Home Roma Film Festival 2013: esistono ancora i film o solo l’amore colmo di nostalgia per il cinema? (Ma non in tutti)

Roma Film Festival 2013: esistono ancora i film o solo l’amore colmo di nostalgia per il cinema? (Ma non in tutti)

L’Auditorium di Roma è un posto singolare soprattutto perché i film di un cinema che cerca -e spera- un futuro possono…circolare, incontrare, forse sognare questo futuro…

pubblicato 13 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 07:24

Anche questa volta, ripromettendo però di farlo, vado all’Auditorium non tanto per vedere i film (li vedo, ma Cineblog è ben servito) quanto per amicizia col cinema e con i tanti come me che sono randagi in attesa di sorpresa. Mi sono convinto che il futuro del cinema sarà solo in parte nella sala o nelle sale, visto che ne chiudono diverse; se ne aprono poche,soprattutto dilagano spazi nelle multisale periferiche grandi come hangar o nei supermercati (a Roma troppi forse, a rischio inflazione e delusione). Renzo Piano, architetto dell’ Auditorium, non ha realizzato solo edifici con il dorso delle tartarughe (l’arte, la cultura non volano, vanno avanti con pazienze), ma li ha inseriti in una geografia adatta per gli incontri.

Più che a Venezia, o in altri festival, quello di Roma può contare su portici, piazze, bar, negozi, tutti polivalenti e molto funzionali. Si tratta di una minicittà in cui l’andare, visitare, passeggiare, sorbire un aperitivo, sedersi a cena, paiono l’elemento essenziale. Dal tardo pomeriggio in poi, invece alla mattina i luoghi vengono rassettati, sciamano scolaresche e visitatori spaesati, capitati lì per curiosare, o imbucarsi nel bookshop che vende di tutto, forse anche il dentifricio.

E il cinema? Ecco il punto. La struttura dell’Auditorium si è modellata sul presente e sul futuro, magari è possibile. Tanti spazi, tanti luoghi, tanti siti e buchi che i direttori del festival riempiono come possono. Possono farlo, relativamente. Le grandi pellicole latitano (troppi festival), i divi costano assai, i red carpet inciampano nel vuoto come le poche dive italiana (la simpatica Ferilli) inciampano nel vestito da sera. Un vuoto, diciamolo chiaro, che non si può colmare, e suggerisce una certa ansia e spinge a ragionamenti sull’ “avventura” del cinema che da sempre ci interessa e ci seduce. Non voglio tirarla in lungo. Comunico una impressione da tempo sedimentata.

Dico che Roma e altri festival che “non” hanno una consolidata centralità politica e istituzionale, ci ricordano che il cinema stesso ha preso un aspetto che si sta rafforzando. Essi non sono più il luogo dei conflitti, delle discussioni, degli scontri. A poco a poco ratificano la difficoltà di stabilire estetiche, contenuti, forme, temi creatvi su cui sia la critica o il pubblico in passato si scatenavano, aprendo polemiche, grida di soddisfazione o buu di protesta. Tutto oggi scorre nell’alveo della normalità. Questo accade. Le opere di stampo tradizionale, i film, le storie immaginate o reali, stanno cedendo a molte altre forme di cinema. I documentari dai molti volti assaltano la “diligenza” del cinema di “Ombre rosse” (tanto per citare una grande pellicola con la diligenza protagonista). Con quale esito e con quale destino?La tendenza è irreversibile. Se a Venezia ha vinto il Leone SacroGra, che gira e rigira è un documentario, ciò è dovuto a due motivi.

Da un lato, la voglia potente di premiare con il massimo riconoscimento un film italiano dopo tanti, troppi anni; dall’altro, il segnale di un’ apertura a formule miste, di fronte al desiderio di poter contare su una produzione che aumenta, quella del documentario. E’ una svolta. A Roma la “polpa della finzione” è spappolate in un menù di film le cui origine tecniche e, ripeto, estetiche, rivendicano posti in prima fila. Domanda: questo menù saprà contenere proposte capaci di suscitare attenzione e soprattutto di mostrare la vitalità indispensabile per accendere scontri e confronti, amore e odio, passione e viperio; ovvero, la salute del cinema da sempre? O prenderemo tutti insieme, senza “litigare” per il cinema, un banale aperitivo sotto i “portici” e “punti ristoro” dell’ Auditorium , e di altri festival nel guado tra ieri e domani, vivendo soltanto un oggi tranquillo e “signorile”? Provando ahinoi solo nostalgia?

Festival di Venezia