Terry Gilliam si dice stufo di essere incolpato di tutto in quanto maschio bianco
Gilliam non ci sta e dice la sua su una questione spinosa ma che a conti fatti lo riguarda
Dopo aver detto la sua in maniera perentoria su Black Panther appena qualche settimana fa, Terry Gilliam ha appena rilasciato un’altra intervista, pubblicata dall’Independent, ai cui microfoni ha avuto modo di trattare un altro argomento delicato. In coda ad un passaggio relativo ad Harvey Weinstein, nel quale sostazialmente il regista, che finalmente ha portato a termine il suo Don Chisciotte, si dice senz’altro vicino alle vittime, al tempo stesso evocando il concetto di responsabilità, il fatto che insomma alla fine ciascuno ha fatto e fa le proprie scelte. Considerazioni che danno il là a quanto segue:
Posso parlarvi di un’attrice che venne da me dicendo: «cosa devo fare per far parte del tuo film, Terry?». Non capisco perché la gente si comporti come se certe cose non accadessero da quando esistono persone di potere. Mi rendo conto che gli uomini hanno avuto più potere e più a lungo, ma sono stufo, in quanto maschio bianco, di essere incolpato di tutto ciò che c’è di sbagliato in questo mondo. Io non ho fatto niente!
Parole che oggi rischiano di destare scandalo malgrado la loro ovvietà. E non che Gilliam non si renda conto di non potersene uscire così facilmente, tanto da continuare sulla medesima linea, integrando persino una certa ironia.
Non mi piacciono i termini bianco o nero. Oramai faccio riferimento a me stesso come maschio con poca melanina (melanin-light male, in originale). Non sopporto questo comportamento semplicistico e tribalista al quale stiamo assistendo. […] Parlo dell’essere un uomo accusato di tutti i mali del mondo perché di pelle bianca. Quindi per me è meglio non essere un uomo. Meglio non essere bianco. Ok, siccome non sono sessualmente attratto dagli uomini, debbo essere una lesbica. Cos’altro posso essere? Mi piacciono le femmine. Mi sembra soltanto l’ovvio corollario.
Ma ne ha anche per per il movimento MeToo, sebbene l’esortazione con cui chiosa le affermazioni che seguono tendono ad avere una valenza più ampia e trasversale.
Viviamo in un’epoca in cui il responsabile dei tuoi fallimenti è sempre qualcun altro, e non mi piace. Voglio che le persone si prendano le proprie responsabilità e non si limitino a puntare il dito sul prossimo dicendo: «mi hai rovinato la vita».
Francamente non credo che Gilliam qui intenda ridimensionare la portata di un fenomeno che sicuramente conosce meglio di tanti altri, quindi posso immaginare che al nostro non sfugga che sì, vi sono casi in cui ahimè una persona sola è del tutto in grado di rovinare la vita ad altri – epilogo ancora più spiacevole qualora detta persona lo faccia da una posizione di vantaggio, quale che sia. Detto ciò, la cultura verso cui mi pare si scagli esiste, ossia quella di un vittimismo forzato, ma soprattutto sragionante, con il quale è purtroppo pressoché impossibile confrontarsi. Un pantano dal quale è difficile uscire, specie se si è dei personaggi pubblici. Insomma, il problema esiste ed è come minimo opportuno che se ne parli; resta il discernimento, arduo da applicare poiché troppe le sfumature ed ancor più avvelenato il discorso.
via | The Wrap