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Il cinema e l’anima che ha sempre avuto

Nella storia dei film non si contano i registi che hanno cercato di mettere d’accordo le immagini del realismo con i sogni, i desideri, gli incubi, le domande del domani e del senso della vita…da Ingmar Bergman a Federico Fellini, per citarne due più vicini al nostro tempo

pubblicato 30 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:57

Per gli incontri e la rassegna “Lezioni di anima”, Teatro dell’Angelo di Roma, a cura di Laura De Luca e Donatella Caramia, direzione artistica Antonello Avallone, sono stato affiancato a Ennio Morricone, Umberto Galimberti, Giuseppe Manfridi, Adriano Mazzoletti, Franco Cardini, Elio Pecora e altri, nelle serate di ogni lunedì fino a dicembre su un tema ricco di implicazioni e prospettive. Dedico la mia presenza a Federico Fellini con il film “Via Veneto Set” e il libro “Fellini & Fellini”. L’appuntamento è fissato per lunedì 10 novembre alle 21, via Simone de Saint Bon 19 (06.37513571-37514258). Tra immagini e parole, verrà tracciato un racconto che nella opera e nella biografia del grande regista partendo da un gioco tra ragazzi, una scena di “Otto e mezzo”, in cui i ragazzi pronunciano la parola “asa nisi masa”, un’evocazione scanzonata, che Fellini usa da narratore di cinema, occhio acuto e mano sapiente.

Fellini disegnava con facilità e i disegni entrarono nel suo lavoro, restando spesso segreti mentre il regista girava grandi film e diventava uno dei migliori registi del mondo. Nel 1930 aveva dieci anni ma già prima di questa età assistette ad avvenimenti decisivi nel Novecento. Dagli ultimi anni del secolo precedente, l’Ottocento, le immagini dilagavano. Non più solo la pittura o la scultura, ma la fotografia, i fumetti (o cartoons), le vignette, i disegni creativi attraevano i bambini e adulti. Il cinema volava nel mondo con le sue scene. Dietro di esso, una folla di autori: Fellini, come loro, creava sulla carta figure e fantasie. E matita, penna, pennelli lo accompagnarono per sempre nell’inventare straordinarie storie e figure per la pellicola, regina delle immagini.

Donne e uomini lo chiamarono subito con confidenza “Federico”. Le ragazze di Luci del varietà , primo film con Alberto Lattuada; la sposina dello Sceicco bianco; le giovani tra i Vitelloni; Giulietta Masina, sensibile Gelsomina de “La Strada”. Le donne sono state una delle ragioni per cui Federico si è perdutamente innamorato del cinema.

Donne che lo hanno attratto perché figure dei tempi che cambiavano. L’Anita Ekberg della Dolce vita, occhi dolci, capelli biondi, forme statuarie. La Claudia Cardinale di Otto e mezzo, pudore e seduzione. L’altera Anna Magnani di Roma. Le scandalose Saraghina e la Tabaccaia di Amarcord, monumenti di carnalità. Tutte amate, abitanti di un meraviglioso rebus: La città delle donne. Misteriose come la cantante ispirata a Maria Callas in “E la nave va”. Colme di struggente nostalgia come Giulietta in Ginger e Fred.

Anche gli uomini lo chiamavano Federico, a cominciare da Marcello Mastroianni, vero e proprio alter ego del regista, soprattutto nel suo film più famoso: “La dolce vita”, che uscì nel 1960 e cambiò il cinema italiano, influenzando anche il cinema mondiale per sempre.

Fellini amava ed era amato dai bambini, dai giovani. Lo è ancora. Federico perse un figlio appena nato, e fu un grande dolore per lui e Giulietta Masina, la moglie, la protagonista di tanti suoi film.

“Asa nisi masa” è la parola che i bambini pronunciano giocando in Otto e mezzo. A Fellini piaceva l’invenzione alfabetica che depurata da “sa, si, sa” rimanda ad “anima” e conferma un’attenzione del regista alla profondità e al mistero della esistenza.

Padre Angelo Arpa, un gesuita che difese il cinema felliniano da accuse e censure, spiegava che Fellini nei film era alla continua ricerca di “un principio ordinatore”: personaggi che rappresentano valori e pensieri da cui trarre ispirazione per vivere. Con loro cercava Federico che osava in ogni direzione: la magia, gli incantesimi, l’occultismo. Il bisogno di sapere e di trovare il senso della vita, lo spinse verso la psicanalisi incontrando psicanalisti famosi come Emilio Servadio ed Ernst Bernhard. Attento alla realtà, curioso, pronto a tutte le esperienza di conoscenza. Da grande artista.

Fellini e “La dolce vita” come li conoscete ma come non li avete mai visti… i segreti del regista e delle sue immagini in “Via Veneto Set – la strada, il cinema, la vita”. Testo e regia di Italo Moscati, un film doc di 85’, produzione RaiSatCinema, Istituto Luce, Rai Teche.

Il film doc è un affresco della Roma e del cinema tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Anita Ekberg, Marcello Mastroianni e la felliniana “Dolce vita” ma anche Richard Burton, Elizabeth Taylor, Kirk Douglas, Gregory Peck, Gloria Swanson, Jane Mansfield, Charlton Heston, i muscle boys del cinema storico-mitologico di cartone, le miss Italia e così via…ma anche l’ex Faruk e i principi arabi, i grandi industriali e affaristi, i latin lovers, i play boys, le spogliarelliste, i prestigiatori, i gay, le soubrette, gli assassini e le assassinate o le scomparse. Il mondo del cinema, proveniente da Hollywood e da Parigi, Londra, Berlino e dalla Cinecittà di Roma. E oltre, verso la cronaca, più spesso la cronaca nera. Via Veneto, una strada- simbolo e una realtà variegata poiché qui, in questi trecento metri nel centro storico romano da piazza Barberini a Villa Borghese, il cinema e Roma hanno trovato scene e backstage. Qui in questi pochi metri si sono affollati anche scrittori, artisti, uomini politici mescolandosi a milioni di turisti che tornano a visitarla nei loro viaggi a Roma.

Il racconto affascinante di Via Veneto è fatto da una serie di incontri e incroci, oltre che delle immagini prima dei cinegiornali ,poi della tv, e dei libri ad essa dedicati (come non ricordare tra gli altri “La sera andavamo a Via Veneto” di Eugenio Scalfari?). Pagine di storia, di storie, di vita. Incontri e interviste, con chi si confidava Fellini, i suoi interpreti e il rapporto con padre Angelo Arpa, un grande esperto di cinema, una voce sulla profondità della ricerca di Fellini e il suo appassionato tentativo di capire, di rappresentare le “sue creature”. Le confessioni dello stesso Fellini, ironiche, drammatiche, colme di pensieri e di rivelazioni.

Tutto questo nella cornice di Via Veneto che fu anche lo sfondo- da protagonista- di numerosi film, al di là di quello di Fellini. Ad esempio, si possono ricordare “Il signor Max” di Mario Camerini del 1937, interprete Vittorio De Sica, e vent’anni dopo “Il conte Max” di Giorgio Bianchi, sempre con De Sica nel ruolo del conte e di Alberto Sordi in quello del giornalaio che era di De Sica. Quest’ultimo, grande attore e regista, diresse nel 1946 “Sciuscià” che si apre con una scena girata a Via Veneto tra i lustrascarpe del dopoguerra.

Da queste bellissime immagini parte il film doc che comprende la lavorazione di “Cleopatra”, l’ultimo famoso kolossal con Burton e la Taylor, le cui vicissitudini artistiche e amorose divamparono proprio a Via Veneto. Non mancano immagini e storie dei personaggi dell’arte, del giornalismo, dell’aristocrazia, della moda, della mondanità in un confronto divertente e istruttivo tra passato e presente. Compaiono a fare un bilancio della strada e della dolce vita alcuni dei protagonisti, personaggi intervistati venti anni e più dopo la grande stagione della strada. Un confronto contrappuntato dai fatti più significativi di cronaca nera o degli scandali come quello dello spogliarello di Aichè Nana che fecero tremare la società intorno alla strada forse più nota del mondo.

Il racconto si sviluppa attraverso i documenti, quelli dell’Istituto Luce e quelli di RaiTeche e di RaiSatCinema. In questi documenti si ritrova la vera storia di Via Veneto, un incredibile scenario vivido e affascinante. Ci sono documenti che risalgono addirittura agli anni Venti e ce ne sono, abbondanti, anche in anni vicini a noi; tutti insieme formano una miniera di opportunità e di spunti che verranno collocati nel tempo e valorizzati a seconda della loro rilevanza. Grande attenzione al popolo del cinema, ossia a comparse, figuranti, attori di una giornata che facevano la fila per guadagnare 2000 lire partecipando come masse nel film “Cleopatra” e ad altri film storico-mitologici, tra divi culturisti e maggiorate fisiche. Via Veneto come grande affresco di vite e di sogni.

Ai documenti filmati sono , ovviamente, affiancati quelli fotografici. Non sarebbe pensabile non farlo. I “paparazzi” costituiscono una parte integrante della vita e della storia della strada,e ne costituiscono forse la testimonianza più ricordata e forte. Davanti ai loro puntuali obiettivi, è il caso di dirlo, sono passati tutti i protagonisti di quegli anni, divi e nobili, capi di stato detronizzati, esuli di lignaggio. I “paparazzi” sono stati i testimoni veloci ed efficaci della cronaca in tutte le sue sfaccettature.

Uno degli scopi del film è quello di viaggiare verso il mito, la leggenda di Via Veneto, creati dal film di Fellini che segnano in pratica la fine degli anni della cosiddetta Hollywood sul Tevere. L’idea-base è quella di mostrare solo immagini in cui sia presente e obbligatorio anche solo uno scorcio di Via Veneto. Ossia, Via Veneto ribalta, passerella, set di una leggenda che ancora non si è appannata del tutto se i turisti vanno a visitare Via Veneto dopo essere stati al Colosseo e gli altri luoghi storici e artistici della Capitale.

“FELLINI & FELLINI”, Ediesse. Un libro di passioni, di avventure, di fascino. Di cinema e di vita. Di vita e di cinema. Un libro che diventa come un film e torna ad essere un libro. Fellini, il regista italiano più famoso nel mondo, amato in patria e all’estero senza distinzioni di continente, è uno sconosciuto. Sconosciuto perché di Fellini ce ne sono due. Fellini e il Cinema. L’ Artista. I suoi film hanno vinto premi Oscar e un’infinità di altri riconoscimenti dovunque; i più grandi registi sono andati a lezione da lui e dal suo cinema; il pubblico continua anche fuori dell’Italia a cercarlo e ad apprezzare la qualità non solo artistica del suo cinema. Da “Luci del varietà” (1950), realizzato insieme a un altro grande del cinema italiano, Alberto Lattuada, al suo ultimo film “La voce della luna” (1990), Fellini -che nel mondo hanno imparato a chiamare per nome di battesimo, Federico- ha raccontato per quarant’anni storie in cui si ritrovano spettatori di ogni parte del globo.

Accanto all’Artista c’è un altro Fellini. L’investigatore, lo scopritore. Il Fellini che si prepara a realizzare un capolavoro che affascinerà tutti e lo farà entrare per sempre nella storia del cinema, dell’immaginario, della vita. Fellini e la sua, la nostra “Dolce Vita”. “La dolce vita”(1958)è un capolavoro in cui confluiscono i ritratti di un passato che incalza la sensibilità del regista e lo porta a comporre l’affresco che ancora oggi conquista un pubblico internazionale. E’ un pubblico che continua ad approdare in Italia e a Roma con il desiderio di ritrovare le tracce di un’epoca che ha creato un mito resistente. Lo scopritore affascinante di questo scenario è Federico che si mette in gioco, come artista e come uomo. Il libro presenta, degli anni che i sociologi amano presentare come quelli del “miracolo economico”, del benessere e di una festa senza fine, un Fellini come l’osservatore più smaliziato, tenero e acuto. Un investigatore che guarda e presenta lo spettacolo ma va al di là, la visita individuandone i lati più oscuri e segreti. “Asa nisi masa”…