Eduardo e il cinema: è arrivato finalmente il momento di parlarne sul serio
Sono passati trent’anni dalla morte del grande De Filippo, l’attenzione sul suo teatro ha lasciato in ombra i suoi film “desiderio”
Il tram viaggia nella storia del cinema, film noti che segnano un’epoca, e film sconosciuti, film dimenticati.
Rimase famoso, poi andò allo sfasciacarrozze, quello diretto da Aldo Fabrizi, “Hanno rubato un tram” (1954): un furto per protesta per dispute tra colleghi, Fabrizi e Carlo Campanini, attori comici di burro e sorrisi al miele. Film in cui Sergio Leone lavorò come aiuto regista, e il suo futuro collaboratore Luciano Vincenzioni (“Giù la testa”, 1971), grande sceneggiatore.
Il 1954 era l’anno in cui cominciarono le trasmissioni tv della Rai. Era un’altra Italia. Quella di Fabrizi, sequestratore del tram, è una protesta delicata, suadente, rottamata, insieme alla vecchia cara vettura , nella Bologna tutta comunista del sindaco Dozza.
Di qualche anno prima, rispetto al film commedia di Fabrizi, era “Un tram che si chiama desiderio” (1951) di Elia Kazan, basato sull’omonimo dramma di Tennessee Williams, interpretato da Marlon Brando in una sudata maglietta sexy, che subì numerose revisioni (censure e autocensure) per rimuovere, rottamare, i “sospettati” riferimenti all’omosessualità del testo teatrale di Williams. Quel tram “che si chiama desiderio”, il nome che è tutto un programma, conduce Blanche DuBois (Vivien Leigh) tra le braccia di Stanley Kowalski (Marlon Brando) che la violenterà. L’America che ha vinto la seconda guerra mondiale è immersa da Kazan in un caldo torrido e torbido.
Storie malate. Orizzonti preclusi. Non per Marlon, che diventa da qui in poi un divo indimenticabile. Nello stesso periodo, anche a Napoli si va in tram. In “Napoli milionaria” (1950) di Eduardo De Filippo, un vero, classico tram macilento compare all’inizio del film nella piazza di Porta Capuana in cui diverse vetture scivolano sui binari. Il protagonista, Gennario Iovine (Eduardo) è conducente di tram, mentre Totò svolge il lavoro di pulitore delle gole delle rotaie intasate dalla sabbia e altri materiali. Campioni di lavoro e umiltà.
Tram anche in un altro film di Eduardo, “Filumena Marturano” (1951), varie scene, alcune delle quali girate in un itinerario mai servito da nessuna linea, dentro un anello di servizio in una piazza e in strade del centro oggi rosicate isole pedonali. Lo scopo della presenza del tram è un atto di spionaggio, dovuto a un desiderio potente, urgenza di vita e di orgoglio. Lo vedremo.
Le notizie tramviarie le ho trovate e prese da uno studio apposito di Gennaro Fiorentino, che si trova su internet sotto il titolo “I tram di Eduardo”. Oltre ai due film citati, ce n’è un terzo, “Napoletani a Milano” (1953), in cui si ipotizza una linea tramviaria tra Napoli e Milano che unisca piazza Duomo a Milano (simbolo cittadino) alla località di Posillipo ( un altro simbolo, uno dei luoghi più caratteristici della città partenopea). Il tram, scrive Fiorentino, diventa protagonista della storia che Eduardo racconta, poiché : “…si ritrovano su una tipica vettura tramviaria milanese…tutti i personaggi del film. La motrice 28 diventa per miracolo del cinema una vettura della serie meridionale matricola 1028, e con il suo carico di passeggeri… (comincia)… il ritorno a Mergellina. Intanto, la scena viene chiusa su un’inquadratura del Golfo di Napoli, suggellata dalla parola ‘Fine’”. Nei film di Eduardo, tutte e tre i tram si chiamano “desiderio”. Ognuno in modo diverso, ma in un unico destino di domande sul futuro. Ne parleremo ancora.