L’A.S.S.O. nella manica: recensione in anteprima
Ritorna il teen movie. L’A.S.S.O. nella manica rielabora timidamente quella stagione lì, puntando al cult adolescenziale. Ottima Mae Whitman, un po’ meno tutto il resto
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Bianca, Jess e Casey sono grandi amiche. Trascorrono insieme gran parte del tempo, non senza motivo. L’A.S.S.O. nella manica si apre proprio su loro tre, o quasi: tre ragazzi, accanto ai classici armadietti scolastici, fanno degli apprezzamenti. Ed è tutto un sovrapporsi di grafiche, leitmotiv di questo teen movie, mentre ci vengono schematicamente elencate le caratteristiche di ciascuna. Jess e Casey non sono solo belle, ma anche popolari, gentili, impegnate, brillanti. Bianca? Beh, quest’ultima rientra perfettamente nella categoria della cosiddetta Amica, Sfigata, Strategicamente, Oscena (da cui il titolo, traduzione molto libera ma inevitabile di DUFF, Designated Ugly Fat Friend).
Bianca non è al corrente della sua posizione, in un età in cui si cerca disperatamente di trovare il proprio posto nella scala sociale, fosse anche quella degli adolescenti. È indicativo di come in questo film di Ari Sandel si lavori per tutto il tempo sulla costruzione di queste etichette, nella ghettizzazione di tutto e tutti, salvo poi, nelle ultimissime battute, evidenziare come tutto ciò non serva. Messaggio senz’altro chiaro, per certi versi pure condivisibile; il punto è che si tratta di un discorso non soltanto già fatto, ma al quale oggi si fa più fatica a credere, al netto della tangibile nonché apprezzabile spensieratezza che contraddistingue l’andamento.
C’era venti, trent’anni fa quella sfilza di film a tema adolescenziale che hanno fatto epoca: non solo il cult Breakfast Club, già più maturo ed “impegnato” rispetto ad altri, ma anche altri appartenenti al filone del cosiddetto brat pack, di cui il regista John Hughes fu sicuramente uno dei maggiori esponenti. Film dove dei ragazzini sotto i vent’anni divennero oltremodo famosi, come Emilio Estevez ed Anthony Michael Hall, giusto per citarne due. Con l’A.S.S.O. nella manica siamo da quelle parti lì, sebbene i toni appaiano più leggeri e di fondo si prediliga la storia d’amore a scapito di qualsivoglia descrizione di certe dinamiche adolescenziali.
Ma chi è quest’A.S.S.O.? L’A.S.S.O. è il tipo/la tipa bruttina/o che i ragazzi o le ragazze avvicinano per arrivare all’amico/a più gettonato; uno di quelli ostacoli da superare in fase di corteggiamento insomma. Meccanismo impietoso insomma, che, sebbene qui enfatizzato, non si può certo dire sia irrealistico. Bianca viene edotta di tutto ciò dal vicino di casa Wes, giocatore di football nella squadra della scuola, ambito da troppe ragazze, per giunta fidanzato con la più in vista (oltre che stronza).
Innegabile che il film possa avere un certo appeal sulle generazioni più giovani, anche se il taglio più contemporaneo si limita per lo più alle sopracitate grafiche sovrapposte. Quel che davvero manca è un discorso che vada oltre la superficiale descrizione non soltanto di come funziona il boscoso mondo scolastico delle superiori, ma dei personaggi stessi. Ed è un peccato anche perché a livello di casting non tutto è da buttare: su tutti Mae Whitman, simpatica e spigliata, in relazione alla quale auspico nell’immediato futuro progetti di maggior spessore, seppur nell’ambito della commedia magari.
Ma nel tentativo di rendere decisamente accessibile il tutto, gli autori pare abbiano perso di vista una certa sostanza, che poteva senza dubbio essere iniettata, solo con un po’ più di scrupolo ed attenzione. Ed invece sembra di trovarsi di fronte all’ennesimo remake, solo “attualizzato”. Processo, questo, che si limita per lo più a certi interventi di cosmesi, perché certi profili sono vecchi, se non addirittura stantii; come se gli autori rievocassero pedissequamente i loro quindici anni, dimenticando che certe cose non cambiano mentre altre lo fanno eccome. E laddove non si tratta di imbeccate autobiografiche, il lavoro di ricerca sembra cedere troppo a format che hanno spopolato; dunque non solo anni ’80, che è un po’ l’istituzionalizzarsi di un genere, ma soprattutto il decennio successivo, ben più televisivo.
L’A.S.S.O. nella manica, perciò, tenta a suo modo di rivitalizzare la stagione dei teen movie muovendo le proprie premesse dal filone anni ’90, con particolare riferimento a certe serie TV dell’epoca, senza disdegnare qualche ineludibile incursione negli ’80. Integrando grafiche sovrapposte, discorsi social e quant’altro, s’intende, perché siamo pur sempre nel 2015. Tuttavia il discorso, gira e rigira, è sempre lo stesso: etichette a gogo, rivalsa dei “loser”, imbuto favolistico. Mi pare fuori tempo massimo anche per il solo target di riferimento, per lo più adolescenziale, ben meno smaliziato delle generazioni coetanee del passato, totalmente avulse al «sempre connessi» di oggi.
Insomma, certi generi sono figli del proprio tempo, salvo non riadattarli da cima a fondo – operazione che qui purtroppo non avviene. Ma magari là fuori esiste ancora qualche sognatore/sognatrice a oltranza, che di certi limiti non sa che farsene e gongola per la love story “impossibile” (altro discorso vecchio ma che fatica ad essere superato).
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5.5″ layout=”left”]
L’A.S.S.O. nella manica (The Duff, USA, 2015) di Ari Sandel. Con Mae Whitman, Robbie Amell, Bella Thorne, Bianca A. Santos, Skyler Samuels, Romany Malco, Nick Eversman, Chris Wylde, Ken Jeong, Allison Janney e Rebecca Weil. Nelle nostre sale da mercoledì 19 agosto.