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Malcolm McDowell: “Alex il Drugo” compie 70 anni

L’attore britannico è comparso in oltre 100 film, ma per il grande pubblico rimarrà sempre Alex di Arancia Meccanica.

pubblicato 13 Giugno 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 13:26

Strana parabola quella di Malcolm McDowell: a nemmeno 30 anni raggiunse il successo internazionale interpretando Alex in Arancia Meccanica (1971) di Stanley Kubrick, uno dei massimi capolavori del cinema contemporaneo, poi una lunghissima carriera con decine di pellicole mediocri. Oggi l’attore di Leeds, nato Malcolm John Taylor, compie 70 anni e dai più è ricordato solo per quell’unico, devastante e intensissimo ruolo. Accadde anche a Maria Schneider: enfant prodige di Bertolucci in Ultimo tango a Parigi. La candela che brucia da entrambi i lati, come si suol dire.

Arancia meccanica non lasciò indenne l’attore: Kubrick, come spesso accade ai geni di razza, era un animo maniacale e pretendeva dagli attori prestazioni esasperanti. La famosa sequenza della “cura Ludovico” venne ripetuta più volte e McDowell subì danni temporanei alle cornee a causa dei dilatatori oculari applicatigli e in un’epoca di cinema “vero” dovette anche rimanere a lungo in apnea per girare la scena dell’annegamento nell’abbeveratoio. L’attore comunque si immedesimò alla perfezione nel personaggio Alex DeLarge e leggenda vuole che l’idea di canticchiare Singing in the Rain durante il pestaggio nella villa dello scrittore fu proprio sua.

La carriera d’attore di McDowell iniziò alla grande e dopo una parte in Poor Cow, fu scritturato come protagonista di Se… primo film della trilogia di Lindsay Anderson, vincitore di una Palma d’Oro a Cannes nel ’69. Una parte da ragazzo problematico, a dir poco, che si piazza sul tetto di un college armato di un fucile mitragliatore e compie una strage in un bel pomeriggio di sole. Un destino tatuato in faccia, da piccolo borghese deviato o da figlio della working class maligno e viziato: gli occhi glaciali e l’espressione furba, strafottente, decisa, aiutarono McDowell a divenire l’archetipo di una gioventù degli anni ’70 selvaggiamente in lotta contro la società dei genitori e della cultura post bellica. L’eroe di una subcultura che lascia strascichi pesanti fino ad oggi, entrato nel lessico quotidiano, esempio terrorizzante di ciò che il ragazzo della porta accanto può diventare al calar delle tenebre.

Che citare, tra i circa 100 film, dopo Arancia meccanica? Tutti, nessuno. La battaglia delle aquile (1977), mediocre film d’ambientazione bellica sui giovani eroi dell’aria della Prima Guerra Mondiale, o l’erotico Io, Caligola di Tinto Brass con l’attore nei panni del crudele imperatore? Ci sarebbe da ricordare Look back in anger (1980), tratto dal romanzo di John Osborne, remake del ben più famoso film con Richard Burton, o Il bacio della pantera, di Paul Schader al fianco di Nastassja Kinski, oppure l’onirico ed episodico Mortacci di Sergio Citti, tanto grottesco quanto intellettualoide. Un attore di culto, tout court, imprigionato da un ruolo che lo rese celebre, ma dal quale, avendone le doti, avrebbe potuto (facendo la storia con i se) divincolarsi. Tanti auguri Alex, anzi Malcolm.