Roma 2014 – La foresta di ghiaccio di Claudio Noce – Recensione in Anteprima
5 anni dopo l’ottimo esordio con Good morning Aman, torna al cinema Claudio Noce con il thriller La foresta di ghiaccio, interpretato da Emir Kusturica, Ksenia Rappoport e Adriano Giannini
L’Italia e il suo Cinema da anni in mano a commedie di vario tipo, tra cinepanettoni e infinite varianti. E pensare che fino a poche decine di anni fa eravamo i maestri del thriller, dell’horror, del poliziesco. Il Cinema di genere italiano ha impreziosito gli anni ’70 ed ’80, diventando di culto per registi poi vincitori di Oscar e Golden Globe, vedi Quentin Tarantino. Peccato che con il passare degli anni quella vecchia e memorabile scuola si sia persa per strada, con i giovani autori di oggi che faticano a riprenderne le redini. A provarci Claudio Noce, sbarcato al Festival Internazionale del Film di Roma con La Foresta di Ghiaccio, opera seconda in arrivo 5 anni dopo quel Good morning Aman con cui nella Venezia di Marco Muller vinse il premio FICE come miglior autore esordiente.
Un glaciale e anestetizzato thriller che il 39enne regista romano ha sceneggiato insieme a Francesca Manieri, Elisa Amoruso e Diego Ribon, per poi girarlo completamente in Trentino, nella Valle del Chiese, che si estende tra i 200 e gli oltre 3.400 metri di quota. Qui, sommersi dal freddo, dalla neve e da una tempesta che incombe tra la Centrale di Cimego, i boschi di Roncone e le dighe di Bissina e Boazzo, Noce ha provato a delineare i tratti di un ‘mistero’ che travolge un piccolo paese alpino. Dove tutti si conoscono e si guardano in cagnesco, perché la frontiera è ad un passo, l’alcool scorre sempre con troppa forza nelle vene e di tempo da riempire ce n’è in abbondanza.
Pietro, giovane tecnico specializzato, piomba nella valle per mettere mano ad un guasto alla centale elettrica, che si trova in alta quota. Ad aiutarlo e a stringere con lui un’apparente amicizia Lorenzo, traffichino con i criminali sloveni che sogna di abbandonare quelle desolate lande per volare in Brasile. Tra i due si fa spazio Secondo, ‘orso’ che vive e lavora sulla diga, vero e proprio animale senza scrupoli nonché fratellastro di Lorenzo. Tra donne scomparse, strani ‘carichi’ in arrivo, segreti nascosti, passati da svelare e l’indagine di una zoologa esperta di orsi che in realtà non è altro che una poliziotta, la foresta di ghiaccio esploderà tra contraddizioni e crudeltà a lungo covate.
8 mani per dar vita ad una sceneggiatura. In quattro si sono adoperati per rendere l’opera seconda di Claudio Noce credibile, appassionante, tesa e perché no persino sorprendente, come il genere thriller a tinte noir da che mondo e mondo dovrebbe imporre ai propri autori. Fallendo miseramente l’obiettivo. Perché in questa meravigliosa zona di confine in cui si incontrano e scontrano l’uomo e la natura, il regista ha completamente perso la bussola. Giustamente affascinato dall’imponenza scenografica delle montagne, della gigantesca diva, dei fiumi gelidi, delle pareti di ghiaccio e dei quintali di neve che hanno imbiancato anche i protagonisti, Noce non si è probabilmente reso conto dello scialbo intreccio narrativo ideato e in particolar modo dell’inesistente ritmo cinematografico che ha contraddistinto il suo ritorno in sala.
Registicamente limitato da una scorbutica e a lungo andare insostenibile macchina a mano, soprattutto nelle scene più dinamiche e conseguentemente confusionarie, La foresta di ghiaccio sembra quasi scimmiottare i topoi del genere, tra musiche gratuitamente inquietanti (firmate Ratchev & Carratello) e rallenty spaventosamente ripetuti. La storia che a detta del regista dovrebbe parlare di ‘vendetta, amore, odio, amicizia, tradimento e senso di appartenenza‘, poi, è flebile e vuota, tanto di spessore quanto nei contenuti. La lentezza narrativa con cui Noce trascina il tutto, dinanzi a 100 minuti appena di durata, è invece sfiancante. L’inesistente tensione cercata ma di fatto mai trovata dal regista si fa noia con il passare dei minuti, mentre il presunto mistero della trama viene a galla svelando nient’altro che ovvietà e scarsissimo interesse empatico da parte dello spettatore.
Due volte Palma d’Oro e una volta Leone d’Oro come regista, Emir Kusturica si è ancora una volta ritrovato nei panni d’attore, un anno dopo Il paradiso degli orchi. Un ruolo, quello davanti alla macchina da presa, a lui sempre più congeniale, avendo diretto il suo ultimo lungometraggio ben 7 anni fa. Sguardo duro, volto segnato dal vento e dal freddo, pelliccia d’orso sulle spalle e cuore nero, il suo Secondo incute timore a chiunque osi presentarsi al suo cospetto. L’unica donna che sembrerebbe tenergli testa è Ksenia Rappoport, straordinaria e da sempre troppo sottovalutata attrice qui negli abiti di un’agente ‘infiltrata’, e a caccia di informazioni riguardanti la sparizione di una ragazza. A completare il cast il criptico Domenico Diele e un quasi irriconoscibile Adriano Giannini, malinconico ubriacone che sogna di poter cambiare la propria esistenza. Lasciando l’Italia.
Personaggi inconsistenti che i 4 sceneggiatori hanno provato ad impreziosire con un doppio binario temporale, in grado di unire passato e presente e al tempo stesso svelare una tutt’altro che clamorosa verità finale particolarmente ovvia e affatto appagante. Noce, che si è incredibilmente preso sul serio dinanzi ad un script tanto povero, ha così gettato a mare l’incredibile cornice naturale capitatagli tra le mani. Quella del Trentino, con i suoi paesaggi mozzafiato vero ed unico protagonista di un film completamente sbagliato.
Voto di Federico: 4
La Foresta di Ghiaccio (Ita, 2014, thriller, noir) di Claudio Noce; con Emir Kusturica, Ksenia Rappoport, Adriano Giannini, Domenico Diele, Maria Roveran