Home Dramma 20.000 Specie di Api: nuove clip in italiano e le sale dove guardare il dramma spagnolo premiato a Berlino

20.000 Specie di Api: nuove clip in italiano e le sale dove guardare il dramma spagnolo premiato a Berlino

Arthouse, la label di I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection, ha reso disponibili due clip in italiano del film di Estibaliz Urresola Solaguren nei cinema italiani dal 14 dicembre.

15 Dicembre 2023 07:38

Arthouse, la label di I Wonder Pictures dedicata al cinema d’autore più innovativo, in collaborazione con Unipol Biografilm Collection, ha reso disponibili nuove clip in italiano di 20.000 Specie di Api, nei cinema italiani dal 14 dicembre. Il film è il primo lungometraggio della regista Estibaliz Urresola Solaguren, con protagoniste Sofía Otero e Patricia López Arnaiz (Ane Is Missing, One For All) e recentemente ha ottenuto 15 candidature ai Premi Goya.

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“20.000 Specie di Api” è il delicato racconto di un’estate trascorsa in un paesino dei Paesi Baschi che, inaspettatamente, porterà grandi cambiamenti nella vita di tutte le protagoniste. Cocó ha otto anni e sente di essere nata nel corpo sbagliato, quello di un bambino di nome Aitor, mentre sua madre Ane sta affrontando la separazione dal marito e deve fare i conti con la sua carriera artistica e professionale. Aiutata dalla prozia Lourdes, un’apicoltrice con cui stabilisce un fortissimo legame, Cocó dovrà trovare il coraggio di rivelare alla sua famiglia chi è davvero e di ritrovare il sorriso.

20.000 Specie di Api – le nuove clip in italiano

Il cast tecnico: Fotografia di Gina Ferrer García / Direttrice Artistica Izaskun Urkijo / Montaggio Raúl Barreras / Costumi di Nerea Torrijos / Suono di Eva Valiño / Sound Designer Koldo Corella / Truccatrice e parrucchiera Ainhoa Eskisabel & Jone Gabarain / Casting Noma Ac+ng.

Il film è prodotto da Gariza Films & Inicia Films in associazione con Sirimiri Films. Produzione Lara Izagirre Garizurieta & Valérie Delpierre.

Intervista con la regista (Parte 2)

Come si è informata sull’argomento? Ha lavorato con bambini trans e le loro famiglie?

Sono entrata in conta9o con un’associazione che mi ha fa9o conoscere una ventina di famiglie con bambini di età compresa tra i 3 e i 9 anni. Sono stati straordinariamente generosi nel condividere con me la loro intimità. È stato un processo molto arricchente che ha alimentato la sceneggiatura. Sono rimasta particolarmente colpita da alcune famiglie che mi hanno raccontato come per loro fosse stata un’esperienza posi+va, che gli aveva permesso di identificarsi come famiglia in un modo nuovo. Non l’hanno visto come un problema, ma piu9osto come un processo che ha fatto luce sulle regole su cui si basano le loro famiglie. Ha permesso loro di mettere alla prova queste regole. Ha messo in discussione il loro rapporto con i figli e le figlie e il loro ruolo di madri e padri, nonché le loro esperienze sulla questione della propria identità. Un’altra cosa che ho trovato bellissima è che queste famiglie non hanno mai usato le parole “transito” o “transizione” per definire il processo che i loro figli e figlie transgender stavano a9raversando. Al contrario, era la loro stessa percezione e quella delle persone intorno a loro a essere in transizione. I bambini non hanno mai smesso di essere ciò che erano. Anzi, sono stati gli altri a essere costretti a cambiare e a evolversi. Credo che questo si possa ritrovare nel mio film.

Il film non parla solo dell’infanzia trans, ma anche di molte altre questioni. In particolare, affronta il peso delle tradizioni familiari, sociali e culturali con cui dobbiamo avere a che fare tutta la vita per diventare individui liberi.

Questa è una questione fondamentale del film. È per questo che nel film c’è un doppio punto di vista, nonostante molti laboratori di scrittura mi abbiano sconsigliato di farlo, visto che i dogmi della sceneggiatura di solito obbligano a sceglierne uno solo. C’è il punto di vista della figlia, ma anche quello della madre, che è il personaggio con cui mi identifico di più, per via della mia esperienza personale e della generazione a cui appartengo. Il film è il viaggio comune di queste due protagoniste. Per me l’infanzia trans è solo un altro aspetto della varietà umana, dei diversi modi di essere e di vivere che esistono nel mondo. Nel contesto del film, è la questione dell’infanzia trans a mettere in moto la famiglia, trasformando i legami e facendo emergere cose nascoste, ma non ho mai avuto l’intenzione di fare un film che parlasse solo di questo argomento, anche perché non sono io stessa una persona trans e non volevo parlare a nome di quella comunità. Mi interessava affrontare la questione dell’identità in modo più ampio e studiare come le relazioni familiari possono influenzare il nostro viaggio verso l’autodeterminazione.

Il suo film è critico nei confronti dell’istituzione familiare?

Siamo animali sociali che si evolvono all’interno di un gruppo. Il primo gruppo è sempre la nostra famiglia. Quello sfondo ci scolpisce e ci modella come se fossimo le sculture su cui lavora Ane. Non so se sia possibile essere assolutamente liberi. Non possiamo evitare di essere condiziona+ dalla percezione degli altri. Questi “altri” sono i nostri genitori, la nostra comunità locale, le nostre amicizie, la società e le sue istituzioni e le tradizioni che ereditiamo. Nel film sono i vicini di casa, la piscina comunale che funziona come una micro-società e la sua tessera di accesso che rappresenta la nostra possibilità di agire sulla nostra esistenza, che può esserci concessa o meno.

Da dove deriva la metafora dell’apicoltura e cosa simboleggia nel film?

Nell’alveare, ciascuna delle api ha un ruolo distinto, necessario al funzionamento del gruppo. Tuttavia, l’alveare è più della somma dei suoi individui. È un organismo vivente a sé stante e ho pensato che fosse appropriato rispetto al tema del film, a causa della tensione tra l’individuo e la comunità. L’alveare è governato da individui interdipendenti e, allo stesso tempo, ogni ape vi svolge un ruolo specifico. L’ho trovata un’immagine adatta a parlare delle relazioni familiari così come vengono rappresentate nel film. Inoltre, le api e gli alveari svolgono un importante ruolo sociale e spirituale nella vita tradizionale basca, di cui volevo rappresentare la cultura. Nella cultura basca, l’ape è considerata un animale sacro. In basco si usa la parola “zu” (letteralmente “tu”) o “usted” per riferirsi a loro con rispetto.

Le sale dove guardare il film

Emilia-Romagna Bologna Pop Up Cinema Bristol (15/12) Vai al cinema
Emilia-Romagna Bologna Pop Up Cinema Jolly Vai al cinema
Lazio Roma Cinema Farnese Vai al cinema
Lazio Roma Cinema Troisi Vai al cinema
Lombardia Mantova Cinema Del Carbone Vai al cinema
Lombardia Milano Anteo Palazzo Del Cinema Vai al cinema
Lombardia Milano Cinema Beltrade Vai al cinema
Lombardia Milano Cinema Centrale Vai al cinema
Piemonte Torino Cinema Centrale Vai al cinema
Puglia Bari Cinema Splendor Vai al cinema
Toscana Pisa Multisala Odeon Vai al cinema
Umbria Perugia Postmodernissimo Vai al cinema
Veneto Padova Lux Vai al cinema

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