Pieraccioni: “Zalone è un comico puro, io sono un clown”
Nel film c’è una citazione a I laureati, ma ora Pieraccioni è “un bancario di quasi 50 anni che pensa di essere tornato ragazzo e invece ha il fiato corto e il colesterolo alto. Il mio film si riassume in quei tre minuti.”
Si ride, come sempre, nel nuovo film di Leonardo Pieraccioni, ma c’è anche un velo di malinconia: Un fantastico via vai (leggi la nostra recensione), in uscita nelle sale il 12 dicembre, non è il solito film natalizio del regista toscano, che ormai giunto alla maturità ha deciso di cercare una leggera svolta, smettendo di vestire i panni dell’eterno ragazzo, per affrontare i giovani d’oggi da uomo di mezz’età.
Il film verrà distribuito in ben 500 copie e sarà inevitabile il confronto con Sole a catinelle, il blockbuster dell’altro Re della comicità italiana, Checco Zalone. Raggiungerlo non sarà facile, ma Pieraccioni, che con 10 film ha incassato circa 225 milioni di euro, non la vive certo come una gara:
“Checco doveva recitare in un mio film, Io e Marilyn, ma rinunciò perché ne stava preparando uno suo. E gli andò bene già allora… Se guardiamo il numero di spettatori il suo Sole è a 8 milioni, il mio Ciclone arrivò a 11- Ma detta così sembra una di quelle sfide un po’ volgari sulla virilità maschile.”
L’artista toscano, in una recente intervista al quotidiano Il Corriere della Sera, prosegue nel paragone:
“Siamo diversi, lui è un comico puro, io sono un clown. Lui può sconfinare nel grottesco, io nei toni brillanti. Siamo accomunati dal non avere la sindrome da David di Donatello. Il nostro premio è il pubblico, è Benigni che definì Il ciclone un paniere di grazia.”
Nessuna invidia, quindi, ma ammirazione (forse con un po’ di artefatta modestia), nei confronti del collega. La loro diversità è comunque evidente: Zalone sconfina veramente nel grottesco, la sua battuta è un fulmine a ciel sereno, un ribaltamento dell’usuale, un animale da palcoscenico, mentre Pieraccioni da sempre riprende quella scuola italiana, alla Sordi, che dipinge benevolmente la mediocrità dell’uomo comune, infarcita di regionalismi, debolezze e tic. Passando al tema fondamentale del film, cioè il confronto generazionale tra i giovani d’oggi e l’ex ragazzo Pieracconi, è inevitabile il paragone con I laureati:
“Un bancario di quasi 50 anni che pensa di essere tornato ragazzo e invece ha il fiato corto e il colesterolo alto. Il mio film si riassume in quei tre minuti. La cosa bella dei ventenni è che anche nei momenti poco felici non perdono la volontà di pensare che il futuro sarà migliore: in qualche caso si chiama ottimismo. I giovani arrabbiati dei talk show vengono dopo, sono quelli che dopo la laurea non trovano lavoro per ciò che hanno studiato.”
Nostalgia canaglia per “fin che eravamo giovani era tutta un’altra cosa”, cantava Vasco una vita fa. Pieraccioni è diventato malinconico? No, ma si rende conto del tempo che passa e una maturazione artistica deve passare attraverso i cambiamenti, se si vuole rimanere sulla breccia:
“Ci sono tutte e due le cose, il divertimento e la riflessione. La cosa più difficile è durare. Alberto Sordi mi disse che alla mia età, all’epoca ne avevo 30, girava sei film contemporaneamente. Mi riportò coi piedi per terra.”
Si parla di concorrenza e Pieraccioni sfodera il “toscanaccio” che ha in sé per l’inevitabile battuta finale:
“Io temo che Matteo Renzi prima o poi si metta a fare spettacolo. Alla Leopolda ha tenuto il palco cinque ore di seguito… Si potrebbe fare coppia, ma a me toccherebbe fare la spalla.”