In ordine di sparizione: Recensione in Anteprima
Dalle lande innevate della Norvegia la surreale storia di vendette incrociate, partendo da un padre che cerca di farsi giustizia da solo per l’omicidio del figlio. In mezzo, tanto sarcasmo e irriverenza
Una pista d’atterraggio innevata. Buio pesto. La Norvegia quella più aspra, per lo meno così per come appare a chi come noi la conosce attraverso qualche immagine sparsa. Di lì a poco, negli spogliatoi, uno dei funzionari di quel minuscolo aeroporto verrà prelevato con violenza da un gruppo di sconosciuti, malmenato ed infilato a forza in un’auto. Ore dopo, è già giorno, i due loschi figuri che la sera prima l’avevano conciato per le feste lasciano quel corpo esanime adagiato su una panchina, come se stesse semplicemente dormendo.
Tutto nelle prime sequenze di In ordine di sparizione concorre a delineare un contesto da noir scandinavo: l’ambientazione, i toni, l’azione. E ti pare di assistere al solito film, magari interessante, per carità, ma pur sempre qualcosa di familiare. Immagineresti mai che più avanti nella storia due tizi in un’auto discutano di cose come: «pensaci bene, non esiste luogo caldo dove con un buon welfare. Portogallo, Grecia, Spagna, Italia… tutti posti dove fa bel tempo. Infatti il welfare pessimo. Sai perché? Dove c’è caldo basta raccogliere una banana»?
No che non te lo aspetteresti. D’altronde che c’entra? Ed invece c’entra eccome. Hans Petter Moland parte da un noir, incentra la sua storia sulla ricerca di uno o più colpevoli, mette insieme i pezzi e poi che fa? Se ne fa beffe, dalla primo all’ultima sequenza. In ordine di sparizione è probabilmente uno dei film meno allineati al politicamente corretto degli ultimi tempi, per così dire. Irriverente, a tratti pedante, sempre però col sorriso sulla bocca. Un sorriso spesso amaro, glaciale come la location. Perché in fondo Moland motteggia i cliché al tempo stesso assecondandoli.
Il suo protagonista, Nils (un ottimo Stellan Skarsgård inserito in un cast dove sono praticamente bravi tutti), è l’insospettabile nonché integerrimo membro di una piccola comunità di lavoratori e brava gente. Per lavoro guida uno spazzaneve, di cui è innamorato peraltro. Ricordate quel tizio lasciato su una banchina come un sacco dell’immondizia di cui a qualche rigo sopra? Bene, si dà il caso che quello fosse suo figlio. Scopriamo allora che è stato drogato e che l’unica cosa che riesce a dire la polizia in merito all’accaduto è che «se dovessimo preoccuparci di tutti i drogati che si tolgono la vita con quella roba…». Ma Nils, che suo figlio lo conosce, sa che dell’altro. Ed allora parte questa ricerca in solitaria del colpevole.
Un tragitto tortuoso, ma nemmeno tanto, contrassegnato dal grottesco, che lievita poco a poco. Ricerca che peraltro dà il senso al titolo del film (diverso dall’originale, Kraftidioten: ad occhio non meno incisivo). L’intera progressione degli eventi è disseminata di cadaveri, tizi indirettamente coinvolti che vengono uccisi o che si uccidono a vicenda. Ad ogni morte una schermata nera con una croce, diversa a seconda della confessione d’appartenenza, ed il nome del defunto. Uno schema che, come accennato, si trascina praticamente per tutto il film, ben oltre le fasi in cui lo abbiamo inquadrato.
Da noir che è all’inizio, In ordine di sparizione si libera del presunto mistero con nonchalance trasformandosi in quel freddo gangster movie dallo spiccato sarcasmo qual è. A tratti dark-comedy, Moland scherza su tutto, talvolta rischiando pure di scoprirsi troppo e vanificare una bella intuizione. Chi sia il mandante di quell’omicidio ci si mette un attimo a scoprirlo, dunque il film diventa un percorso piramidale che deve portare Nils faccia a faccia con il boss criminale che ha ordinato quella brutale esecuzione. E poiché sangue chiama sangue, non meno brutale è lo spazzaneve, dal passato incerto ma fin troppo a suo agio nel lasciar correre corpi appena martoriati ai piedi di una cascata, rigorosamente all’interno del classico sacco nero.
Ma in fondo per cogliere appieno il clima di Kraftidioten tocca soffermarsi piccoli episodi, conversazioni surreali come quella sopracitata e trovate esilaranti (beccatevi questa: il boss, il pericolosissimo conte, sarà anche un pazzo fottuto ma in compenso è vegano e va avanti a succhi di carota). Non che ci gratifichi particolarmente la tendenza alla citazione, ma giusto per sottoporvi una traccia ulteriore, capita pure di scorgere qualche lieve rimando ad un film che tutto sommato non è alieno da questo, ossia Snatch di Guy Ritchie; specie una volta che l’organizzazione criminale norvegese si scontra con quella serba.
D’altra parte sono diversi i piani che con calma Moland sovrappone, visto che la vendetta di Nils innesca altre vendette, finendo col diventare il tutto una storia di padri che intendono strenuamente vendicarsi per le uccisioni dei propri figli. Il tutto così, con un certo disincanto, visto che gli omicidi che contano, tra i tanti ai quali si assiste, avvengono entrambi per un semplice errore di valutazione: la loro colpa è quella di essersi trovati nel posto sbagliato al momento giusto.
Vale dunque la pena dare una chance a questo simpatico norvegese, volendo anche un po’ cialtrone? Sì, senz’altro. Non tutto è oliato alla perfezione come dovrebbe, ma vale lo sprezzo di un film che certo tende a blandire lo spettatore, sebbene il suo humor ed il suo cinismo non sia roba per tutti. Operazione in ogni caso apparentemente consapevole, di un autore che peraltro non si prende affatto sul serio, né pretende che seri siano i suoi personaggi e la sua storia. Ed allora tanto vale riderci su, con discrezione.
Voto di Antonio: 7
In ordine di sparizione (Kraftidioten, Norvegia, 2014) di Hans Petter Moland. Con Stellan Skarsgård, Bruno Ganz, Pål Sverre Hagen, Jakob Oftebro, Birgitte Hjort Sørensen, Kristofer Hivju, Anders Baasmo Christiansen, Tobias Santelmann, Sergej Trifunovic, Stig Henrik Hoff, Goran Navojec, Atle Antonsen, Jon Øigarden, Arthur Berning e David Sakurai. Nelle nostre sale da giovedì 29 maggio.