La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead): un cult per festeggiare George A. Romero
La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead). Un cult ri-visto e recensito dopo quasi un cinquantennio, per festeggiare il compleanno e il genio di George A. Romero.
Un nuovo compleanno di George A. Romero è l’occasione ideale per tornare nella terra degli zombie-movie ‘nutrita’ dagli eredi de La Notte Dei Morti Viventi, opera prima di Romero e di una tetralogia che vanta Zombi (1 78), Il giorno degli zombi (1985), La terra dei morti viventi (2005), due remake, parecchi omaggi e una profonda influenza sul sottogenere horrorifico popolato di non-morti.
Un cult del 1968, indipendente, fuori dagli schemi e dalle produzioni hollywoodiane, sarcastico e disincantato come Romero, autore del soggetto e della sceneggiatura con John A. Russo, e soprattutto di quella suggestiva fotografia in bianco e nero, capace di reggere l’impatto emotivo con l’età anagrafica del film … longeva come i suoi “living dead”.
Un “archetipo” del non morto dalla vorace antropofagia distruttiva, che si allontana del folklore haitiano e caraibico della magie Voodoo di White Zombie (1932) di Victor Halperin con Bela Lugosi, e I Walked with a Zombie” di Jacques Tourneur (1943 ), quanto da quello alieno di Plan 9 from outer space (1959) di Edward D. Wood jr e Assalto dallo spazio (1959) di Edward L. Cahn, pronto a contaminare struttura e cliché di tanto cinema fantascientifico e horror.
Un film liberamente ispirato al romanzo fantastico “Io sono leggenda” di Richard Matheson, con una visione apocalittica del presente, della provincia-campagna rurale (Pennsylvania) e di un mito americano divorato dall’istinto cannibalico connaturato nella natura umana, che mette al centro di ogni orrore la casa-rifugio e il micro nucleo sociale braccato dalla fame di carne.
Quel gruppo di sopravvissuti che conta Barbara, la donna (Judith O’Dea) sola, ‘fragile’, orfana di figure maschili di riferimento, che ha perso il fratello (Russell Streiner) per mano di uno zombie nel cimitero (William Heinzman) dove è sepolto il padre (e il conflitto con la figura paterna), e un protagonista maschile dai nervi saldi come Ben (Duane Jones).
L’unico uomo afro-americano ed eroico alla guida della difesa del gruppo, in aperta ostilità con il gruppo bianco medio borghese, con il capo famiglia conservatore Harry Cooper (Karl Hardman), rintanato nella cantina della casa con la moglie Helen (Marilyn Eastman) e la giovane figlia Karen (Kyra Schon) irrimediabilmente contaminata, insieme alla coppia ‘progressista’ di fidanzati, Tom (Keith Wayne) e Judy (Judith Ridley).
Un cult che mette in scena la morte, o se preferite la non-vita, della sacralità della famiglia Americana, uccisa e divorata dalla piccola Karen; i problemi di integrazione razziale palesati dalle incomprensioni tra Ben e il gruppo; lo spettro della guerra (in Vietnam come di ogni conflitto) che serpeggia tra le bande armate che sparano a tutto quello che si muove; quello dell’ordine in mano ai gruppi di ‘giustizieri’ volontari; della legge che aspetta l’esercito (e uccide gli innocenti), sino al finale che getta crisantemi e l’orrore della stupidità, sulla generazione sessantottina dei figli dell’amore.
Un capolavoro sovversivo, non solo per l’epoca, la denuncia sociale della Guerra Fredda e del razzismo, la messa in scena sanguinaria della non-morte, del disfacimento del corpo (anche quello sociale), di un cannibalismo istintivo e distruttivo, e di risvegli ‘radioattivi’ che arrivano da sonda sperimentali, come la consapevolezza e le informazioni arrivano dal piccolo schermo della Televisione.
Il tutto rigorosamente indipendente e low-budget, per un film costato 114000 dollari raggranellati con spot pubblicitari, con un incasso lordo mondiale di circa 30 milioni di dollari, dei quali pochi sono andati ai creatori, perché la casa di produzione non mise l’avviso di copyright sulla pellicola.
Tra i pochi finanziatori del film figurano l’attore Karl Hardman, che curò anche il sonoro ed il make-up, William Heinzman (lo zombie nel cimitero), le comparse-zombie, che ricevettero in pagamento 1 dollaro a testa e una t-shirt con scritto:”Ero uno zombie nella notte dei morti viventi“, e il macellaio, che fornì il sangue e le frattaglie usati per la celebre sequenza del ‘pasto’, anche se per rappresentare al meglio il sangue nella pellicola in bianco e nero, utilizzarono lo sciroppo di cioccolato, dall’effetto decisamente più scuro e realistico.
Anche la colonna sonora, costata appena 1500 dollari, è un mix di brani riciclati dagli archivi musicali della Capitol Records.
Tra le versioni in circolazione esiste anche quella colorizzata, e quella rieditata nel 1998 con 13 minuti tagliati dal regista nel 1968, ma solo come operazione di marketing e non di restauro da Director’s Cut.
Il primo remake di Night of the Living Dead, fu realizzato nel 1990 del mago degli effetti speciali Tom Savini, sotto la diretta supervisione di Romero, fedele all’originale e palese dimostrazione della superiorità di questo, e del suo bianco e nero al quale non rende giustizia e spessore il colore, neanche quello del sangue.
Le ragioni per rivederlo sono tante e alla base di tutto il cinema e l’immaginario che ha influenzato, soprattutto se siete così fortunati da incappare nella programmazione sul grande schermo di qualche cineclub. Le stesse che con questo macabro ‘ritorno’ si propongono di festeggiare George A. Romero e… buona notte a tutti!
Voto di Cut-tv’s: ‘ovviamente’ 10
Voto di Gabriele: 10
La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead) (B/N, USA, 1968) di George A. Romero; con Duane Jones (Ben), Judith O’Dea (Barbara), Karl Hardman (Harry Cooper), Marilyn Eastman (Helen Cooper), Kyra Schon (Karen Cooper), Keith Wayne (Tom) e Judith Ridley (Judy), S. William Hinzman (zombie del cimitero), George Kosana (sceriffo McClelland), Charles Craig (radiocronista), Bill Cardille (cronista), Russell Streiner (Johnny). In cineteca con Rarovideo.
Via | Kinopoisk