Roma 2019, Martin Scorsese presenta The Irishman: “Senza Netflix non l’avrei mai potuto fare”
Ovazione stampa per il maestro americano.
Il film più atteso dell’anno, The Irishman, è sbarcato alla 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma con un mostruoso carico di aspettative e il suo regista, il maestro Martin Scorsese, accolto da un’ovazione stampa al suo ingresso in sala. Il 76enne regista americano, premio Oscar con The Departed, ha svelato la genesi di un progetto dalla produzione infinitamente lunga e complicata.
Robert De Niro e io avevamo deciso di fare un ultimo film. Non ne facevamo uno dal 1995, con Casinò. Per anni abbiamo cercato il soggetto giusto, poi a Bob è arrivato questo libro e mi ha detto ‘dagli un’occhiata’. Descrivendomi questo personaggio, ho sentito la sua emozione, ho percepito che c’era tanto da dire. Sapevo che saremmo tornati ad un’epoca raccontata in Quei Bravi Ragazzi e Casinò, e ho sentito dalle sue reazioni che avremmo dovuto trovare qualcosa di diverso, andare più a fondo. The Irishman è spesso slittato, ma nel corso degli anni il nostro punto di vista è sempre rimasto legato all’età, al tempo, all’amore, al tradimento, al rimorso, ma soprattutto al concetto di mortalità. La mortalità di tutti noi. Quando ho chiamato lo sceneggiatore, sapevo che avremmo voluto far questo. Non interessarci ai vari intrighi criminali perché tutto questo passa, come il tempo. Frank, il protagonista, rimane solo, è lasciato solo. Rivive l’esperienza della sua vita, questo punto di vista ci ha fatto sentire a nostro agio. Volevano fare un film sul dispiegamento di una vita, questo è stato il nostro approccio. Un film non deve essere ambientato nel mondo contemporaneo per essere considerato contemporaneo, i conflitti umani sono contemporanei. L’esperienza umana è quella che si vive sul grande schermo, anche se quel che vediamo è legato a decenni passati.
Fondamentale, per far definitivamente partire il progetto, l’interessamento da parte di Netflix, che ha accettato qualsiasi condizione posta dal regista.
Per vedere un film sullo schermo lo devi prima fare, quel film. E il problema è che questo film non me l’avrebbero fatto fare, senza Netflix. Con The Irishman sentivo che avremmo potuto sintetizzare qualcosa che riguardava la nostra generazione, ma nessuno voleva farlo. Poi è arrivato Netflix. Mi hanno chiesto solo che fosse in streaming poco dopo l’uscita al cinema. A me sembrava un buon accordo. Re per una notte nei cinema di New York durò due settimane. Questo avrà un’esclusiva cinematografica di un mese e rimarrà in sala anche dopo l’arrivo on line. Un autore non ha il controllo del modo in cui verrà visto il film. Quel che è nuovo, al giorno d’oggi, riguarda le tante possibilità date alla settima arte. La soluzione migliore rimane la sala cinematografica, ma il film va prima realizzato. La mia speranza è che questo tipo di cinema abbia ancora a lungo la possibilità di avere sale a disposizione. Ma oggi i cinema cercano soprattutto i cinecomic. Ma non possono diventare quello che i giovani di oggi credono sia Cinema, ovvero un parco giochi. A me va bene tutto, purché si riesca a fare il film. Netflix ci ha dato pieno sostegno. A noi cineasti. Senza di loro non l’avremmo fatto.
A differenza dei precedenti ‘mafia-movie’ di Scorsese, vedi Quei Bravi ragazzi e Casinò, in The Irishman manca la ‘spettacolarizzazione’ criminale. Una scelta precisa, e forse spiazzante, da parte del regista. “Perché tutto è legato al passato, e ogni decisione è già stata presa. Non ho mai pensato alla spettacolarizzazione di questa storia, lo spettacolo per me doveva essere interiore“.
Sul set di The Irishman Martin Scorsese ha ritrovato il suo attore feticcio, 24 anni dopo Casino, debuttando invece al fianco di Al Pacino.
Con De Niro abbiamo parlato anche poco. Una volta che ho letto lo script, e ho visto la reazione di Bob, sapevo come avremmo dovuto fare questo film. Senza spiegare troppo, rimanendo legati al personaggio.
Non avevo mai lavorato con Al Pacino, anche se lo conosco dal 1970. Negli anni ’80 stavamo per fare un film su Modigliani, ma poi non se n’è fatto niente. L’idea di far fare Hoffa a Pacino è stata di Bob. Si sente il loro rapporto, si rispettano come professionisti, come persone, e nel film si percepisce tutto questo. Sapevano che stavano facendo qualcosa di speciale, di unico. Bob e Al sono sempre stati presenti sul set, anche quando erano stanchissimi ed ero io a dirgli di andarsene. Senza la tecnologia non avremmo potuto fare il film. In caso contrario avremmo dovuto trovare giovani attori per i ruoli di Bob, Al e Joe Pesci da giovani. Ma io non volevo. Volevo fare questo film con i miei amici. E ad Hollywood nessuno ci ha dato i soldi necessari alla sua realizzazione. fino a quando è arrivata Netflix. Totale libertà creativa, completa. Mi hanno concesso persino sei mesi in più di post-produzione, oltre a tutto il tempo che volevo per girare.
Mesi di post-produzione necessari in ambito CG, per l’enorme lavoro fatto sui volti dei protagonisti, ringiovaniti di decenni. Un lavoro complesso e innovativo.
Abbiamo utilizzato una tecnologia sperimentale, ma settimana dopo settimana la tecnologia è migliorata. Un processo complicatissimo, mistico. Facemmo un tentativo video con De Niro, subito dopo che ho girato Silence, nel 2015. Abbiamo ricreato una scena di Quei bravi Ragazzi, dopo 3 mesi abbiamo visto una versione grezza, al 30%. E la trasformazione era impressionante. Una procedura complicatissima di post-produzione. Abbiamo girato il film senza la tecnologia, per poi lavorarci in post-produzione nei sei mesi successivi. Sul set la macchina da presa era la solita, io volevo fare questo film con i miei amici e solo con loro. Niente caschi, ventose, green screen. Pacino e Bob non l’avrebbero mai fatto. Sono passati 4 anni da quel primo test e il risultato è straordinario.
The Irishman sarà dal 4 al 6 novembre in cinema selezionati, e su Netflix dal 27 novembre.