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Io, Arlecchino di Giorgio Pasotti: Recensione in Anteprima

Giorgio Pasotti debutta alla regia al fianco di Matteo Bini in Io, Arlecchino

pubblicato 3 Giugno 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:19

Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2014 nella sezione Wired Next Cinema, Io, Arlecchino segna il debutto alla regia di Giorgio Pasotti dopo 20 anni di recitazione. Un film, quello distribuito da Microcinema a partire dal prossimo 11 giugno, co-diretto dall’ex volto di Distretto di Polizia con il 31enne Matteo Bini, anche autore del soggetto e della sceneggiatura.

Una commedia con venature drammatiche, quella portata in sala dai due, centrata sul secolare personaggio di Arlecchino, maschera bergamasca della Commedia dell’Arte, ormai quasi del tutto dimenticata da un Paese incapace di mantenere ed onorare le proprie tradizioni, tradendo così la propria identità storica e culturale. Protagonista della pellicola Paolo, noto e fascinoso conduttore di un talk show televisivo pomeridiano. Uno di quei programmi da ‘casalinghe annoiate’ in cui amalgamare gossip spicciolo, tragedie e lacrime. Improvvisamente, tra una registrazione e l’altra, Paolo riceve una telefonata dal Nord Italia. Suo padre Giovanni sta poco bene, è svenuto ed è in ospedale. Di fatto obbligato a tornare a Cornello del Tasso, villaggio medievale in provincia di Bergamo, Paolo andrà incontro all’amara verità. Il suo anziano padre, teatrante da una vita e per una vita Arlecchino sul palcoscenico, ha un tumore. Incurabile, vista l’età avanzata. Solare e ‘vivo’ solo con la propria piccola compagnia teatrale di Paese, Giovanni trascorre gli ultimi mesi della propria esistenza a provare l’ultimo grande spettacolo, finalmente ospitato in un teatro ‘vero’, importante e prestigioso. Al suo fianco, dopo tanto tempo, l’uomo troverà proprio quel figlio che a causa del proprio amore per la recitazione si era dimenticato di crescere, tanto da allontanarlo da lui. Paolo, nel frattempo, potrà riavvicinarsi a quel padre che aveva quasi dimenticato, nella fredda provincia del Nord, soffocata dal verde e al riparo dai tormenti della grande città.

La storia di un padre e di un figlio, ma anche la storia di come l’Italia intera abbia dimenticato le proprie radici culturali ed artistiche, piegandosi inesorabilmente, anno dopo anno, agli orrori del tubo catodico. Pasotti e Bini giocano su più piani nel delineare i tratti di questo Io, Arlecchino, titolo trainato dal solito immenso Roberto Herlitzka, neanche a dirlo straordinario persino negli abiti di un vecchio teatrante innamorato della maschera del ‘500. La tradizione della Commedia dell’Arte italiana che tutto il mondo ci invidia qui risplende tra le oscenità che quotidianamente rimbalzano dai piccoli schermi del Bel Paese, in forzata contrapposizione alla bellezza, alla genuinità e all’eleganza di quelle maschere ormai fatte sparire persino dai teatri.

Bini, in qualità di autore del soggetto e della sceneggiatura, esagera nel rimarcare quest’ovvietà, dando vita ad un produttore televisivo volgare, arrogante, ignorante e cinico (Massimo Molea) e ad una ‘valletta’, in realtà fidanzata del presentatore Pasotti, stupida solo all’apparenza ma assai ‘portata’ nel concedersi ai potenti di turno pur di far carriera. Dei ‘nuovi mostri’ da piccolo schermo a cui il grande schermo ci ha spesso abituato. Neanche a dirlo tutt’altro ‘peso’ ha utilizzato il giovane co-regista per disegnare i tratti degli attori teatrali, umili, simpatici, semplicemente ‘umani’. Il bene e il male, potremmo dire nel caso in cui dovessimo semplificare il tutto, ancor più amplificato dalle differenze tra metropoli, vedi Roma, e piccola città di provincia, ‘dove roccia e natura si inseguono e mischiano come in una danza‘. Opposti in armonia tra loro in cui recuperare le tradizioni per buttare un occhio rivolto al futuro.

Nel farlo, tanto Bini quanto Pasotti si sono lasciati andare a cliché particolarmente fastidiosi, tanto già visti, e ad un’evoluzione della trama clamorosamente scontata. Ogni passaggio viene abbondantemente anticipato dallo spettatore (la maschera di Arlecchino che ‘passa’ da padre in figlio, il finale televisivo, corna e storia d’amore), con il cast di contorno (vedi i simpatici Lunetta Savino e Gianni Ferreri) in grado di alleggerire un racconto tecnicamente piatto, contraddistinto da una fotografia patinata, da una prova d’attore particolarmente impostata (quella di Giorgio Pasotti), da una stucchevole ricerca emotiva indirizzata al sentimento più spinto (deriso in ambito televisivo eppure qui cavalcato) e da un montaggio troppo spesso ‘netto’, con stacchi da una scena all’altra improvvisi ed esteticamente televisivi. Ridando forza e vitalità alla Commedia dell’Arte Bini e Pasotti hanno comunque rimarcato una mancanza dell’Italia di oggi, contaminata da quei ‘veleni’ della modernità che hanno lentamente sotterrato le nostre stesse tradizioni. Anche culturali.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]
Io, Arlecchino (Ita, drammatico, 2014) di Matteo Bini e Giorgio Pasotti; con Giorgio Pasotti, Roberto Herlitzka, Valeria Bilello, Lunetta Savino, Gianni Ferreri, Lavinia Longhi, Eugenio De Giorgi, Massimo Molea – uscita giovedì 11 giugno 2015.