Fast & Furious – Hobbs & Shaw, recensione – più di un semplice spin-off
Più che uno spin-off, Hobbs & Shaw potrebbe addirittura rivelarsi un reboot sotto traccia, quel capitolo che più di altri potrebbe garantire un futuro a questa saga, facendo da raccordo tra i precedenti Fast & Furious e quelli che verranno
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Anche se tante volte non lo sappiamo, quello che cerchiamo in estate, da frequentatori più o meno assidui delle sale, è un buon action che ci faccia fare pace non dico col clima ma con la noia di quel tempo sospeso che è il periodo vacanziero. Non è perciò un caso se blockbuster potenti come Fast & Furious – Hobbs & Shaw vengono dati in pasto a questo periodo, non soltanto, ovviamente, per logiche meramente commerciali, slot meno intasati e tutto il resto della faccenda.
Ciò che resta della saga di riferimento in questo spin-off è più concettuale, lo spirito se vogliamo; non tanto il comunque già sublimato da tempo feticismo per il tuning e per le auto in generale, sempre declinato in modo che tutti possano più o meno rimanere a bordo. Se lo si domanda al sottoscritto, Fast & Furious ha sempre rappresentato un’idea precisa, quella della velocità, dell’azione esasperata, che di volta in volta deve tradursi in qualcosa di più estremo, improbabile e sopra le righe. Si prenda ciascuno capitolo e si può stare certi che almeno una scena assurda, ma funzionante, la si trova.
Prendo ad emblema due scene, una tratta dal primo (2001), l’altra dal sesto (2013), per tentare di offrire una dimensione rispetto a come la saga si è evoluta, a prescindere dai gusti. Nell’evoluzione di Fast & Furious c’è di più che un processo interno, bensì la sua parabola, anche perché appunto si staglia nel corso di oramai quasi vent’anni, in qualche modo è espressione, riassumendolo, il corso delle cose rispetto al modo di fare e percepire i blockbuster nel medesimo arco di tempo.
Non si tratta di un preambolo casuale. Hobbs & Shaw infatti non vira su qualcos’altro semplicemente perché “laterale” rispetto alla saga: la sua virata, ancorché lieve, è inserita in questo tempo. La trama vede infatti una grossa rete terroristica internazionale, la Eteon, intenta a ridisegnare il genere umano e, per riuscirci, ha commissionato un virus mediante il quale s’intende decimare il genere umano, selezionando i migliori. Dopodiché l’intento è quello di colmare le infinite lacune strutturali dell’uomo attraverso il ricorso ad impianti cibernetici, da cui il personaggio di Brixton Lore (Idris Elba), che è un po’ il braccio armato di Eteon. All’inizio Lore si perde il virus, che la bella Hattie (Vanessa Kibry), un’agente dell’MI6 s’inietta per amore di sottrarlo al superuomo di cui sopra. Ovviamente per sciogliere questa serie di nodi che potrebbero condurre alla fine del mondo vengono convocati loro, ossia Luke Hobbs (Dwayne Johnson) e Deckard Shaw (Jason Statham).
Si capisce già da questa premessa che la svolta di cui sopra guarda alla fantascienza, o per lo meno, a quella che ancora oggi possiamo definire tale. Si parla infatti di potenziamenti, integrazioni tecnologiche, tutte cose che sembrano meno avveneristiche oggi rispetto anche solo a dieci anni fa. Eppure la traccia in questione sembra essere per lo più funzionale ad altro, ossia a mettere in risalto il lato umano: questo spin-off è infatti un’ode alla famiglia, all’unione, finanche addirittura alla resistenza, come ci conferma palesemente la parte finale del film, quando, al di là dell’azione e del contesto, ci viene immancabilmente detto attraverso una linea di dialogo che il «tocco umano» è e resterà l’elemento aggiunto, quello che fa la differenza.
Un prodotto perciò che per larga parte della sua eccessiva durata mostra i muscoli di una CGI sempre meno distinguibile, oltre a quelli di un Dwayne Johnson che si presta ad essere motteggiato per la sua stazza, per poi recuperare qualcos’altro, dirci che l’aspetto più importante non sta nella confezione. È il modo che ha Hollywood per avvicinarsi, fin dove possibile, ad un pubblico di cui negli ultimi anni non sembra sapere molto, o su cui comunque non riesce ad esercitare lo stesso fascino di un tempo – salvo il caso Marvel, che fa storia a sé. Statham e Johnson sono le due anime del film, che non riportano più a un prima e a un dopo, essendo entrambi a loro volta espressione di un modo d’intendere l’action che sta sempre più mutando. Eppure The Rock sembra essere a proprio agio, come svariate altre produzioni, più o meno fortunate, hanno già dimostrato: Johnson è il volto dell’action di questa fine di anni ’10 del secolo ventuno.
Tra ciò che è stato e ciò che è (non che sarà), Hobbs & Shaw si fa perciò portavoce di un cinema sempre più dinoccolato a dispetto di certa rigidità di schemi alla quale inevitabilmente un prodotto del genere deve industrialmente sottostare. Grazie a questo ennesimo sforzo, peraltro, si ha modo di sondare ulteriormente quanto stia incidendo un’altra saga sul genere tutto, ossia John Wick; tante infatti le scene in cui ci si produce in scontri coreografici in luoghi chiusi, uno contro uno. E non è un caso, se si pensa che David Leitch ha anche co-diretto il primo capitolo di quella saga, riprendendo alcuni tratti, su cui per buona parte del film si fa più che leva. Senza rinunciare, va detto, a quanto uno si aspetta da un Fast & Furious; per quello c’è il finale, con dei samoani in infradito a sfrecciare coi loro bolidi sul ciglio di un burrone.
Spetta poi a ciascuno decidere fino a che punto la bromance molto basilare tra Johnson e Statham distragga o contribuisca in positivo; certo è che, anche alla luce di quanto evidenziato sopra, si rivela a suo modo centrale, replicando certe dinamiche che funsero da presupposto alla storica amicizia tra Dominic (Vin Diesel) e Brian (Paul Walker). Qui però i cattivi hanno da essere davvero tali, senza sfumature di sorta, dunque nazistoidi, pericolosi non per un gruppo ma per l’intero genere umano. È lo spirito della saga che rivive nel tempo in cui ci troviamo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
Fast & Furious – Hobbs & Shaw (USA/Regno Unito, 2019) di David Leitch. Con Dwayne Johnson, Jason Statham, Idris Elba, Vanessa Kirby, Helen Mirren, Zuyang Sun, Eiza González, Eddie Marsan, Joe Anoa’i, Teresa Mahoney, Stephanie Vogt e Sonia Goswami. Nelle nostre sale da giovedì 8 agosto 2019.