunquismo e il pensiero più lungimirante di lui, manager sinceramente impegnato nel sociale che con il proprio lavoro sulle periferie vuole iniziare un discorso destinato a durare, con l’obiettivo di creare stimoli culturali e un’idea ampia di “bellezza” a disposizione di chi abita in luoghi troppo spesso dimenticati e lasciati a se stessi. Avevamo lasciato Monica e Giovanni nel finale del primo film con un punto di domanda sul destino del loro legame: la loro storia d’amore sarebbe durata “come un gatto in tangenziale”, ovvero pochissimo. Nella nuova storia abbiamo immaginato che il loro incontro dopo tre anni di lontananza avvenga per necessità: Giovanni deve tirar fuori Monica dagli “impicci” li ritroviamo alle prese con nuove vicende e con tutti i contrasti esplosi in passato ma ancora una volta, senza saperlo, uniti da un obiettivo comune. A mio parere il linguaggio umoristico è il miglior amico dei temi importanti. Attraverso un registro divertente si può raccontare la grettezza di slogan come “con la cultura non si mangia”, la necessità di considerare ogni giardino il proprio giardino e instillare il germe della partecipazione in chi non si è mai curato della cosa pubblica e dunque della propria crescita, il diritto di avere accesso all’arte, di farsi delle domande, di incuriosirsi, di coltivare un pensiero autonomo, libero.

Antonio Albanese parla del film e della scelta di narrare l’Italia odierna e temi importanti in una chiave di lettura divertente e accessibile.

Le commedie devono raccontare il tempo in cui sono ambientate e in cui nascono, nel nostro caso abbiamo mostrato da vicino certe verità, certi caratteri della realtà spesso descritti in maniera superficiale, penso alla borgata in cui vive Monica e alle mille culture diverse che convivono nelle nostre periferie. Riccardo Milani e gli altri sceneggiatori sono stati capaci di individuarle in maniera semplice ma molto efficace. Penso che per riflettere si debba sempre teorizzare e che sia necessario convivere con certe realtà del Paese anche se la nostra politica lo sta facendo sempre meno rispetto al passato. Io provengo da una periferia e resto convinto che si debba vivere il proprio tempo a 360 gradi e che sia importante confrontarsi con il linguaggio che cambia e l’impossibilità di sviluppare e realizzare i propri sogni e bisogni in mancanza di spazi e visioni adeguati. In certi ambienti difficili è necessario il coraggio di creare, dar vita a progetti concreti, scoprire talenti, sviluppare professioni diverse: io mi sono avvicinato al mio mestiere di attore grazie a una serie di incontri fortunati; dal mio piccolo paese vicino Lecco sono arrivato a Milano dove ho potuto frequentare la scuola di recitazione civica Paolo Grassi che all’epoca costava 400.000 lire per tutto l’anno, ma se – come spesso accadeva e accade – avessi dovuto spendere di più non avrei mai potuto sviluppare il mio talento. Sì e penso ad esempio che il nostro primo “Come un gatto in tangenziale” sia riuscito pienamente nell’intento. Nell’arte non ci sono regole, io ho frequentato l’Accademia d’arte drammatica e non pensavo di far ridere ma poi, per fortuna, ho scoperto la comicità, che è una delle forme d’arte più elevate in assoluto perché ti dà l’occasione di dialogare e convivere con il mondo che vuoi affrontare. La commedia ti offre la possibilità di captare un mondo reale che esiste, le fortune e le sfortune di una comunità, e riesce a mettere in evidenza certi argomenti importanti. L’ho sempre considerata un modo straordinario di raccontare un Paese, è un genere difficile da praticare ma se riesce a coinvolgere quasi a 360 gradi un mondo, il suo linguaggio, i colori, i suoni e i caratteri e riesce a trovare la via giusta può diventare straordinaria.

Claudio Amendola parla del suo ritorno nei panni del “supercoatto” Sergio e della sua esperienza sul set.

Mi divertiva mascherarmi ancora una volta, abbiamo aggiunto ulteriori elementi al look del mio personaggio, il “supercoatto” Sergio, che è particolarmente colorito ed esagerato, dai tatuaggi in poi. Quando ho saputo che era in cantiere un nuovo capitolo del “Gatto in tangenziale” ho subito accettato con entusiasmo il ruolo, anche se si tratti di un delinquente incallito che sarebbe preferibile non avere come nemico: questa volta Sergio viene convocato dall’ex moglie Monica per risolvere un problema e porta a casa il risultato richiesto con uno “scambio di prigionieri” che ha per protagoniste le due sue cognate gemelle cleptomani ma lo fa perché con Monica esiste comunque un legame di fondo. In realtà viene raccontato “in salsa leggera” e a un certo punto grazie a una sua personale etica di fondo rivelerà insospettabili risvolti di umanità confermando che in fondo anche lui ha un cuore. Va sottolineato comunque che nonostante la durezza da avanzo di galera Sergio viene rappresentato sempre con una certa bonomia, in un film come il nostro non avrebbe avuto senso portare in scena un criminale senza umanità e senza lati positivi. La cosa divertente che lo contraddistingue è il contrasto con le maniere buone e civili del Giovanni interpretato da Albanese e con quelle della Luce svaporata e snob di Sonia Bergamasco: il conflitto tra mondi, mentalità, modi di essere e abitudini opposti crea continuamente occasioni di grande divertimento. Sul set ho trovato una coesione solida e piacevole nonostante questa volta io abbia girato soltanto per pochi giorni, sul set tutto veniva fuori in modo molto spontaneo e naturale grazie a una serie di personaggi e situazioni ben costruiti in chiave di commedia “alta”. In questo secondo film credo che si noti bene il desiderio di raccontare meglio anche certi aspetti del Paese e delle persone tipici del momento particolare che stiamo tutti vivendo. E poi per quello che mi riguarda è molto gratificante collaborare con una coppia di fuoriclasse come Paola Cortellesi e Riccardo Milani che sono molto legati nella vita e nel lavoro e rivelano sempre un’intesa forte e collaudata anche nella fase di scrittura comune del copione. Paola ha inventato il suo personaggio di sana pianta, ne conosce ogni sfumatura ed è sempre molto collaborativa con gli altri attori e Antonio Albanese è molto divertente nel suo continuo spiazzamento sorpreso di chi si ritrova alle prese con la periferia romana più che verace in cui è stato catapultato. Quando si tratta di film di questo genere ogni ricordo sul set diventa speciale. Sia per questo sequel che per il primo “Gatto” ogni volta che arrivavo sul set truccato e vestito da Sergio sembravo una scimmietta del circo pronta ad alimentare la curiosità generale: tutti venivano regolarmente ad ammirare da vicino sorpresi i miei nuovi e variopinti tatuaggi e la mia incredibile parrucca con i capelli biondi. Questa volta abbiamo voluto esagerare con le invenzioni. Riccardo mi ha dato ampia libertà per “scolpire” il mio personaggio e così mi sono lasciato andare: la scritta del tatuaggio “113 nun te temo” l’ho inventata io.

Luca Argentero parla di come è stato coinvolto nel film e del suo personaggio “Don Davide”.

Speravo da tempo di lavorare con Riccardo Milani che oltre ad essere un regista di grande valore è anche una persona rara e preziosa. Conosco da tanto sua moglie Paola Cortellesi che al di là di ogni considerazione artistica per il suo talento comico è davvero una ragazza speciale. Mi era capitato di incontrare Riccardo insieme a lei e di parlarci spesso e ora dopo aver girato sotto la sua guida sono sempre più convinto man mano che passano gli anni e i progetti che il vero lusso per un attore sia quello di potersi circondare di persone con cui è piacevole e gratificante trascorrere del tempo: se hai la certezza di essere contornato da talento e affetto diventa tutto più facile ed è esattamente quello che mi è successo. L’unica difficoltà nell’interpretare “Don Davide” è arrivata dal fatto che era stato deciso che dovesse essere l’ unico personaggio serio fra tutti quelli che appaiono in scena, sia pure innestato in un contesto di pura commedia: avevo l’opportunità di recitare con dei fuoriclasse dell’umorismo con le stesse loro occasioni per far ridere e invece mi ritrovavo a rappresentare la vera tematica sociale della storia che si raccontava, peraltro una bellissima fotografia dal vero di una realtà esemplare che testimonia come qualcosa di utile può essere fatta nel modo giusto, soprattutto in momenti difficili come quelli che viviamo. Per costruire don Davide ha tratto spunto da un vero prete di cui Milani mi ha raccontato con entusiasmo l’esemplare coinvolgimento “sul campo”. Ne era rimasto molto affascinato e l’ha utilizzato per raccontare un tipo di Chiesa distante dalla Curia tradizionale, un religioso che si “sporca le mani” e che banalmente ha a cuore il bene delle persone intorno a sé, le meno fortunate, la fascia più fragile del tessuto sociale. Il messaggio di fondo è che questo sacerdote si prende cura degli altri quotidianamente al di là delle istituzioni e quasi al di là della stessa religione, per lui è semplicemente una questione di umanità e credo che mai come in questo periodo storico dimostrare vicinanza a certe fasce di popolazione in difficoltà rappresenti un vero atto di eroismo.

Come un gatto in tangenziale 2 – La colonna sonora

  • Le musiche originali del film sono del compositore Andrea Guerra (Benvenuto Presidente!, Tu la Conosci Claudia?, Immaturi, La ricerca della felicità, L’abbiamo fatta grossa). Guerra e il regista Riccardo milani hanno collaborato anche per il precedente Come un gatto in tangenziale e Ma cosa ci dice il cervello, altro film con protagonista Paola Cortellesi.
  • La colonna sonora include due brani canzoni di Renato Zero: “Mentre aspetto che ritorni” (dall’album “Il dono” del 2005) canticchiata dalla Cortellesi in motorino, e “Periferie”, brano del 1979 dall’album “EroZero”, utilizzato per il campanello dell’appartamento a Bastogi.
  • La colonna sonora include anche i brani Balley Balley di Babba Bakhtora & Kuljit Bhamra, La Gozadera di Gente de Zona ft. Marc Anthony, Bailar di Deorro feat. Elvis Crespo e Believer degli Imagine Dragons.
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