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Pet Sematary (2019): recensione film e differenze dal libro

Kevin Kölsch e Dennis Widmyer hanno cambiato l’ultima parte del classicone horror di Stephen King .

pubblicato 16 Dicembre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 15:02

30 anni dopo il cult Cimitero vivente, diretto da Mary Lambert e successivamente andato incontro ad un sequel, Pet Sematary di Stephen King, romanzo del 1983, è tornato al cinema grazie a Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, registi di Starry Eyes chiamati a rilanciare uno dei grandi classici letterali del maestro del brivido. Trainato da Jason Clarke, Amy Seimetz e dal grande John Lithgow, il film ha incassato 112,399,944 dollari in tutto il mondo, dopo esserne costati meno 30, senza però suscitare quell’entusiasmo che 30 anni or sono generò tra gli appassionati dell’orrore l’omonimo titolo di Lambert.

Pet Sematary ruota attorno a Louis Creed, dottore che dopo essersi trasferito da Boston in una zona rurale del Maine con la moglie e i suoi due figli, scopre un misterioso cimitero nascosto nel bosco vicino alla nuova casa. Quando una tragedia improvvisa colpisce la sua famiglia, Louis si rivolge al suo bizzarro vicino, Jud Crandall, portandolo a commettere azioni che scateneranno malefiche conseguenze.

Storia celebre, quella di King, che 36 anni or sono ragionò sulla morte, e sulla nostra riluttanza ad accettarla, tanto dall’immaginare un posto in cui far risorgere i cari defunti. Ma con spaventose ripercussioni. Kevin Kölsch e Dennis Widmyer faticano a gestire le oltre 400 pagine del romanzo originale, cedendo il passo a facili jumpscare che con il passare dei minuti si incartano sulla sottotrama materna, e sul suo difficile passato famigliare causa sorella gravemente malata, che nel 1989 Lambert tramutò in spaventosa icona horror. Il nuovo Pet Sematary stenta a far paura, colpa di non poco conto per un film di genere, e di fatto vola via senza particolari sussulti, se non per il diabolico Church, gatto co-protagonista che va ampiamente a rubare la scena a Jason Clarke, mai visto tanto fuori parte.

Tra le principali differenze tra il libro originale e questo secondo adattamento spicca il cambio netto del ‘bimbo-zombie’. Da Gage, malefico biondino dalla faccia d’angelo nel film del 1989, alla sorella maggiore Ellie, decisamente più astuta del fratellino, tanto da compiere una strage. Sarà lei la prima a morire, dopo il povero gatto, e sarà proprio lei a scatenare l’orrore in casa.

[accordion content=”SPOILER” title=”Pet Sematary, differenze tra il finale del libro e quello del film”]
In questo film Kölsch e Widmyer finiscono per far resuscitare l’intera famiglia. Partendo da Ellie, nel finale muoiono e risorgono anche sua madre Rachel, da lei accoltellata alla schiena e trascinata nel cimitero indiano, e suo padre Louis, ucciso da sua moglie, evento che nel libro non si verifica, con il piccolo Gage, primo deceduto su carta, in questo caso ultimo sopravvissuto alla mattanza famigliare. Rinchiuso in auto dal padre Luois prima che quest’ultimo morisse per mano della mamma Rachel, anche il bimbo andrà inevitabilmente incontro a morte certa, ricongiungendosi all’intera famiglia zombie.

Nel romanzo, invece, vediamo Louis incamminarsi verso il cimitero con la moglie Rachel in braccio, uccisa dal figlio Gage da lei inizialmente scambiato per la sorella Zelda, suo vero incubo adolescenziale. Ancora scioccato e fermamente convinto di poterla far resuscitare esattamente com’era in vita, perché “con Gage ho aspettato troppo“, Louis risponde alle domande della polizia, arrivata sul posto per l’incendio che ha devastato l’abitazione di Jud Crandall, dallo stesso Louis appiccato dopo aver ucciso definitivamente il figlio più piccolo. L’uomo nasconde le proprie mani con dei guanti da giardino, perché rovinate e insanguinate dopo aver sotterrato la moglie defunta, e da solo in casa passa la giornata a fare solitari. Fino a mezzanotte, quando la porta si apre, e una donna posa la mano sopra la sua spalla. La voce di Rachel, rauca, lo saluta: “Ciao Caro“. La secondogenita Ellie, invece, è viva e vegeta e si trova in ospedale.