Stoker: le recensioni dagli Usa e dall’Italia
Park Chan-wook dirige Nicole Kidman e Mia Wasikowska: il film come è stato accolto?
Questo week-end avete visto Stoker? Dopo aver letto la nostra recensione positiva ecco uno sguardo alle critiche Italiane e Straniere. Ma voglio sapere il vostro parere: vi è piaciuto o no?
David Thomson – The New Republic: Stoker trema tra il portentoso e il ridicolo, e penso di sapere quale vincerà.
Connie Ogle – Miami Herald: Stoker è un film di tensione e di inazione, di persone che cercano di capire cosa sta succedendo nella testa di qualcun altro.
Christopher Orr – The Atlantic: non si può fare a meno di chiedersi che tipo di film il regista avrebbe potuto fare se avesse avuto il pieno controllo creativo a cui lui è abituato in Corea.
Tom Long – Detroit News: Niente di tutto ciò cambia la vita, ma è effettivamente inquietante. Elegantemente spettrale, anche.
Michael O’Sullivan – Washington Post: “Stoker” suona come un Kabuki “Macbeth”.
Mick LaSalle – San Francisco Chronicle: “Stoker” è un thriller in cui la grande questione non è “cosa succederà dopo?” ma piuttosto “che cosa sta succedendo?”
Moira MacDonald – Seattle Times: sembra svolgersi altrove, da qualche parte in cui ha senso che tutti sembrano sonnambuli.
Colin Covert – Minneapolis Star Tribune: misterioso, esigente, a volte sconcertante e ricco di soddisfazioni.
Ethan Alter – Hollywood Reporter: Grazie alla creatività infinita del regista, è impossibile distogliere lo sguardo da Stoker, anche se quello che sta accadendo sullo schermo è davvero risibile.
Rick Groen – Globe and Mail: C’è talento dietro la macchina da presa, c’è il talento di fronte, eppure non c’è niente che vale la pena di guardare. Che cosa è successo?
Claudia Puig – USA Today: Solo perché qualcosa è inquietante non lo rende coinvolgente.
Alonso Duralde – The Wrap: Il film ha stile visivo ma anche questo diventa travolgente, trasformando Stoker in auto-parodia.
Joe Neumaier – New York Daily News: Pieno di immagini bellissime ma i suoi elementi esasperanti alla fine diventano troppo da sopportare.
Peter Travers – Rolling Stone: Prendete Stoker per quello che è: un thriller di selvaggia bellezza.
Owen Gleiberman – Entertainment Weekly: Non vi è alcun mistero in Stoker, solo “stile”, e un senso mortificante che il mondo è stato truccato con il male.
Jake Coyle – Associated Press: “Stoker” si basa certamente troppo sulla sua pesante atmosfera gotica…
Nick Schager – Village Voice: Uno stufato hitchcockiano di gelosia familiare, sadismo e psicosi tutti legati insieme.
Trevor Johnston – Time Out: Uno squallido, educato melodramma horror, potenzialmente interessante nell’esecuzione, ma inesorabilmente noioso nel risultato.
David Edelstein – New York Magazine: Il problema di Park Chan-Wook è che non c’è un vero dramma nella sua visione del mondo. La spinta verso la crudeltà è assoluta – e in questo caso, assolutamente noiosa.
Roberto Escobar – L’espresso: Già nel titolo questo film angloamericano del coreano Park allude al Bram Stoker di Dracula. E una sorta di vampiro è Charlie Stoker (Matthew Goode). Cognato di Evelyn (Nicole Kidman) e zio di India (Mia Wasikowska), Charlie riemerge da un passato misterioso. Con sé porta una cintura che gli servirà per regolare i conti con la famiglia. Orrore, desideri oscuri, rimandi a Hitchcock. Ma non molto di più.
Roberto Nepoti – la Repubblica: Pur non lasciando lo spettatore a digiuno di delitti (di preferenza nella forma dello strangolamento tramite cintura), Stoker è un thriller che si basa soprattutto sulla tensione e sulle suggestioni, mentre ogni personaggio cerca di capire i pensieri degli altri. (…) Alla sua prima esperienza americana il regista sudcoreano Park Chanwook, noto per le scene di efferata violenza di Old Boy e degli altri episodi della cosiddetta trilogia della vendetta, s’impegna a instaurare un clima lugubre e sinistro, gravido di reciproci sospetti. (…) Pur cambiando Paese, insomma, Park non rinuncia al suo cinema stilizzato né alle invenzioni registiche, che forse scontenteranno chi, nel genere thriller, mira al sodo. Più che alle emozioni immediate, il regista mira alle sensazioni sotterranee dello spettatore, cuocendolo a fuoco lento verso un finale inaspettato. Non raccontabile, ovviamente, ma da cui nascono serie obiezioni all’accostamento – apparso in molte recensioni americane del film – tra Stoker e L’ombra del dubbio di Alfred Hitchcock. (…)Notevoli la fotografia di Chung Chung-hoon, collaboratore abituale di Park nei film coreani, e il montaggio di Nicolas De Toth. Forse la parte più debole del film è il cast femminile, per quanto costituito da attrici carismatiche: o meglio, lo è l’assortimento della coppia madre-figlia. (…) E l’incompatibilità delle attrici si riflette sui personaggi, che non hanno scambi credibili in nessuna scena del film.
Maurizio Porro – Il corriere della sera: Park Chan-wook, regista ovviamente di culto per l’orientale violenza di una efferata trilogia sulla vendetta, sbarca in America e cita a piene mani Hitchcock (…) Un film che può dividere, percorso dal fascino torbido e misterioso della dolce ala della giovinezza e anche della maturità.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: La prima pellicola hollywoodiana del coreano Park Chan-wook, autore del film Oldboydiventato di culto per aver ricevuto l’imprimatur di Tarantino, si basa su una sceneggiatura dell’attore WentWorth Miller (…) Come succede spesso nei thriller la prima parte è più convincente del finale ma, con l’occhio a certo cinema di Hitchcock, Chan-Wook conduce l’intero film in uno stile di impeccabile, classico nitore.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero: In una partita serrata, morbosa e scossa da autentici brividi erotici (da antologia la scena del pianoforte a quattro mani) “Solo” un esercizio di stile forse. Ma accidenti che stile.
Dario Zonta – l’Unità: L’aspetto estetico è prioritario e in esso si consuma tutta la voluttà di un film le cui inquadrature sono il frutto di uno studio ossessivo, diremmo millimetrico (…) Perfetto film di inizio estate.
Massimo Bertarelli – il Giornale: Inquietante, perverso e morboso giallo del coreano Park Chan-Wook, tecnicamente magnifico, ma con larghi buchi nella sceneggiatura (come mai nessuno ha sospetti sulla morte iniziale?) e dal sadismo fastidiosamente esibito.