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Se Dio vuole: recensione in anteprima

Sembra l’ennesima, sterile commedia sul rapporto tra scienza e fede. Invece Se Dio vuole si prefigge obiettivi ben meno alti, raccontando la storia di un’amicizia in modo leggero ma non superficiale. Bravi sia Giallini che Gassman

pubblicato 30 Marzo 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 17:03

Tommaso (Marco Giallini), affermato cardiochirurgo, uomo dalle certezze granitiche, si ritrova un giorno con una bella gatta da pelare: suo figlio vuole farsi prete. Quando Andrea (Enrico Oetiker) mette tutti in preallarme dicendo di avere una notizia importante da comunicare, papà e mamma si scompongono ma neanche troppo: sarà per dirci che è omosessuale, che sarà mai? Tutti pronti, compreso la sorella di Andrea, che vive col marito nell’appartamento che si trova nello stesso pianerottolo; il ragazzo va non solo supportato ma anche incoraggiato per questa importante confessione. E poi, vuoi che uno come Tommaso, aperto e liberale, non accetti una novità di questo tipo?

Arriva il momento. Viene chiamata anche Xenia, la donna delle pulizie: «è l’amore che mi ha spinto a prendere la scelta che sto per rivelarvi… voglio diventare prete». Gelo. Vabbè essere aperti e liberali, accettare la piena autonomia dei figli e delle loro decisioni; va bene tutto… ma un figlio prete no! Leitmotiv da quel punto in avanti diventa perciò la strenua lotta di Tommaso nel cercare di convincere il figlio che si tratta di una stronzata. Ma, come dice lui, «portandocelo», mica a quattrocchi, attraverso una di quelle discussioni che non hanno portato mai a nulla.

Il terreno su cui si muove Se Dio vuole rappresenta un campo minato: troppi i luoghi comuni, scarsa la percezione del fenomeno, almeno stando a quello che si evince da chi nel recente passato si è cimentato in argomenti analoghi – viene subito in mente Una piccola impresa meridionale, che nel calderone getta pure argomenti di questo tipo, ma volendo forse dimostrare più di quanto possa permettersi. Edoardo Falcone cerca invece di sdrammatizzare per lo più, e sa che per riuscirci deve lavorare per sottrazione: via perciò tutte le situazioni potenzialmente trite, per così dire iconiche. Via anche battute ed allusioni, oltre argomentazioni che non facevano ridere la prima volta figurarsi la millesima.

Ne viene fuori un ritratto davvero semplice (più o meno il contrario di semplicistico), che non indugia su nulla se non sulle interpretazioni dei due protagonisti, coloro per cui, diciamolo, si paga volentieri il biglietto. Giallini e Gassman qui non si fanno nemmeno spalla, procedendo ciascuno per la propria strada, sebbene il film si soffermi anche su come nasce e matura il rapporto d’amicizia tra i due rispettivi personaggi. Qui Alessandro Gassman è un sacerdote, don Pietro, molto alla mano, vocazione tardiva dopo un lungo periodo di entra ed esci dal carcere. Eppure, vedete, qui per esempio poteva scappare la mano, attardandosi sul passato di questo figlio redento del Signore che da ladro di strada diventa ministro dell’Onnipotente. Ma no, don Pietro è figura angelicata, ahinoi va detto, un don Matteo romanaccio e di indole più rustica, carico di fascino e carisma.

Abbiamo appena evocato un altro termine dalle implicazioni vagamente religiose; sì perché in effetti quello proposto da Falcone è pure un quadro che in qualche modo si ancora a realtà specifiche. Don Pietro è carismatico alla maniera di un pastore evangelico protestante: raduna giovani, parla loro di Cristo. Tuttavia ci si ferma ai modi, e menomale. Niente accenni alla morale, niente argomenti scabrosi, niente «scandali», solo un personaggio la cui storia viene raccontata attraverso l’azione. Ed è un modo effettivamente raro di scrivere dalle nostre parti, nell’ambito di un cinema popolato di macchiette o figure semplicemente non interessanti.

Che poi, intendiamoci, tanto il dottorone di Giallini quanto il prete di Gassman sulla carta non sono nemmeno tutto ‘sto granché: come abbiamo accennato poco sopra sono le loro interpretazioni ad aggiungere quel po’ di pepe che non guasta, senza esagerare. Così Tommaso e Pietro diventano per lo meno credibili, ed allora si segue la storia più che altro per quell’uscita di spirito, per quell’espressione sopra le righe. Da ciò si evincono i punti di forza di Se Dio vuole, ovvero i già citati protagonisti e la saggia mossa di non voler caricare un contesto in cui cadere è facilissimo anziché no. E visto che ci avviamo alla conclusione e abbiamo girato attorno alle due prove attoriali, una considerazione la spendo volentieri su Giallini, verso cui il sottoscritto nutre un particolare predilezione. Aspetto infatti il regista (o chi per lui) capace di assegnarli il ruolo che faccia fare il salto all’attore romano, l’interpretazione che gli è finora sistematicamente mancata; perché fino ad ora Giallini – che in tal senso ha certamente le sue di responsabilità – si è ancora limitato a reiterare lo stesso, ok simpatico, personaggio. Qui è declinato un in modo più serioso, senza abdicare alla sua verve, ma per il resto siamo sempre allo stesso punto: che è tanto per altri ma non abbastanza per lui. Chiusa parentesi.

Tornando al film, lo si vuole anche leggere come parabola a suo modo edificante? Perché no? Ma in tutta sincerità, che farsene? Meglio invece ridere e sorridere, accettando i limiti di una commedia che per lo più si prefissa d’intrattenere in maniera accessibile, e se resta spazio si trova il tempo per qualche pensierino. Di quelli semplici, che fanno presa sui «semplici», aspetto che non per forza è un limite, anzi. In Se Dio vuole non c’è per lo meno traccia di quell’ostentata mancanza di ambizione che contraddistingue alcune pessime pellicole nostrane, che tanto vogliono dire e poco o nulla riescono a veicolare. Se lo è, perciò, è veniale (visto che siamo in tema) il peccato di lasciarsi un po’ andare a film come questi, espressione di una sensibilità popolare, tuttavia sopra la media di categoria e moderatamente arguto.

Voto di Antonio: 6½
Voto di Federico: 5½

Se Dio vuole (Italia, 2015) di Edoardo Falcone. Con Marco Giallini, Alessandro Gassman, Laura Morante, Ilaria Spada, Edoardo Pesce, Enrico Oetiker, Carlo De Ruggeri, Giuseppina Cervizzi, Alex Cendron, Fabrizio Giannini e Silvia Munguia. Nelle nostre sale da giovedì 9 aprile.