Need for Speed: Recensione in Anteprima
Tra gare, conti in sospeso e vendette, ecco la trasposizione cinematografica di Need for Speed, serie videoludica ventennale che per la prima volta varca i confini del videogioco
(Aaron Paul, 2014)” thumb=”” url=”http://www.youtube.com/watch?v=vQY1YbUlzS8″]
Per anni cullato dalla casa madre, la trasposizione di uno dei fenomeni videoludici più longevi e di successo è realtà. Da tempo era nell’aria la possibilità di girare un film su Need for Speed, e le software house che possono permettersi di seguire un simile processo da direttori d’orchestra si contano sul palmo di una mano. Chissà cosa aspettasse davvero Electronic Arts, alla luce di una serie le cui varie incarnazioni, alti e bassi permettendo, hanno sempre detto la loro sul mercato, fomentando un fan-base di tutto riguardo.
Forse il protagonista giusto, e c’è da dire che Aaron Paul parve una scelta azzeccata sin dalla prima ora. Tuttavia un film del genere non poteva certo limitarsi al cast: obiettivo primario, per quanto possibile, restava quello di catturare e trasferire dignitosamente l’atmosfera di un gioco che, volendo, nell’ambito del grande schermo contava già un’anima gemella, ossia Fast & Furious. Il coefficiente di difficoltà risulta dunque raddoppiato, perché alle premesse del mero passaggio dal videogioco al film, si aggiunge la necessità di offrire una variante sul medesimo tema. E questa, a parer nostro, era la vera sfida.
Siamo a Mt. Kisco, nei pressi di New York. Tobey (Aaron Paul) è un meccanico con la fissa per i motori sin dalla tenera età, passione che lo ha spinto ad abbracciare anche una seconda vocazione, ossia quella per la guida. Dall’altra parte abbiamo Dino (Dominic Cooper), un amico d’infanzia che, a differenza di Tobey, ha sfondato nel mondo delle corse automobilistiche: vive a Manhattan ed ha un garage tutto suo con alcune delle macchine più costose al mondo. Pur non essendo interamente centrata su tale rivalità, la trama di Need for Speed spinge parecchio su questa annosa diatriba. Dino non ha mai digerito che Tobey venga considerato da tutti migliore di lui, non bastando nemmeno i successi che invece il suo rivale non ha mai riscosso.
Ma in fondo, diciamocela tutta, come nel gioco la trama è per lo più un pretesto. Ciò che conta sono le corse, e qui viene il bello. Forse peccheremmo di un eccesso di severità (sic) qualora constatassimo che la trama altro non rappresenta che un mero riempitivo tra una corsa e un’altra, ma è anche vero che la disparità tra le due anime di questo prodotto è talmente marcata da concedere quantomeno il beneficio del dubbio. Se è l’azione e l’adrenalina sul manto stradale che Scott Waugh e soci erano chiamati a restituirci, beh, si può dire missione compiuta. In tal senso il lavoro è encomiabile, sia nella costruzione delle varie riprese che nell’equilibrio raggiunto in fase di montaggio.
Tuttavia sono molteplici gli elementi che concorrono alla notevole resa di questa componente nel film. L’ottima gestione delle location, per esempio, si mette in luce sin dalla prima corsa, che probabilmente rimane pure la più incisiva sebbene costituisca l’antipasto. In questa prima tranche vediamo una serie di muscle car sfrecciare per le vie semi-deserte di questo sobborgo, il tutto in modo rigorosamente illegale. Ancora più presa tale lunga sequenza la fa in relazione alla prima mezz’ora del film, lenta da morire, in cui il titolo del film (need for speed) diventa un’implorazione vera e propria. Scene inutilmente lunghe o addirittura brevi silenzi di troppo costellano una primissima parte che deve anche fare i conti con una scrittura come già accennato basilare, troppo scarna.
Dovendo perciò evidenziare alcuni degli aspetti più deboli dell’intera operazione, tocca soffermarsi proprio sulla sceneggiatura. Certo, era preventivabile, e per certi versi tendiamo pure a non calcare più di tanto la mano su tale componente. Tuttavia è innegabile che in Need for Speed ci si sia limitati al minimo sindacale, il che stona con le dichiarazioni di Electronic Arts, la quale afferma di aver atteso la sceneggiatura giusta per il film: ora, non diciamo che sia “sbagliata”, ma se fosse realmente questo il motivo non ci pare che qualche anno fa tutto ciò non sarebbe stato ugualmente possibile. Ad ogni modo, non si può nemmeno alludere alla classica “funzionalità”, laddove storia e personaggi servono in tutto e per tutto il contesto, al quale devono sommamente restare fedeli e subordinati. Il che è vero, ed anche qui accade, ma certi dialoghi potevano senz’altro essere più curati anziché essere estrapolati da luoghi comuni, uscite trite e ritrite, frasi ad effetto e affini.
Ciò non toglie, lo ripetiamo, che Paul sia davvero l’uomo giusto per questo progetto: la sua è una prova convincente, con quell’aria da rinnegato in cerca di una specie di redenzione che, con i dovuti distinguo, ha qualcosa a che vedere col Jesse di Breaking Bad – o forse è solo un’impressione dettata dalla prossimità con la nota serie televisiva. In ogni caso tutto ciò che funziona nel Tobey Marshall di Need for Speed è opera sua, mentre invece il resto del cast resta un po’ in ombra, eccezion fatta per Benny (Scott Mescudi): uno dei soci di Tobey, quello con la patente da pilota aereo, che ogni tot di tempo si presenta con un velivolo diverso a secondo delle esigenze; prima l’elicottero di un’emittente televisiva, poi addirittura uno militare da trasporto. Su come se li sia di volta in volta procurati ci si potrebbe girare uno spin-off.
Resteranno delusi, invece, tutti coloro che, esagerando un po’, si aspettassero una smodata riproposizione di tuning a manetta et similia. Ammesso che qualcosa del genere sia concretamente “filmabile” (à la A-Team per dire), ci pare saggia la scelta di lasciare per lo più nell’aria tale tematica, appannaggio di pochi e senz’altro più appetibile con un pad alla mano piuttosto che in un ambito come questo. Ciò non toglie che di macchine ce ne siano e che, anzi, tutto cominci proprio dall’elaborazione di un esemplare di Mustang davvero limitato. L’apoteosi si avrà per forza di cose in chiusura, durante la mitica De Leon, una corsa il cui invito è ambitissimo e alla quale solo in pochi possono dunque partecipare.
Ecco, in fondo il percorso del film si snoda attraverso questo viaggio on the road al cui apice troviamo la gara illegale per eccellenza, assecondando un format decisamente più congeniale al cinema anziché chiaramente il reiterato ricorso a sfide di vario tipo. Mossa furba questa, che contribuisce a quel briciolo di spessore di cui un film del genere, nonostante tutto quello che abbiamo rilevato, ha comunque bisogno. Ancora una volta, menomale per le frenetiche sequenze a bordo di una quattro ruote: per alcuni sarà abbastanza, mentre altri non saranno disposti ad accontentarsi così facilmente. Succede.
Voto di Antonio: 6
Voto di Gabriele: 4
Need for Speed (USA, 2014) di Scott Waugh. Con Aaron Paul, Dominic Cooper, Imogen Poots, Kid Cudi, Rami Malek, Ramon Rodriguez, Harrison Gilbertson, Dakota Johnson, Stevie Ray Dallimore, Michael Keaton. Nelle nostre sale da domani, giovedì 13 marzo.