Cinema, Tax Credit confermati per 2014 e 2015. Benefit o spreco?
Nel 2014 e 2015 il Cinema italiano beneficerà ancora degli aiuti statali, ma è giusto che non ci sia uno sbarramento per gli aventi diritto?
Confermati per gli anni 2014 e 2015 gli sgravi fiscali al Cinema italiano, il cosiddetto Tax Credit, inizialmente previsto dalla finanziaria del 2008 e doveva essere un provvedimento con termine nel 2010 ma verrà confermato anche per il 2014 e il 2015. Come funziona? E’ semplice, in pratica, a fronte di un investimento nell’ambito cinematografico, viene riconosciuto un credito d’imposta: il costo per l’erario è stato calcolato in circa 120 milioni di euro per l’intero biennio. A beneficiarne saranno diversi soggetti, in primis gli investitori e quindi i produttori: l’impresa finanziatrice non può coprire più del 49% del budget totale e lo sconto fiscale è pari al 40%, entro un tetto di un milione di euro all’anno.
Un ulteriore aiuto, oltre agli investitori, è destinato alle case di produzione che possono beneficiare di un aiuto erariale pari al 15% del costo del film, per un massimo di 3,5 milioni; anche i distributori vengono agevolati, a seconda del valore culturale del film e infine anche le sale cinematografiche che per ciascuno schermo possono ricevere fino a 50 mila euro purché siano investiti nell’acquisto di nuovi impianti o nella formazione del personale.
Volano o salasso? Questo rinnovo del Tax Credit sarà un’agevolazione per la produzione di nuovi film e andrà anche in aiuto di produzioni indipendenti e registi emergenti o aiuterà anche chi non ne ha bisogno e al botteghino incassa già quanto basta per coprire largamente tutte le spese? Inoltre, chi e in base a cosa, deciderà la “rilevanza culturale e linguistica” di una pellicola?
Non è facile stabilirlo a priori, vero è che i fondi al cinema negli anni scorsi hanno fatto discutere, specialmente per chi ne ha usufruito: Bella addormentata di Marco Bellocchio, ad esempio, ha usufruito di un contributo di 900 mila euro, mentre Ex, di Fausto Brizzi, sempre per la stessa motivazione ha ricevuto 1 milione. Non si vuol negare a nessuno i propri meriti artistici, ne mettere la commedia a un livello più basso dei film drammatici, ma, senza nessuna offesa per Brizzi, appare evidente che il gap in fatto di meriti culturali tra le due pellicole sia evidente. La lista potrebbe continuare e sono stati veramente molti i film di “cassetta2 che negli ultimi anni hanno beneficiato, anche finanziariamente dell’etichetta “d’interesse culturale”. Qualche esempio? Benvenuti al Nord, Benvenuti al Sud, La banda dei Babbi Natale, Mai Stati Uniti, La Matassa di Ficarra e Picone…
Non si vuole discriminare chi fa ridere (o tenta di) ma è anche evidente che i film succitati avrebbero forse incassato al botteghino e coi diritti d’autore cifre largamente superiori alle spese e che quindi l’aiuto statale sarebbe potuto essere destinato a produzioni più di nicchia che faticano a trovare spazio. Inoltre questo sistema va a beneficiare una stretta cerchia di attori e registi “specializzati” in commedie blockbuster e, a lungo andare potrebbe impoverire il “vivaio” del nostro cinema. Ovviamente la presenza del “nome” di richiamo garantisce quasi sempre un ritorno economico e una maggiore curiosità da parte del pubblico, ma è altrettanto vero che così il sistema diventa il proverbiale cane che si morde la coda. E’ molto difficile stabilire chi dovrebbero essere gli aventi diritto (meglio una bella commedia che una brutta tragedia) ma è anche vero che così non si riesce a uscire da un empasse dove per un Marco Risi o un Tornatore ci sono mille cinepanettoni. L’immortale Antonio De Curtis in arte Totò come avrebbe commentato? Probabilmente così: