Mad Max: Fury Road – recensione del film di George Miller Fuori Concorso a Cannes 2015
Festival di Cannes 2015: George Miller confeziona uno degli action più adrenalici e riusciti degli ultimi anni, sotto le specie di un blockbuster duro e puro. Mad Max: Fury Road rispetta a pieno le attese, e forse pure qualcosa di più
Perciò, dov’eravamo rimasti? Il mondo è collassato, un nuovo paradigma ha preso piede. Adesso il popolo, che vive circondato dal deserto, venera Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne), che a chi lo segue ciecamente promette il Valhalla dopo questa vita. Max invece è un lupo solitario, con alle spalle un passato che lo perseguita; un giorno viene fatto prigioniero dagli scavenger, gli immediati sottoposti del re Joe, i quali lo conducono presso la Cittadella. Se non tutto quasi è grottesco in Mad Max: Fury Road. Eccezionalmente grottesco.
Atteso come uno degli eventi cinematografici dell’anno, questa quarta iterazione della serie è un miracolo anzitutto produttivo. Passato non sappiamo fino a che punto indenne da quasi vent’anni di tira e molla, la Warner decide di scommetterci sopra la non indifferente somma di 150 milioni di dollari. E raramente fiducia fu altrettanto ben riposta. Perché quella di Miller è un’ode all’action che si fa opera d’autore, così smaccatamente intrisa di una visione ben precisa, che non cede nulla.
Due ore tiratissime dove tutto viene calcolato con una precisione disarmante, in particolar modo il ritmo. Già dal primo tour de force, un inseguimento che è molto più di un mero antipasto, si esce rinvigoriti – nota a margine, al Grand Théâtre Lumière non c’è stato modo di contenere quell’applauso spontaneo con tanto di urla da parte di qualcuno. Perché anche in questo Fury Road non fa sconti, blockbuster fino al midollo, la cui struttura è quanto di più commerciale si possa concepire: informazioni-azione sfrenata-informazioni-di nuovo azione sfrenata. Ciò che riesce a fare Miller con un format così scontato, beh… quella è tutta un’altra storia.
Stare lì a descrivere è fatica inutile, poiché nessun testo risulta strutturalmente indicato per convincere del passo in avanti capace di mostrare un film come questo. Raramente si ha l’impressione di un sequel/prequel/reboot così ben inserito nella saga a cui appartiene. Fury Road è anche questo, ovvero il migliore degli sviluppi possibili per Mad Max, oggi, anno Domini 2015. In un periodo in cui gli action di livello vanno cercati con lanternino, anche per colpa di un’ignoranza apparentemente invincibile, che continua a declassare il genere (non importa quale) a roba di serie B nella migliore delle ipotesi. Anche per questo sono sempre meno i tasselli importanti, finché una major non decide che valga la pena investire seriamente in qualcosa di simile e boom… ecco l’opera che per un po’ di tempo (speriamo poco) servirà da riferimento.
Ma Mad Max 4 non è mica qualcosa di rivoluzionario. Nossignore. Miller è uno della vecchia guardia, quella che però non si trincera mica dietro un passato “acquisito” (oh, parliamo dello stesso regista di Happy Feet e Babe va in città). Anche stavolta il regista australiano si mette in gioco davvero, ripescando quanto ancora può tornare utile tra vecchie cianfrusaglie, tirandolo a lucido e costruendoci sopra con perizia. Risultato? Un film selvaggio, confezionato con amore e addirittura un tocco di grazia che magari non ti aspetti.
In tal senso, impossibile negare l’apporto fondamentale dei ruoli femminili. Con l’ingresso delle donne nella vicenda che solo all’apparenza riguarda Max, il film prende una direzione completamente diversa rispetto a quanto ci si aspettava. Fury Road parla di un tentativo di ricostruzione della civiltà, riavvio che, come tutti gli altri, non può che essere propiziato dalla donna. Ci si potrebbe scrivere un corposo saggio sui simboli e le implicazioni del più piccolo tra i dettagli. Quando Max incontra per la prima volta la vera protagonista del film, ossia Furiosa (Charlize Theron), conosciamo pure Angharad, una ragazza in procinto di dare alla luce un bambino; una sorta di profezia a breve termine, che in maniera simbolica c’informa di quanto sta accadendo, ovvero delle doglie di un parto… quelle del mondo che sarà dopo aver spodestato il tiranno di turno.
Sono le donne, belle e giovani, che Furiosa si trascina dietro la vera eredità di quel mondo sepolto sotto quintali e quintali di sabbia. Loro hanno la precedenza su tutto e tutti; la loro incolumità va salvaguardata, e la figura di Max, eroe sui generis, è quanto di più vicino all’ideale medievale del cavaliere, quello che consacra la propria vita a difesa dei più deboli, ossia di ciò che davvero conta. Suo malgrado, certo, dato che anche questo è uno dei leitmotiv del film, ovvero riuscire a tirar fuori un briciolo di umanità in un contesto dove oramai certe cose non sono neanche un ricordo.
Ci siamo dilungati abbastanza. Mad Max: Fury Road è un’esperienza che, come tale, va vissuta. In sala, mi raccomando, perché non c’è liturgia degna di questo nome senza un tempio che le renda giustizia. Scoprirete che l’ultima fatica di Miller è un viaggio trascinante, adrenalinico, ineccepibile dal primo all’ultimo fotogramma: quando arriverete forse un po’ provati ma ve ne accorgerete dopo un po’, dopo aver smaltito l’eccitazione per un numero che, una volta tanto, non solo mantiene le aspettative ma rischia pericolosamente di eccederle: con buona pace di chi non sa che farsene di inseguimenti al cardiopalma ed esplosioni di classe. Il sottoscritto non ricorda di essersi mai emozionato così tanto per qualcosa che salta in aria… si avverte qualcosa di vagamente poetico in tutta quella caotica devastazione.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”9″ layout=”left”]
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[rating title=”Voto di Gabriele” value=”9″ layout=”left”]
Mad Max: Fury Road (USA, 2015) di George Miller. Con Tom Hardy, Charlize Theron, Rosie Huntington-Whiteley, Zoë Kravitz, Nicholas Hoult, Riley Keough, Nathan Jones, Josh Helman, Hugh Keays Byrne, Debra Ades, Abbey Lee, Angus Sampson, Megan Gale, Courtney Eaton, Melissa Jaffer, Richard Norton e John Howard. Nelle nostre sale da oggi, giovedì 14 maggio.