La jalousie: Recensione in Anteprima del film di Philippe Garrel
Festival di Venezia 2013: quasi in chiusura tocca all’unico film francese presente in Concorso qui alla Mostra. Con La jalousie Philippe Garrel si rifà alla nouvelle vague, non senza integrare le opportune modifiche, puntando all’essenziale della verità che intende indagare
Siamo ormai agli sgoccioli e la lista dei film in Concorso rimasti da vedere va assottigliandosi sempre più. In queste ore è toccato a Philippe Garrel, che quest’anno porta a Venezia La jalousie. Un’opera ancorata a quella nouvelle vague presso cui il regista francese ha più che bazzicato, ma resa accessibile da una regia davvero competente e raffinata.
Il protagonista è un trentenne alle prese con le donne della sua vita, che entrano ed escono con una disinvoltura disarmante. Oltre ai punti fermi quali sua figlia e sua sorella, tutte le altre sono per lo più satelliti che si intercambiano continuamente, mettendo in seria crisi la stabilità emotiva di Louis (Louis Garrel, ancora una volta attore feticcio del padre). La bravura di Garrel senior sta nel tratteggiare quest’incessante avvicendamento con mano ferma ed una nonchalance encomiabile, evitando di caricare troppo certe scene rischiose, laddove la tensione emotiva tra i due protagonisti di turno sale esponenzialmente.
La bravura del regista sta quindi nel non permettere che il dramma travalichi, arginandolo abilmente e mantenendo il suo film sul tono di gran lunga più leggero della commedia. Eppure l’atmosfera, come in parte abbiamo lasciato intendere, non sempre è così rareffatta; Louis ha da poco lasciato la donna con cui ha avuto una figlia, Charlotte (brava e simpatica a dispetto della giovanissima età), per trasferirsi con una sua amante, dalla quale a sua volta toccherà separarsi. La storia contrappone in maniera abbastanza evidente le relazioni di sangue e quelle passeggere, ed è questo uno degli aspetti più amabili del film. Il genuino rapporto tra padre e figlia è adorabile, senza mai scadere nello sdolcinato o nel retorico; Louis ama sinceramente sua figlia, mentre quest’ultima dimostra di essere molto più matura della sua età e si approccia alla poco stabile condizione del padre con una freschezza per cui è davvero difficile non patteggiare. Non a caso una delle scene più interessanti del film è proprio quella in cui, siamo quasi alla fine, padre e figlia giocano sul letto come fossero dei coetanei; una delle pochissime immagini positive all’interno di un contesto in cui regna ogni sorta di contraddizione.
Anche qui si scorge la pennellata di Garrel, che riesce a rendere, se non accettabile, per lo meno naturale, spontaneo, il confrontarsi dei personaggi con le loro piccole/grandi disavventure amorose. Amore che in fin dei conti non viene mai inequivocabilmente definito, perché è proprio da una definizione che La jalousie tenta di divincolarsi. Ogni qualvolta un personaggio dice «ti amo» ad un altro, quest’ultimo/a preferisce cambiare discorso, allontanandosi o lasciando cadere nel vuoto quell’invito a ricambiare un sentimento che dovrebbe essere indipendente dalla persona amata.
Perché in fondo l’intera parabola di La jalousie, che si sviluppa in tempi alquanto brevi, altro non rappresenta che una delicata riflessione sul senso e nonsenso di tutto ciò che accostiamo alla parola amore, non di rado sbagliando. Eppure ci viene risparmiato il tedio di un’accentuata introspezione, limitandosi a quell’osservazione basilare che ci permette comunque di entrare e nella storia e in quella porzione di vita dei vari personaggi. Buona parte dei quali disillusi, più o meno arresi ad una realtà da cui cercano, loro malgrado, di trarre il meglio. A parole, s’intende, perché i fatti dimostrano questa stasi mortificante, che porta a rotture e creazioni di nuovi legami così come ci si cambia l’intimo ogni mattino.
Tuttavia quello di Garrel non è un giudizio, preoccupato com’è piuttosto di soffermarsi con attenzione a quei legami che si instaurano tra i vari personaggi; rapporti credibili, anche se quasi sempre tormentati. Tra padre e figlia colpirà allora la dolce complicità; tra Louis e Claudia il goffo tentativo di tenere in vita qualcosa che forse non si è mai neanche acceso. E quando il vuoto è così profondo, non resta dunque che tentare di riempirlo con la prima cosa che ci capita: in questi casi quelle due paroline (ti amo) diventano il miglior strumento di tortura e ricatto di cui ci si possa servire.
In 77 minuti Garrel riesce a dipingere (termine forse un po’ forzato se si pensa che il film è in bianco e nero) uno scenario di certo non incoraggiante, ma con quella affettuosa rassegnazione che ci consente di restare dentro al film anche nei momenti in cui si rischia di scivolarne fuori. Un risultato notevole, senza sbavature e piuttosto compatto, che va senz’altro ad impreziosire un Concorso che, salvo pochissimi casi isolati, si sta dimostrando fra i più interessanti degli ultimi anni.
Voto di Antonio: 7
Voto di Gabriele: 7
La jalousie (Commedia, Francia, 2013), di Philippe Garrel. Con Louis Garrel, Anna Mouglalis, Arthur Igual, Emanuela Ponzano.