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Venere in pelliccia: le recensioni

Uno sguardo alle critiche Americane e Italiane dell’ultimo film di Roman Polanski, “Venere in Pelliccia”

di carla
pubblicato 18 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 07:12

Quando esce un film di Roman Polanski si tende sempre a parlare del regista per le vicende giudiziarie. Oggi invece vi raccontiamo le critiche Americane e Italiane del suo ultimo lavoro, Venere in pelliccia. Naturalmente date un’occhiata anche alla nostra recensione, allo speciale con omaggio grafico e agli auguri per i suoi 80 anni. In Venere in Pelliccia recitano solo due attori: Emmanuelle Seigner e Mathieu Amalric.

Scott Foundas – Variety: “Venus in Fur” di Roman Polanski colpisce lo schermo con la massima fedeltà e la struttura, e un minimo sforzo.

David Rooney – Hollywood Reporter: Roman Polanski è in forma giocosamente perversa con questo agile pas de deux adattato da David Ives.

Kent Turner – Film-Forward.com: una bellissima cornice di montaggio di una commedia, girata elegantemente.

Tim Grierson – Paste Magazine: Il desiderio sessuale, una nerissima commedia, la malizia viziosa, l’aria di claustrofobia tesa: è tutto lì, in Venere in pelliccia, e anche se il film non è particolarmente profondo, è un piacere ludico costante.

Jonathan Romney – Screen International: Estremamente divertente.

Jordan Hoffman – Film.com: Un gustoso leggero antipasto piuttosto che un pasto completo.

Jessica Kiang – The playlist:… questo adattamento stagebound ci regala l’arroganza sessuale di un uomo che sta invecchiando, e, francamente, non siamo sicuri che ce ne freghi qualcosa.

Roberto Escobar – L’espresso: Come i sogni, anche un grande film non è univoco, né univoca può essere la sua lettura. Tratto da un testo teatrale di David Ives, a sua volta ispirato al romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, e tutto girato in un teatro, di sé il film di Roman Polanski mostra subito la dimensione dell’eros masochistico, insieme con quella non meno erotica del gioco tra il narcisismo del regista e quello dell’attore. In questo gioco, ancora, si innesta la logica del potere che l’uomo pretende di esercitare sulla donna. E forse non di uomo e donna si tratta, ma di maschile e femminile. (…) Non a caso, più ancora del testo di Ives, il film si chiude nel pathos di alcuni versi delle “Baccanti”. Che anche a Thomas, come al Penteo di Euripide, capiti d’esserne fatto a brani in nome d’un principio “femminile” e dionisiaco? Ovviamente, ogni altra ipotesi resta aperta.