Inside Out: recensione in anteprima del film Pixar
Se la Pixar doveva tornare a fare le cose in grande, Inside Out rappresenta un segnale di rara potenza. Spassoso, intelligente, pregno di idee, ma anche toccante come pochi. Universale perché, partendo dal particolare, la sua è una storia alla portata di tutti e di ciascuno
Per ogni vita che nasce c’è un’anima da costruire. Così è dall’alba dell’uomo, così resterà. Sempre. Non sorprenda che questa recensione cominci in toni di questo tipo, sul religioso andante. La Pixar, fattasi un nome sulla scia di titoli (tra gli altri) come Toy Story e WALL·E, attraverso protagonisti che incarnano oggetti, siano essi giocattoli o robot, meglio di tanti altri nell’ambito dell’animazione occidentale sono riusciti a trattare efficacemente tematiche simili. Ma è con Inside Out che la compagnia di Emeryville fa un vero e proprio salto.
Atteso da mesi come il ritorno in grande stile, il film di Pete Docter non solo non delude le aspettative ma addirittura le supera. Opera di respiro ampissimo, oltremodo divertente, riesce a maneggiare questioni molto complesse rendendole di una semplicità disarmante, senza intaccare di una virgola la loro portata. Anzi, il trattamento di Docter e soci rende questo lavoro di un’amabilità unica. Inside Out è una boccata d’aria notevole, un esempio di ciò che l’animazione può fare e solo lei. Ma già dall’incipit, verrebbe da dire, si avvertiva qualcosa nell’aria.
Riley ha appena dodici anni e con la sua famiglia è costretta a trasferirsi dal Minnesota a San Francisco. Uno stravolgimento notevole, che causa alla piccola un trauma. Fin qui tutto regolare. Solo che Riley non è la protagonista di questa storia; o quantomeno non lo è come lo sarebbe in qualunque altra vicenda. Questa la si vive dall’interno, letteralmente. Le cose stanno così: appena nati veniamo dotati di cinque sentimenti: gioia, tristezza, paura, rabbia e disgusto. Ciascuno di questi è impersonato da una creatura che, con la sua influenza, incide in maniera determinante sulla personalità. Sembra complesso, ma nel film è piuttosto chiaro.
Anzi, le primissime fasi sono altamente schematiche, proprio per iniziarci ad un contesto di cui è bene far subito nostre le dinamiche. Qui la Pixar innesta praticamente un cortometraggio, teso a mostrarci come funziona la cosa. Ma non è tutto. Con un’abilità meravigliosa a livello di storytelling, questa prima parte contiene già tutto ciò che troveremo più avanti: ricordi. Questa è la materia sulla quale lavora Inside Out, tirando fuori idee fresche, ma soprattutto funzionali. Un’altalena di emozioni coloratissima, scelta anch’essa indicativa e più che motivata: finché siamo in grado di provare “qualcosa”, qualunque cosa, sarà sempre un tripudio policromatico; solo quando perdiamo questa facoltà i colori vengono meno e tutto s’ingrigisce.
Non fatevi strane idee però; noi su certe cose stiamo puntando il dito, mentre nel film vengono mostrate con naturalezza, a stento percettibili poiché integrate alla perfezione. All’interno di una storia universale, con cui si può identificare chiunque, specie i più grandicelli. Pur partendo dal particolare di una bimba alle prese con l’ansia e la paura di un cambiamento radicale al quale nessuno può averla preparata, né i suoi genitori né la vita per via della sua giovane età.
D’altra parte Inside Out questo fa, ossia ricordarci che diventare adulti è e sarà sempre un’avventura sullo sfondo di ricordi ed immaginazione. Per superarli, per confortarci, per scuoterci, o anche solo per farci capire che nonostante tutto ci siamo e questo nessuno ce lo può togliere. Ciò che però lascia davvero senza fiato è non tanto l’intuizione alla base, di per sé molto felice comunque, bensì l’esecuzione vera e propria. Docter e soci riescono a costruire situazioni eccezionali, rilasciando bombe emotive che colpiscono dritte al cuore.
La storia entra nel vivo proprio nel momento in cui Riley sembra cedere, e di fatto è così. Joy, che è un po’ il leader della combriccola, si fa sfuggire di mano la situazione, al che tocca a Disgusto, Paura e Rabbia metterci una pezza, gestendo questa fase delicata della piccola, incastrata tra passato e presente, mentre tenta di destreggiarsi come può. Molti noteranno come del cosiddetto raziocinio non vi sia neanche l’ombra; in Inside Out sono i sentimenti a prendere le decisioni, escogitando di volta in volta la strategia giusta, o che si presume sia tale.
La trama si dipana perciò su questo doppio binario, per cui geniale diventa il titolo stesso: dentro e fuori. Dentro, Gioia e Tristezza cercano in tutti i modi di farsi strada tra ricordi, paure e desideri per far ritorno al quartier generale; fuori, Riley non riesce a capire cosa le stia accadendo. Dentro, un viaggio rocambolesco; fuori, la piattezza e la monotonia di una ragazzina scontrosa che non vuole più parlare con nessuno. Come nessuno aveva sino ad ora pensato di raccontare qualcosa del genere; tanti sono i film a tema, in cui si racconta il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, dall’adolescenza alla vita adulta. Ma da fuori, per l’appunto. Quanti avevano provato ad immaginare, in modo peraltro tanto fantasioso quanto intelligente, a ciò che avviene all’interno?
E mentre si viene investi da momenti che siamo certi difficilmente dimenticherete, il film continua imperterrito a filtrare collegamenti, rimandi, costruendo con mani sapienti l’allegoria principe del film, che sta essenzialmente nell’idea di base. Inside Out, fuor di facili entusiasmi, non può che essere un film che segna una generazione; non sappiamo fino a che punto spartiacque, ma la Pixar a ‘sto giro ha settato la barra talmente in alto che nessuno ad Hollywood e dintorni potrà fare semplicemente finta di non aver visto. Un pezzo di cinema di livello altissimo, che scava nel solco di emozioni patrimonio comune di tutti e ciascuno. Divertendo per quanto è spassoso, strappando lacrime di gioia e di commozione al tempo stesso, perché, come le vicissitudini interiori della piccola Riley ci insegnano, la tristezza talvolta è l’anticamera della gioia. La stessa tristezza che ha a che vedere con la nostalgia, una delle sensazioni più potenti e umane che ci siano. Ma quanto è dura separarsi una volta per sempre dal proprio Bing Bong…
[rating title=”Voto di Antonio” value=”10″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”10″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”10″ layout=”left”]
Inside Out (USA, 2015) di Pete Docter. Con Mindy Kaling, Bill Hader, Amy Poehler, Phyllis Smith, Lewis Black, Kaitlyn Dias, Diane Lane e Kyle MacLachlan. Nelle nostre sale da mercoledì 19 agosto 2015.