I toni dell’amore – Love is strange: recensione in anteprima del film di Ira Sachs
Meno ‘radicale’ di Keep the Lights On e con due (strepitosi) attori protagonisti piuttosto conosciuti al grande pubblico. Ira Sachs si svende e fa un passo indietro? Chissà: ma Love is Strange resta un film di eleganza infinita.
In America Love is Strange ‘rischia’ quasi di avere successo grazie al passaparola. Non basato sulla sua indiscutibile qualità, ma piuttosto sulla “censura” da parte della MPAA, che gli ha affibiato un’ingiusta R (divieto ai minori di 17 anni di entrare in sala non accompagnati da un adulto). La motivazione risiede in un motherfucker di troppo, scusa perenne di un ente ipocrita che da sempre nasconde motivazioni altre, etero e maschio-centriche.
Tradizione antica che non vale la pena manco riportare: la MPAA ha una storia di sessuofobia, normalizzazione di ogni diversità ecc. lunga decenni, vittime designate i film indie ovviamente. Ci fosse stato un Weinstein dietro al film, per dire, avrebbe subito politicizzato la campagna in previsione dei premi. Ma davvero, non vale la pena che anche noi continuiamo a cadere nella trappola, perché sembra che si difenda Love is Strange al di là dei suoi meriti: opera e regista non lo meritano.
Ira Sachs torna con un prodotto più accessibile rispetto al precedente, splendido Keep the Lights On, ma non si svende molto. Si concede alla commedia e a qualche risata brillante, galoppa sulla schiena di due attori conosciuti che iniziano ad avere una certa età, e livella la confezione verso lidi conosciuti. Un passo indietro? Probabile: ma quanta grazia che ha questo Love is Strange, e che idea di cinema semplice e in fondo potentissima che sorregge.
Il settantenne pittore Ben (John Lithgow) e l’insegnante di musica George (Alfred Molina) sono una coppia che decide di coronare una felice unione quasi quarantennale sposandosi al Municipio di Manhattan, con il benestare di familiari e amici. Però i problemi si presentano subito, con il licenziamento di George dalla scuola cattolica dove lavora proprio a causa del suo matrimonio gay.
Le conseguenze hanno effetti immediati sul quotidiano dei coniugi, vista loro condizione finanziaria di 60 e 70enne senza lavoro. I due sono innanzitutto costretti a lasciare il costoso appartamento di Chelsea che occupano da vent’anni e che adesso non si possono più permettere, finendo divisi e ospiti di amici e parenti in attesa di trovare una nuova sistemazione.
Parrebbe una partenza da cinema militante, con un Sachs impegnato nel voler dimostrare che, nonostante l’apertura al matrimonio gay, c’è ancora una società che non è del tutto pronta ad accettare un cambiamento del genere. Fosse così Love is Strange non sarebbe neanche un minimo di quello che in realtà è. Anzi: Love is Strange è paradossalmente l’altra faccia della medaglia di Keep the Lights On.
La partenza è da cinema militante, vero, ma il risultato è invece una nuova riflessione da parte dell’autore della fragilità con cui un sentimento può essere vissuto in un contesto in cui dominano cause di forza maggiore. In Keep the Lights On erano la dipendenza e l’ossessione a non far vivere tranquillamente l’amore ai due protagonisti; qui invece c’è una rete di conseguenze che soffocano e dividono i due coniugi. Insomma: a Ira Sachs piace raccontare storie d’amore dolorose, e lo fa bene.
Certe situazioni sono da commedia, scritta peraltro in maniera molto acuta: basta pensare a dove finiscono i due coniugi e a come sono costretti a vivere nelle rispettive situazioni. George finisce sul divano della giovane coppia di vicini, Ted e Nahlin, coppia di poliziotti gay a cui piace fare le ore piccole. Ben invece è ospitato a Brooklyn dal nipote Elliot (Darren E. Burrows), sua moglie Kate (Marisa Tomei) e il loro figlio Joey (Charlie Tahan), irrequieto adolescente che non prende di certo con un sorriso l’intrusione dell’uomo nella vita di famiglia.
Ma a Sachs basta una piccola situazione, una piccola scelta narrativa che consiste in un abbraccio, e tutto cambia. Si inizia a sentire per davvero la pressione e la sofferenza di George e Ben, si entra in empatia con loro e con la loro condizione precaria in un battibaleno, e ci viene scaraventato addosso un dolore che è difficile da prendere e sostenere perché davvero tangibile.
È tangibile anche perché Love is Strange è un film su New York, con i suoi quartieri diversi, le divisioni e le identità di neighborhood scalfite nella Storia, e tutto ciò che questo comporta, distanze comprese. Love is Strange è un film in cui all’improvviso ti rendi conto di star guardando effettivamente persino un coming-of-age, e quando te ne rendi conto il cuore si scalda.
Love is Strange è uno di quei film in cui ogni stacco di montaggio che pare tardivo non è mai fatto a caso, anzi. Ed è un film in cui persino una scena nella quale una persona ne accompagna un’altra alla fermata della metro ha un suo senso. Col senno di poi profondamente intenso e devastante.
Voto di Gabriele: 9
Love is Strange – I toni dell’amore (USA 2014, drammatico 94′) di Ira Sachs; con John Lithgow, Alfred Molina, Marisa Tomei, Cheyenne Jackson, Christian Coulson. Uscita in sala il 27 novembre 2014.