For Some Inexplicable Reason: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2014
Torino Film Festival 2014: i bamboccioni ci sono anche in Ungheria. For Some Inexplicable Reason ci offre il ritratto di uno di loro, in un film che è onesto, intelligente, inventivo e a tratti esilarante. Gábor Reisz bisogna tenerlo d’occhio.
L’erba è verde, il cielo è blu, l’acqua è bagnata.
Ecco come si fa una commedia sullo “smarrimento” e sulla situazione di stallo totale nella vita di un quasi trentenne: onesta, intelligente, a tratti esilarante. Andiamo anche oltre. Ecco una lezione per tutti (tutti: italiani, ci siamo dentro anche noi) su come si può fare ottimo cinema anche con un budget irrisorio.
Perché, anche senza sapere la cifra esatta, è palese che For Some Inexplicable Reason sia stato girato con due soldi. Però se la cava sempre e comunque. Non è impossibile notare qualche cambio di luce improvviso tra un’inquadratura e l’altra anche se fanno parte della stessa scena, per dire. Ma non frega nulla a nessuno, perché di base c’è un’idea di cinema ben precisa.
Gábor Reisz ha talento da vedere. Questo è il suo primo lungometraggio dopo una lunga serie di corti. Una gavetta cominciata nel 2003 che immaginiamo lo avrà formato per bene a livello personale e pure tecnico: perché se nel film ci sono dei limiti, questi vengono sorpassati a destra da una serie di invenzioni formali e di scrittura che non possono non essere applaudite.
Il protagonista del film è Áron, che sta per compiere 29 anni ed è stato appena scaricato dalla fidanzata. La sua vita gli sembra tutta da rifare; se in coppia vivere alla giornata o non avere un lavoro fisso poteva stargli bene, di colpo le cose cambiano. Non ha ancora detto a nessuno di essere stato mollato, nemmeno ai genitori. Ma la sera della festa del suo compleanno la notizia si diffonde nel suo gruppo di amici.
Segue una serata alcolica devastante che il giorno dopo Áron non riesce a ricordare. Provando a ricostruirla con gli amici, si rende conto di aver prenotato da ubriaco un costosissimo volo per il Portogallo. Ovviamente l’ha fatto con la carta di credito dei genitori, che non prendono proprio benissimo l’idea di questa inutile spesa di soldi.
Ma Áron prende la palla al balzo e decide di partire per trovare fortuna. Però qualche giorno prima della partenza incontra su un autobus una ragazza che gli fa perdere la testa. Di lei sa solo che lavora come controllore: gli ha chiesto il biglietto, gli ha ricordato che tra qualche giorno sarebbe scaduto, e basta. Ha avuto modo soltanto di leggere il numero sul suo cartellino, e con questo dato comincia a cercarla per Budapest…
“Sono morto. Non mi muoverò mai più”. Esordisce così Áron, prima di passare ad illustrarci cosa accadrebbe se morisse da un momento all’altro in diverse situazioni: in mezzo alla strada, da seduto, ovunque… E cosa succederebbe? Nulla. Il nulla totale, secondo lui stesso. Un po’ la situazione in cui si trova da neo-laureato in Teorie e Storia del Cinema adesso: c’è solo il vuoto.
Bamboccione quasi senza possibilità di recupero, a causa di una madre troppo attaccata e un padre pronto a riprenderlo, Áron si ritrova pure a soffrire il confronto con la vita del fratello, sposato con una ragazza bellissima e per di più già incinta. Non è poi un caso se la madre insiste perché compili una volta per tutte il suo CV e alla fine finisca per scriverglielo lei…
Logorroico come il miglior Woody Allen, e con ansie da prestazione (sessuali), Áron prova a lasciarsi indietro il ricordo della fidanzata. Però è impossibile proprio perché si trova dentro ad un circolo vizioso fatto di nulla che si autoalimenta del suo stesso vuoto. Così, anche quando decide di fare piazza pulita di tutti gli oggetti di lei che gli sono rimasti in casa, non può fare a meno di recuperare subito dopo qualcosa dal cestino.
Se bisogna trovare un companion del film per farne un perfetto double bill, ci sono pochi dubbi che questo sarebbe Frances Ha. Perché anche se i caratteri dei due protagonisti sono diversissimi (e New York non è Budapest), lo stallo nelle loro vite hanno un comune denominatore mica da poco. Entrambi i film giocano poi con lo stile e le trovate formali in modo molto intelligente.
In For Some Inexplicable Reason ci sono addirittura scene surreali che ricordano Gondry: la sequela di fidanzate che inseguono Áron per la strada, un’attesa al telefono della durata spropositata, un filo della corrente che parte da casa dei genitori e arriva fino a casa sua… Non solo, perché Reisz poi non si limita a giocare con le trovate fini a sé stesse per strappare la risata (che non manca mai, anzi).
Il regista è addirittura molto raffinato: come nella scena dell’ascensore, che è tutta giocata su inquadrature sghembe e un montaggio velocissimo. Anche alcuni stacchi di montaggio denotano un gusto curioso, sintomo di una visione del cinema che non si arrende di fronte alla semplice linearità delle cose. I suoi rallenti, poi, sono tra i più belli e puliti visti ultimamente in una commedia.
Così facendo Reisz riesce in poco più di un’ora e mezza a regalarci uno dei ritratti più verosimili di un quasi-trentenne che il cinema ci abbia ultimamente regalato. Questo perché, in fondo, il regista crede davvero nella forza della settima arte e nelle sue possibilità. Pensiamo al fatto che gli amici di Áron sono interpretati dai veri amici di Reisz.
Uno di loro è muto, ma in una scena “musicale” il regista lo fa cantare (in playback), regaladogli così una voce! E questo significa saper sfruttare fino in fondo tutto ciò che si ha a disposizione, anche quando non c’è budget. I titoli di coda sono poi la conferma della gentilezza e del cuore enorme di Reisz. Non alzatevi, perché oltre ad essere bellissimi di per sé sono anche un sentito omaggio a tutti quelli che hanno lavorato al film. Chapeau.
Voto di Gabriele: 8.5
For Some Inexplicable Reason (VAN valami furcsa és megmagyarázhatatlan, Ungheria 2014, commedia 96′) di Gábor Reisz; con Áron Ferenczik, Miklós Horváth, Bálint Györiványi, Tamás Owczarek, Roland Lukács.