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La vita Oscena: Recensione in Anteprima

Venezia 2014 – fischi al Festival per La Vita Oscena di Renato De Maria

pubblicato 29 Agosto 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:46

12 anni dopo i cinque Nastri d’Argento, il Globo d’Oro, i due Ciak d’Oro e le due nomination ai David di Donatello ottenute con Paz, era il lontano 2002, torna in sala Renato De Maria grazie a La Vita Oscena, film tratto dall’omonimo romanzo autobiografico scritto dal poeta Aldo Nove. Presentato nella sezione Orizzonti, il film ha raccolto tiepidi applausi e qualche fischio al termine della proiezione ufficiale. De Maria, che mancava dal grande schermo dal lontano 2009, anno de La Prima Linea, ha così diviso critica e pubblico, a causa di un film confusionario e gratuitamente poetico, nonché per 3/4 trainato da una insostenibile voce narrante. Co-sceneggiato dallo stesso Nove che si è detto soddisfatto della riuscita finale, La vita Oscena ha così inaugurato nel peggiore dei modi il treno ‘italiano’ della Mostra, anche se non in corsa per il Leone d’Oro.

Protagonista assoluto Andrea, interpretato dall’attore francese (doppiato) Clement Metayer, poeta adolescente letteralmente travolto dalla morte dei propri genitori. Una famiglia all’apparenza perfetta, felice e serena, fino a quando prima il padre e poi la madre hyppie non lasceranno questo mondo. Andrea si ritrova così in totale solitudine, abbandonato al proprio misterioso destino, scivolando lentamente verso un precipizio di depressione. La casa di famiglia diventa un porcile, le droghe si fanno spazio nella sua quotidianeità e una bombola di gas lo porta direttamente in ospedale, reparto ustioni. Qui, grazie all’aiuto del professore di lettere, il poeta Buffoni, Andrea viene ‘spedito’ a Milano, in un patronato scolastico.

Ma il ragazzo non ha voglia di frequentare l’Università. Si chiude nella sua camera con vista sui grattacieli meneghini, tra tappeti di riviste porno e fiumi di cocaina, pensando al suicidio in omaggio all’amato poeta Georg Trakl, il suo preferito. Incapace di rialzarsi e distrutto dalla sofferenza, Andrea prova ad uccidersi pippando 17 grammi di coca, ma il suo cuore è inaspettatamente forte, tanto da ‘costringerlo’ a vivere per un paio di giorni al fianco di visioni irreali e irrefrenabili pulsioni sessuali, che lo porteranno a spendere non poco denaro per frequentare escort, prostitute di bassa lega, marchette omosessuali e dominatrici sadomaso. Toccando così con mano il vero significato di ‘vita oscena’. Per poi tornare a galla…

Un romanzo di formazione, un viaggio allucinato, un insensato e forzato patchwork di eccessi visionari e onirici. De Maria ha provato a ‘rinfrescare’ il solitamente immobile cinema italiano attraverso scelte tanto coraggiose quanto discutibili, finendo così per realizzare un indifendibile ‘biopic’ dal taglio gratuitamente filosofeggiante. Solo la colonna sonora a tinte elettroniche si salva dal delirio pseudo autoriale che ha visto De Maria soccombere, tanto da portare a fondo con se’ persino il solitamente straordinario Ciprì, qui nei panni di direttore della fotografia. Da applaudire a prescindere, perché in grado di rendere la confusionaria opera per lo meno ammaliante dal punto di vista dei colori, ma stranamente caotica rispetto ai suoi altissimi standard.

Ad influire negativamente sulla mancata riuscita della pellicola la sceneggiatura, totalmente poggiata sulla voce off e incapace di dar senso ai tanti, troppi versi poetici che il protagonista (gratuitamente) decanterà fino alla nausea durante i 90 minuti di durata. Una durata frammentata, dal taglio solo teoricamente ‘pop’ e dall’evoluzione a tratti ridicola. Se il giovane protagonista Clement Metayer si limiterà a pronunciare giusto un paio di battute, il resto del cast sulla carta di spessore si limiterà a delle pure e semplici comparsate. A partire da Isabella Ferrari, madre figlia dei fiori nonché morente, per poi passare ad Eva Riccobono, negli abiti di una ridicola sexy infermiera, e alla sempre troppo poco valutata Iaia Forte, chiamata ad interpretare una ‘vecchia’ e godereccia prostituta.

Tutto questo all’interno di un film in cui persino le rappresentazioni più semplici prendono l’immotivata strada dell’assurdo. Basti pensare all’Università milanese frequentata dal giovane protagonista, che in realtà non è altro che la ‘celebre’ facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma. Piccolezze che dinanzi ad un simile disastro assumono un’importanza ben più marcata, sottolineando lo stato di totale confusione che ha platealmente travolto De Maria, insieme a produttori e sceneggiatori. Tutti insieme appassionatamente deragliati nel dover tramutare in immagini la ‘poetica’ e ‘maledetta’ adolescenza di Aldo Nove. Qui riproposta nel peggiore e più contorto dei modi possibili, tra sagome mortuarie di cocaina e terrificanti green screen in bilico tra l’apocalittico e il visionario.

Voto di Federico: 3

La Vita Oscena (Ita, drammatico, 2014) di Renato De Maria; con Isabella Ferrari, Clement Metayer, Roberto De Francesco

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