La Plaga: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2013
Torino Film Festival 2013: storie di ordinaria sopravvivenza nella periferia di Barcellona. La Plaga, opera prima della catalana Neus Ballús, è un “ibrido” giusto e umano, che racconta una serie di personaggi in attesa di una svolta e un territorio caldo che non ha troppa pietà. In concorso.
Quella sottile linea tra fiction e documentario che oggi è ben più che sfumata… Che tra cinema narrativo e cinema documentario ci fosse una zona d’intersezione dalle mille tonalità è cosa che si studia nei libri e che si sa più o meno dai Lumière. Solo negli ultimi anni, complice anche la diversificazione del mezzo grazie al digitale, ci si è soffermati a ragionare su questa zona d’intersezione con più cura.
Questo forse perché spesso si hanno dubbi nel capire se alcune opere siano narrative, documentare o ibride. Prendete il caso del vincitore del Leone d’oro a Venezia 2013, Sacro GRA. Prendete poi il film italiano in concorso a Torino 2013 Il treno va a Mosca, che costruisce una storia attraverso home movies degli anni 50. E prendete questo catalano La Plaga, opera d’esordio di Neus Ballús.
È fiction, è “documento” o cosa? La regista dichiara che si tratta di un racconto basato sulle vite vere di alcune persone che vivono nella periferia di Barcellona, e che gli attori interpretano sostanzialmente se stessi. Le riprese de La Plaga sarebbero durate infatti quattro anni, un tempo tanto lungo quanto necessario per far abituare gli attori alla macchina da presa, per prendere confidenza con il mezzo.
Quindi non si tratta più di un documentario puro, ma neanche di un vero film narrativo “basato” sul reale, perché c’è di mezzo la vita reale delle persone che vediamo sul grande schermo. Chiamiamolo ibrido? Potremmo, visto che la questione è tanto spinosa e complessa quanto affascinante. Ma al di là del ragionamento sul “genere”, che interessa gli addetti ai lavori e gli appassionati cinefili, la questione fondamentale è quella della resa dell’opera: e c’è da dire che il film d’esordio della Ballús regala allo spettatore un effetto di verosimiglianza piuttosto notevole grazie al suo approccio e al suo stile.
La Plaga è sia una serie di ritratti della marginalità sociale, sia un tentativo di cogliere l’essenza di un luogo, la periferia. Cinque personaggi (e altri “satelliti” che vanno e vengono) s’incrociano costantemente; i loro percorsi di vita sono accomunati dalla speranza per un futuro migliore, dall’attesa che qualcosa si muova o si sblocchi nelle loro vite. Intanto il tempo passa per tutti, e sulla loro terra continua a battere forte il sole, che non ha pietà alcuna e secca la pelle.
Raul è un coltivatore di prodotti organici che assume Iurie, lottatore moldavo alla disperata ricerca di lavoro. Maria è una donna anziana costretta a lasciare la casa di campagna per l’ospizio. Rose è un’infermiera filippina appena arrivata in Spagna. Maribel è una prostituta che ha sempre meno clienti. Intorno a loro c’è la periferia di Barcellona, tra complessi industriali, costruzioni di edilizia popolare e autostrade, da cui si scorgono le ultime avvisaglie di campagna.
Definito dalla stessa regia come una specie di “western contemporaneo”, forse per sfuggire al tecnicismo della questione fiction/documentario e soprattutto per sottolineare l’assolata e “solitaria” ambientazione, La Plaga è un insieme di storie di ordinaria sopravvivenza. La Ballús dirige con occhio attento, distante ma umano, optando inevitabilmente per un passo lento che svela la quotidianità dei personaggi con calma. D’altronde chi è che va di fretta in un posto del genere, dove una prostituta fa al massimo 20 euro a settimana?
Se la natura dell’operazione può lasciare qualcuno un po’ perplesso, è solo perché La Plaga non ha l’intenzione di diventare un “grande affresco”. Quì c’è solo la vita in attesa di un cambiamento, e che prova andare avanti con dignità. C’è anche la vita con i suoi lati involontariamente umoristici (vedi tutti i battibecchi tra Maria e Rose, la quale è incaricata di farle la doccia una volta a settimana) e quelli più tristi. C’è anche il barlume di speranza che dà un sollievo. Poi si ricomincia. In periferia la calura da western torna sempre.
Voto di Gabriele: 6.5
La Plaga (Spagna 2013, drammatico 85′) di Neus Ballús; con Raul Molist, Maria Ros, Rosemarie Abella, Iurie Timbur, Maribel Martí. Qui il trailer.