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Venezia 2013: tutti i voti ai film e considerazioni finali

Festival di Venezia 2013: a due giorni di distanza dalla vittoria di Sacro GRA e dalla chiusura della 70. edizione, facciamo il punto della situazione della Mostra di quest’anno. Un ragionamento sui film visti in concorso, sulle reazioni della critica italiana e internazionale, ed infine tutti i voti assegnati.

pubblicato 9 Settembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 09:52

Dicono che a Venezia c’erano solo opere noiose o che puntano sull’estremo perché sono vuote, degne perciò del fantozziano “è una cagata pazzesca!” con tanto di 92 minuti d’applausi da parte di una critica (italiana) che a questo punto dovrebbe porsi qualche domanda. Provate a leggere gli articoli “Basta stupri, orifizi, orge” di Alberto Crespi su L’Unità o la recensione di Stray Dogs di Mereghetti sul Corriere.

Nel nostro ultimo aggiornamento del diario giornaliero dal Lido vi avevo fatto leggere un tweet del critico inglese David Jenkins, che notava quante poche stelle fossero state assegnate ai film da parte della stampa italiana nel Ciak Daily. Insomma: la critica italiana è apparsa agli occhi di quella internazionale stanca, annoiata, quasi forzata a dover vedere film radicali e che richiedono pazienza.

Come se, tra l’altro, film più “commerciali” o quantomeno vendibili non ne siano passati a Venezia 70. Dei film in concorso di certo non annoiano Tom à la ferme o Joe. Poi ci sono anche The Wind Rises, Tracks e The Zero Theorem, non esattamente Empire di Warhol. Per non parlare poi di Philomena, il crowdpleaser del cartellone, accolto con un uragano di applausi alla prima stampa perché effettivamente è bellissimo e commovente ma anche un po’ per “protesta” rispetto al resto della selezione.

E fuori concorso c’erano un gran blockbuster d’autore (Gravity), un film per tutta la famiglia (Amazonia 3D), un secondo film d’animazione (Harlock: Space Pirate 3D), un discutibile ma solido remake d’azione (Unforgiven), un horror (Wolf Creek 2), e una sorpresa che potrebbe essere molto apprezzata anche da un pubblico assai variegato (Locke). Per non parlare di Kill Your Darlings, Gerontophilia, Palo Alto, Why Don’t You Play in Hell?, Still Life e il divertentissimo Tres bodas de màs.

Non esattamente l’edizione così punitiva che vi hanno purtroppo descritto. Il concorso (vuoi per quel che passa il convento, vuoi per qualche rischio di troppo e altre motivazioni) è quello che abbiamo visto: estremo, con almeno due titoli che sin da subito erano destinati a dividere. Però se per Gröning posso capire la difficoltà (credo sia stata l’esperienza più hardcore a livello di sopportazione della mia vita da spettatore), mi rende triste vedere quanto qualcuno abbia rifiutato quasi a priori i ritmi lenti e i pianisequenza esagerati di Tsai. Come se non sapessero con chi avevano a che fare e non volessero neanche avvicinarsi in modo costruttivo all’opera.

Commentiamo quindi il concorso. Mio personale Leone d’oro assieme a Stray Dogs è Tom à la ferme di Xavier Dolan, con il quale il 24enne canadese firma il suo film più bello assieme all’esordio. Un noir tesissimo ma ironico, con un paio di botte horror che fanno accapponare la pelle. Dolan ama il cinema e ci gioca, lo usa (quelle musiche hitchcockiane…) e lo restituisce secondo il proprio gusto. E che gusto! Il ragazzo ci sa fare, pure molto, e riesce a creare il film perfetto per un double bill con Lo sconosciuto del lago.

Hayao Miyazaki forse non firma il suo capolavoro con The Wind Rises, che è tuttavia il suo film più maturo e complesso. Niente fantasy, relegato alle sequenze oniriche, e qualche cosa non fa andare via liscio il ritmo. Ma ha una mezz’ora finale devastante, che fa il cuore a pezzi ed un’inquadratura finale che è poesia vera. In molti non sono disposti a riconoscere qualità a Joe e Night Moves, i due indie americani del concorso. Credo invece che David Gordon Green (secondo alcuni uno che sta trovando la sua strada…!) sia tornato a girare come sa girare, ovvero meravigliosamente, e credo che la Reichardt resti la grande autrice che è sempre stata. L’ambientalismo nel film è poi assai secondario rispetto alle tenebre che si muovono nelle scelte morali e personali dei personaggi.

Di Philomena si è già detto tutto: si ride, ci si commuove fino alle lacrime, lo script è perfetto e Judi Dench merita tutto l’amore del mondo. Devo ammettere che, nonostante i fischi e i buu, ho trovato Under the Skin piuttosto ipnotico. Capisco tutte le riserve e anch’io mi sono trovato a sbarrare gli occhi in certe scene. Però è come se Glazer, con la sua regia ricercata e a tratti inquietante, mi avesse lanciato addosso un incantesimo. E il sound design è pazzesco.

La Jalousie è invece il miglior Garrel da Les amants reguliers. Intimo, piccolo e brevissimo (77 minuti): Garrel fa sempre lo stesso film, però quando lo fa bene e non gira abomini come Un Été Brûlant gli vogliamo bene. The Police Officer’s Wife di Philip Gröning lo patisci tutto: 3 ore con 59 capitoli aperti e chiusi da didascalie con la conta dei numeri è impossibile non sentirli. Non è il capolavoro o il grande film che ci si aspettava, affatto. Ma contiene alcune scene fortissime ed è il tipico film che, se non lo rifiuti totalmente, hai voglia di sviscerare assieme ai compagni di visione.

Il Leone d’oro Sacro GRA può lasciar perplessi se si pensa che possa essere troppo scritto, ma ha un bello sguardo con inquadrature azzeccate. Poi non siamo certo noi ad amarlo alla follia, ma questo è un altro discorso. L’altro documentario, The Unknown Known di Errol Morris, non vale The Fog of War, assai più potente e riuscito. E poi Donald Rumsfeld è troppo furbo e preparato per andare fino in fondo alle questioni. Però è pur sempre Morris. Tracks di John Curran è il tipico film che ad un festival viene definito un lungo polpettone, una rigida cartolina. E se invece fosse un film vecchio stile che poi, pian piano, si “trasforma”? Mia Wasikowska trascina tutto e tutti.

Meno belli. The Zero Theorem è puro Terry Gilliam, che accumula, si perde, si ritrova (forse), si riperde, un po’ annoia, poi misteriosamente riesce anche a toccare il cuore nel finale. Però non è imprescindibile, forse neanche per i fan. Via Castellana Bandiera di Emma Dante parte benissimo, poi il registro metaforico della seconda parte cozza con quello realista e frena il film. Les Terrasses di Merzak Allouache mi sembra un po’ troppo un film arthouse per un pubblico più mainstream di quello che si pensa.

Di Child of God mi piacciono molto alcune cose: il fatto che James Franco non sia sceso a compromessi nel mettere in scena molte cose dure ed efferate, la prova animalesca di Scott Haze (derubato della Coppa Volpi), le ambientazioni e molti dettagli. Però è vero che alla lunga il film inizia ad annoiare alla grande. Su Miss Violence, apprezzato e ultra-premiato (Leone d’argento e Coppa Volpi maschile), mi sono già espresso con le mie perplessità. La Grecia ha ormai trovato la “sua” formula da replicare, con le dovute variazioni rispetto all’autore, certo…

Ana Arabia di Amos Gitai è molto più facile da lodare per il progetto e la perizia tecnica del pianosequenza, unica inquadratura di tutto il film, che amare. La gestione dello spazio è notevole; meno riuscito il succo dei discorsi e delle chiacchiere, che non valgono il gioco nonostante l’urgenza delle tematiche. I film peggiori del concorso sono infine L’intrepido di Gianni Amelio e Parkland di Peter Landesman. Il primo è la cocente delusione di un bravo regista che ha saputo in passato fare film “semplici” senza scadere nel buonismo d’accatto come in questo caso; il secondo è brutta tv, girata malissimo, interpretata in modo ridicolo (Giamatti, Giamatti…) e scritta peggio, con frasi ad effetto inserite a caso in contesti a caso.

Se Cannes 2013 ci aveva rassicurato, dicendoci che al cinema c’è sempre uno spazio per il “sicuro” (i Coen ci salveranno sempre), Venezia 2013 ha a suo modo controbilanciato la faccenda. Il cinema è vivo anche perché non sempre punta sul sicuro. Il rischio è componente fondamentale dell’arte: a volte capita che l’esperimento trovi un vero dialogo con chi guarda/ascolta, a volte no. Il futuro, comunque, è ricco e variegato: c’è spazio per il blockbuster, per il film orientale radicale, per l’esperimento tedesco, per il film d’animazione, per il noir, per l’horror, per la commedia, per il crowdpleaser, per il cinema indie americano e per il “cinema del resto del mondo”.

Ecco perché dispiace che, in un palmares nel quale Bertolucci ha voluto mandare diversi segnali (anche al cinema italiano e al cinema documentario, certo), la Giuria non abbia mandato il segnale di cui forse c’era più bisogno: un segnale per i più giovani. Xavier Dolan aveva in concorso un film che non aveva nulla da invidiare a nessuno, anzi, eppure se l’è filato solo la critica internazionale che l’ha premiato col Fipresci.

Una sua vittoria sarebbe stata un bel messaggio di speranza per il futuro dei cineasti più giovani. Una vittoria magari da legare con un premio a Miyazaki o allo stesso Tsai, anche per ringraziarli per tutto ciò che ci hanno dato. Ringraziare il passato e guardare al futuro: questa poteva essere il messaggio finale di una Mostra che ha osato e che aveva anche bisogno di tirare le fila del discorso.

Di seguito tutti i voti ai film visti alla 70. Mostra del Cinema di Venezia. Vi ricordo che qui potete recuperare i vincitori, mentre qui potete leggere il diario giornaliero scritto a quattro mani con Antonio al Lido.

Concorso Venezia 70

Ana Arabia – Amos Gitai
Voto: 5

Child of God – James Franco
Voto: 6

L’intrepido – Gianni Amelio
Voto: 2

La Jalousie – Philippe Garrel
Voto: 7

Joe – David Gordon Green
Voto: 8

Miss Violence – Alexandros Avranas
Voto: 5

Night Moves – Kelly Reichardt
Voto: 8

Parkland – Peter Landesman
Voto: 1

Philomena – Stephen Frears
Voto: 8

The Police Officer’s Wife – Philip Gröning
Voto: 7

Sacro GRA – Gianfranco Rosi
Voto: 7

Stray Dogs – Tsai Ming-liang
Voto: 10

Les Terrasses – Merzak Allouache
Voto: 6

Tom à la ferme – Xavier Dolan
Voto: 9

Tracks – John Curran
Voto: 7

Under the Skin – Jonathan Glazer
Voto: 8

The Unknown Known – Errol Morris
Voto: 7

Via Castellana Bandiera – Emma Dante
Voto: 6

The Wind Rises – Hayao Miyazaki
Voto: 8

The Zero Theorem – Terry Gilliam
Voto: 6

Fuori concorso

Amazonia 3D – Thierry Ragobert
Voto: 7

The Armstrong Lie – Alex Gibney
Voto: 7

At Berkeley – Frederick Wiseman
Voto: 10

The Canyons – Paul Schrader
Voto: 5

Gravity – Alfonso Cuaron
Voto: 9

Harlock: Space Pirate 3D – Shinji Aramaki
Voto: 6

Locke – Steven Knight
Voto: 9

Moebius – Kim Ki-duk:
Voto: 8

Pine Ridge – Anna Eborn
Voto: 8

Une Promesse – Partrice Leconte
Voto: 4

Unforgiven – Lee Sang-il
Voto: 5

Venezia 70 – Future Reloaded – Autori vari
Voto: n.d. (ma 10 a Kim Ki-duk)

Wolf Creek 2 – Greg McLean
Voto: 8

Altre sezioni

Gerontophilia – Bruce LaBruce [Giornate degli autori]
Voto: 7

Kill Your Darlings – John Krokidas [Giornate degli autori]
Voto: 6

Palo Alto – Gia Coppola [Orizzonti]
Voto: 6

Rigor Mortis – Juno Mak [Giornate degli autori]
Voto: 3

Still Life – Uberto Pasolini [Orizzonti]
Voto: 7

Tres bodas de màs – Javier Ruiz Caldera [Giornate degli autori]
Voto: 7

Why Don’t You Play in Hell? – Sion Sono [Orizzonti]
Voto: 8

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